Padova-Vicenza, fuoco ai cannoni: Pavanel-Triestina finisce (male) e la soluzione è Pillon, Venezia in giacca e cravatta, è allarme a Udine
lunedì 23 Settembre 2019 - Ore 00:13 - Autore: Dimitri Canello
Scorrono i titoli di coda sul weekend calcistico e c’è pure il turno infrasettimanale a infuocare il clima. E’ da poco passata la mezzanotte e qui le cose cambiano minuto dopo minuto. La giornata racconta: Padova e Vicenza sono una goduria, vince una e vince l’altra, Carpi e Reggiana saranno pure ancora lassù, ma mi sbilancio e dico che nessuna di queste due vincerà il campionato. Saranno fra le prime, probabilmente, ma non saranno la prima. La concorrenza sbuffa, il Padova è un bunker. Una squadra “cazzuta”, a dirla tutta. Picchia duro quando serve, segna anche se il duo titolare è a secco da tre partite: Mokulu – Santini zero gol fra Modena, Carpi e Pesaro, ma che importa se i centrocampisti hanno il bazooka e Bunino comincia a dimostrare quello che vale? La chiave è Pesenti: se fa quello che sa il Padova sarà lì a giocarsela fino all’ultimo, se non lo fa serve l’esplosione di Bunino, da qui non si scappa. Santini è un buon giocatore di categoria, Mokulu non ha mai segnato in cinque giornate e qualcosa vorrà pur dire. Nessuno sapeva cosa avrebbe combinato Sullo: zero precedenti da head coach, tanti dubbi e sinora invece ha ragione lui su tutto il fronte. Fuoco ai cannoni, dunque. Primo posto blindato, ma il Vicenza è lì a un passo. Gioca come sa, espugna Gubbio, non subisce gol, la squadra ha l’impronta chiara di Di Carlo, davanti si parla di tutti meno che di Guerra, che ai punti batte tutti i concorrenti interni, se messo nelle condizioni di poter pungere. Non solo è un attaccante da doppia cifra, ma ha i piedi buoni, gioca per la squadra, ha un gran tiro, è un delantero completo, ha l’intelligenza dei grandi attaccanti anche quando si tratta di servire i compagni. Insomma, Giacomelli resta una certezza, fra Marotta, Arma e Saraniti il vero bombardiere può essere l’ex Feralpisalò, basta dare un’occhiata a qualche numero. Dipende da lui e da come lo sistemerà sullo scacchiere Di Carlo. Che non è Zeman e questo lo si sa, che privilegia l’equilibrio al singolo (ed è un bene), ma che ha l’esperienza giusta per capire che più vicino alla porta gioca Guerra e più può fare male (agli avversari).
Fra Padova e Vicenza, manca all’appello la Triestina. La prima mezz’ora di oggi a Verona fa capire tutto. Al 29′ la Virtus Verona conduceva 3-0, il che con tutto il massimo rispetto e la massima stima per l’highlander Gigi Fresco basta e avanza per capire quello che accade al quartier generale dell’Alabarda. Mentre scriviamo Massimo Pavanel non è ancora stato esonerato ufficialmente, ma tutte le fonti consultate dicono la stessa cosa: e cioè che finisce (male) una bella storia d’amore. Bepi Pillon è il meglio possibile per Trieste: conosce piazza, territorio, umori, in 20 anni avrà sbagliato due campionati, chiede molto perché sa quello che vale e giustamente non si svende. Ha uno staff importante e ha appena portato il Pescara in semifinale playoff. Lo scandalo vero è che in estate nessuno lo abbia chiamato, per uno come lui dovrebbe esserci la fila e invece è costretto (ancora!) a montare sul treno in corsa. Detto che alla mezzanotte di oggi non si sa ancora se sarà lui il designato (l’alternativa più credibile fra quelle alla portata sembra essere Andrea Sottil, mentre Cosmi e Bisoli sono stati depennati dalla lista), vale la pena cercare di capire cosa sia successo a Pavanel e alla Triestina. Tutto parte dall’estate, anzi da prima. Quello che nessuno ha scritto con chiarezza e raccontato è che Pavanel a fine stagione ha pensato seriamente di lasciare Trieste e il Padova era pronto ad accoglierlo. Milanese non ha voluto rompere, o meglio non ha voluto fare il primo passo. E’ un errore simile a quello commesso da Roberto Bonetto quando, dopo la promozione, non solo confermò Bisoli, ma gli allungò addirittura il contratto. Errore comprensibile e giustificabile, andare controvento non è facile. Per questo assolvo Milanese, che ha fatto tutto quello che Pavanel gli aveva chiesto. Gli ha allungato il contratto, glielo ha ritoccato, gli ha preso i giocatori che chiedeva, ha confermato quelli che Pavanel voleva che restassero e lo ha accontentato pure con Coletti, che in panchina era troppo ingombrante. Ma quando tocchi i cardini di un gruppo, si rischia di far inceppare il meccanismo. Pavanel non ha tutte le colpe e ci mancherebbe altro. Il problema della Triestina è mentale, qualcosa si è rotto nel gruppo e sul campo si vede palesemente: non sapremo mai se i giocatori abbiano scaricato Pavanel, quello che è certo è che serve un nocchiero esperto dalle spalle larghe che sappia gestire il gruppo, usare pragmatismo e mixare efficacia e gestione. Pillon sembra perfetto. Magari non si vedrà calcio champagne, ma dal suo pentolone di solito (anche a 63 anni) esce una pozione che funziona. Particolare di non poco conto: ovunque sia andato è stato amato dal gruppo, che per un allenatore se non è tutto, è davvero molto.
Il Venezia di Frosinone è da giacca e cravatta. Dionisi ha un coraggio ammirevole. Non snatura se stesso, azzarda Capello trequartista, soluzione che a Padova non aveva mai dato risultati. Per quasi un’ora il campo sembra dargli torto, poi all’improvviso il morso dello squalo stravolge la serata. Gol da applausi, assist da applausi di Bocalon, senza l’influenza negativa di Bonazzoli accanto, Capello può mettere a frutto l’enorme talento che ha. Ci sono ancora tanti giocatori fuori forma (Montalto, Lollo, Lakicevic, Vacca), la difesa balla sempre, le traverse aiutano, ma il pari dello Stirpe è un bagliore importante nella notte di settembre. Il Cittadella perde ad Empoli giocando bene, il duello infinito Bucchi-Venturato si rinnova e ancora una volta son polemiche: nel mirino sempre gli arbitri, nelle ultime sei partite ha vinto cinque volte Bucchi, Venturato però ha fatto sua quella più importante, la semifinale playoff dello scorso anno. Adesso fa i conti con i fantasmi, ma l’impressione è che il momento peggiore sia alle spalle, nonostante il ko di Empoli. Il Pordenone perde a Livorno, anche qui si accendono fuochi e polemiche, con gli arbitraggi sempre nel mirino. Il Chievo rimonta due gol ma conferma che i favori del pronostico nella corsa alla A che molti gli attribuiscono non sembrano per ora trovare riscontri tangibili in quello che si vede sul campo e i guai societari sono sempre lì a covare sotto le ceneri. Il Verona allo Juventus Stadium fa un figurone, Juric continua a fare miracoli con una rosa di qualità ridotta, il tiro di Veloso rimane quello dei giorni migliori, il resto è un cantiere. Ma per un qualche motivo potrebbe innescarsi la scintilla fra la piazza e l’allenatore. Un sanguigno, un caratteriale, uno che se deve sbattere di fronte al muso la verità alla società sul mercato e pure a qualche giocatore non ci pensa due volte. E questo a Verona piace, un esempio su tutti: come quando in panchina sedeva Prandelli e il presidente era l’odiato Pastorello. Piace ben poco, invece, l’Udinese. E’ allarme rosso dopo il ko col Brescia alla Dacia Arena. Pierpaolo Marino si preoccupa, giustamente, la sensazione che già traspariva in estate è che per la salvezza ci sarà da sudare molto. E chi parlava d’altro, con ogni probabilità, era davvero fuori strada.
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