Il pasticcio promozioni-retrocessioni fra B e C, il tris servito Pordenone-Vicenza-Triestina in un girone da urlo, la lungimiranza di Tacopina e la marcia di Venturato
domenica 9 Dicembre 2018 - Ore 23:50 - Autore: Dimitri Canello
Stavolta comincio dalla Serie C. Perché il girone B è uno spettacolo assoluto e ci sono tre trivenete che sono lì a sgomitare per un posto sull’Olimpo. L’assurdità è che il calendario segna il 10 dicembre e non si sa ancora se ci saranno quattro promozioni, cinque, sei o sette. O chissà. Qualcosa di profondamente inaccettabile, che continua a minare la credibilità del sistema. Ora sappiate che sul tavolo ci sono tante possibilità. Ad esempio c’è la possibilità che in Serie B quest’anno ci siano solo tre retrocessioni per un patto verbale siglato dalla cadetteria con il neo presidente Gabriele Gravina, con il passaggio alle 20 squadre. Gravina, però, era lo stesso che chiedeva non molto tempo fa sette promozioni dalla C ed è anche l’uomo spinto dal basso (Lega Pro e LND) verso la presidenza federale. Non è un dettaglio, perché fa molta differenza se le promozioni dalla C sono quattro o sette e se le retrocessioni sono tre, quattro, o addirittura cinque, come ventilato dopo un’assemblea di Lega Pro qualche giorno fa il presidente allenatore della Virtus Verona Luigi Fresco. Il campionato, però, è appassionante: la Ternana sta risalendo la corrente, i recuperi prima o dopo finiranno e la qualità dell’organico è superiore rispetto a quella di tutte le altre. Eppure…
A Pordenone la forza si chiama Attilio Tesser, un allenatore che, se prende le squadre dall’inizio, riesce a farle decollare. Il primo posto è una sorpresa per i valori assoluti, perché i neroverdi sulla carta non sono la più forte, ma lo è molto meno se si guarda il curriculum di chi siede in panchina. Che, come spesso accade con i grandi allenatori, è un vero e proprio valore aggiunto, capace di coprire altre carenze. A Pordenone dietro la scrivania si lavora bene e si sta crescendo, un passo alla volta. Una realtà periferica, sistemata a metà strada fra Udine e Treviso, che può abbracciare un bacino d’utenza ancora inesplorato. Non sono una sorpresa Vicenza e Triestina. Il Vicenza ha uno degli organici migliori, non è la migliore, ma se la può giocare. Tutto ruotava attorno a Rachid Arma. Una scommessa vinta, per adesso, come quella di Stefano Giacomelli, ma i conti si fanno alla fine. Giacomelli in C se vuole fa la differenza e sposta le montagne, il resto è un progetto che guarda lontano e che prende forma giorno dopo giorno. La Triestina è fortissima nell’undici titolare, sono rimasti due ritocchi da fare a gennaio se si vuole veramente bussare alle porte del paradiso. Bisogna liberare due posti in rosa e aprire la via per un attaccante che copra le spalle a Granoche e per un trequartista/fantasista/seconda punta. Se il Pordenone azzecca l’attaccante che può fare la differenza se la giocherà fino in fondo, idem per Vicenza se riesce a prendere Gonzalez o chi per lui e per la Triestina se corregge la rosa quel tanto che basta. Perché difesa e centrocampo sono fortissimi e Valentini ha superato l’impasse delle scorse settimane.
Saliamo di un gradino. Grosso prende a colpi d’ariete Bucchi, espugna il Vigorito e salva la panchina. Non solo, fa tre passi verso l’alto in un momento chiave della stagione, in cui la tifoseria è sul piede di guerra e il rapporto in frantumi con il presidente Maurizio Setti può fare danni irreparabili, più ancora di un acquisto non indovinato a gennaio. Il Padova è un pianto greco, si è speso troppo poco in estate, la rosa è troppo ampia e con tanti giocatori non da Serie B, se non si fa qualche punto da qui a gennaio si rischia di non riuscire nemmeno a fare mercato, perché i giocatori vanno convinti con progetti e idee chiare. E investendo qualche soldo. Il cambio di allenatore era sacrosanto, capire se Foscarini sia l’uomo giusto al momento è un rebus come lo era al momento del suo arrivo, ma per le sentenze definitive è presto. Il Venezia con Walter Zenga vola: scelta indovinatissima di Joe Tacopina, capace di cospargersi il capo di cenere, di fare mea culpa per l’errore commesso con Stefano Vecchi in estate, di fare un’inversione a “u”, di scegliere un allenatore capace di ribaltare spogliatoio, squadra e di rivitalizzare giocatori che sembravano senz’anima. Il Cittadella è lassù e non è una sorpresa, perché si sta lavorando da tre anni con serietà, perché Gabrielli è un signore, Marchetti è un dirigente bravissimo e per nobilitare come merita Venturato basta guardare il ruolino di marcia da quando è arrivato. Una promozione al primo tentativo, un sesto posto, i playoff pure l’anno scorso, arrampicandosi fino alla semifinale. Da applausi, senza “se” e senza “ma”. Un solo neo: troppe lamentele sugli arbitraggi, perché se la si mette sempre su questo piano bisognerebbe ricordare anche quando (vedi Livorno o il secondo rigore col Cosenza) le giacchette nere hanno penalizzato altri. Ci sono stati episodi eclatanti che pendono più in senso contrario, su questo pochi dubbi. Ma se a ogni sconfitta o risultato avverso si continua a sottolineare errori arbitrali alla lunga il tutto diventa stucchevole e il fatto che Bucchi abbia punzecchiato Venturato in tal senso non è una sorpresa.
Pensiero finale per Domenico Di Carlo. Con i pareggi il Chievo non si salverà, ma quanto fatto sinora da “Mimmo”, come lo chiamano con affetto sia a Verona che a Vicenza, è eccezionale. Ha rimesso in piedi una squadra morta e le ha restituito dignità. Perché, come ha detto Pellissier, “se retrocederemo pazienza, ma lo faremo da Chievo”.
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