L’incubo della domenica, i fuoriclasse del Triveneto e i botteghini che piangono (a parte in un caso)
giovedì 8 Marzo 2018 - Ore 23:15 - Autore: Dimitri Canello
Questo editoriale è rimasto chiuso in un cassetto per qualche giorno. Lo stavo scrivendo domenica mattina. Poi è successo quello che tutti sanno, qualcuno mi ha scritto un sms “E’ morto Astori”. Pensavo a uno scherzo di cattivo gusto, invece purtroppo era tutto vero. Una tragedia, quella di Davide Astori, che mi ha paralizzato, facendomi passare un weekend surreale. Morire a 31 anni, nel pieno delle forze, conducendo una vita da atleta, alimentandosi bene, seguendo tabelle e rispettando i consigli dei medici, lasciando una compagna e una figlia, oltre che un mare di lacrime perché, sì, Astori era davvero un ragazzo speciale, non ha senso. O almeno io non riesco a trovarlo. Un vecchio detto dice che “muore giovane chi è caro agli dei”. C’è da augurarsi, per un minimo di consolazione, che sia davvero così. E che nessuno abbandoni la sua famiglia, seguendo l’esempio di Piermario Morosini.
Tutto quello che segue , dopo i fatti di domenica, rileggendolo dopo qualche giorno, mi sembra quasi risibile. Propongo per la prima volta, visto che questo pezzo era rimasto fra le bozze per quattro giorni. E parliamo di calcio, tentando di andare avanti senza far finta che sia non sia successo nulla, perché proprio non è possibile. Il Triveneto ha ancora i suoi fuoriclasse, in campo e fuori dal campo. Pure dietro la scrivania. Il mercato di gennaio, come sanno perfettamente gli addetti ai lavori, è il più difficile da condurre. Servono giocatori pronti, bisogna rischiare e chi ha quelli buoni semplicemente se li tiene, o altrimenti se li fa pagare a peso d’oro. Ci sono società che fanno bene, altre che decidono di non toccare niente, altre ancora che sbagliano qualcosa. In questo editoriale mi piacerebbe cominciare da un elogio al responsabile dell’area tecnica del Venezia Leandro Rinaudo. Ha raccolto un’eredità pesantissima, quella di Giorgio Perinetti, si è trovato a gestire contratti monstre, a dover cedere in prestito giocatori evitando un bagno di sangue per le casse societarie. Ma anche così, Rinaudo ha compiuto un piccolo capolavoro, più ancora di quanto non fosse sembrato inizialmente. Tre acquisti mirati: Marco Firenze, Nicolas Frey e Gianluca Litteri. Su quest’ultimo i dubbi erano esclusivamente di natura fisica, dopo il lungo stop dello scorso anno per un serio problema al collo che aveva tenuto fuori l’ex Cittadella, sollevando pure qualche perplessità in merito alla sua tenuta a lunga scadenza. Tecnicamente Litteri non si discute e in poche settimane si è già preso il Venezia. Avanti ancora, con una cessione che ha fruttato oltre un milione di euro (Stefano Moreo) e un’altra in prestito (quella di Fabris) che ha portato un ulteriore piccolo risparmio e che ha permesso l’acquisto di Frey senza ulteriori esborsi economici. Mentre impazzano le voci sul prossimo direttore sportivo del Venezia, Joe Tacopina potrebbe avere già la soluzione a portata di mano fra le mura amiche. Ed è proprio Rinaudo, che sinora non ha sbagliato una mossa. Indovinando (lo dice il campo) tre rinforzi che hanno fatto cambiare marcia alla squadra. E se a centrocampo Leo Stulac ha scalzato Simone Bentivoglio, Litteri ha già segnato tre gol in cinque partite, Firenze è andato a segno in due occasioni da subentrante e Frey si è preso in poche partite la maglia da titolare sulla fascia destra. Insomma, per ora la promozione per Rinaudo è a pieni voti, tanto che, prima di cambiare, il Venezia dovrà pensarci bene nel prossimo futuro, soprattutto se l’alternativa dovesse essere una scommessa e non un nome di primissimo piano. Con tutto il rispetto parlando per Valentino Angeloni, fra i papabili per il prossimo futuro, un conto è cambiare per puntare sul cavallo di razza (Franco Baldini, come trapelato qualche mese fa, seguendo la traccia scritta seminata da Tacopina al momento dell’addio di Perinetti), un altro è fare una puntata al buio scommettendo su un talent scout che sinora non ha mai ricoperto il ruolo di direttore sportivo.
Come il Venezia, va fortissimo anche il Cittadella. Dall’inizio dell’anno continuo a sostenere che entrambe non debbano accontentarsi e che, anzi, debbano rilanciare. In un campionato dove nessuno eccelle (se l’Empoli capolista non avesse pareggiato al 94′ Venturato gli avrebbe tolto sei punti su sei), osare si può. Anzi, si deve. Anche se hai il monte ingaggi più basso della categoria, ci sono tanti segnali che spingono il Cittadella: la crescita degli abbonati, la crescita di presenze allo stadio, una società solida che lavora sempre seminando per il futuro.
A proposito di pubblico. Si fatica a Venezia, dove nonostante i risultati eccellenti le presenze sono inferiori alle attese. Ma pure a Padova, dove l’entusiasmo post sparizione lentamente si è esaurito nonostante la squadra sia prima in classifica e punti dritta alla B. E anche a Trieste il botteghino piange. Nella settimana del derby col Vicenza, il settore ospiti viaggia a gonfie vele, mentre l’Alabarda fatica, tanto che il Centro di Coordinamento è sbottato: “Bisogna darsi una svegliata”. Tutto spiegabile, comunque: un fallimento sportivo è una mazzata, tre come nel caso del Venezia sono tre colpi d’accetta alla passione. Per arrivare al Penzo serve la bussola e tanto (troppo) tempo, il nuovo stadio continua a ritardare e le televisioni hanno allontanato tante nuove leve dalla bellezza di seguire dal vivo la propria squadra del cuore. L’Euganeo, poi, è un obbrobrio che uccide pure le migliori intenzioni. Si vede male dalla tribuna, dalle curve non ne parliamo, gli ultras sono relegati in uno spicchio di Tribuna e il ricambio generazionale non dà i risultati sperati. Trieste lo stadio ce l’ha (il Rocco è un gioiello), ma la piazza ha vissuto anni orribili, in cui si è arrivati persino a negare l’utilizzo dell’Alabarda alla proprietà dell’innominabile Marco Pontrelli. Personaggi come lui spaccano una piazza, dividono, allontanano. E per fortuna che la coppia Milanese – Biasin sta facendo tutto nella maniera migliore, pur fra mille difficoltà.
C’è, invece, chi va controcorrente, come a Vicenza dove i tifosi fanno meglio degli imprenditori locali, sinora completamente assenti se non nel dispensare le briciole, a detta stessa del sindaco Achille Variati. I tifosi, dunque: si abbonano i 6500 e oltre, continuano a donare per aiutare il club, si organizzano e moltiplicano gli sforzi per non vedere svanire una passione lunga 116 anni. Prima o poi questa stagione finirà e, nella speranza che i “fanfaroni”, come li ha chiamati Variati, rimangano lontani, magari all’orizzonte spunterà finalmente una proprietà seria. Sarebbe un’autentica follia disperdere questo patrimonio.
Chiudo con una speciale citazione per Mauro Zironelli. Prendete il monte ingaggi del Mestre, date uno sguardo alla rosa, dove in molti debuttano nel professionismo. Aggiungeteci che i tifosi sono costretti a sobbarcarsi 130 chilometri fra andata e ritorno per raggiungere Portogruaro. Capirete che Zironelli è un autentico fuoriclasse di questa Serie C e che merita il salto di categoria. Probabilmente in estate lo farà. Lo meriterebbe. A dir poco.
Commenti
commenti