Capolinea Sannino-Colucci, il Vicenza (e il calcio) provvisorio e la corsa (a termine) di Inzaghi
giovedì 15 Febbraio 2018 - Ore 23:22 - Autore: Dimitri Canello
Di temi da trattare in quest’ultimo periodo ce ne sono parecchi. La strettissima attualità, per esempio, racconta delle dimissioni di Sannino a Trieste e dell’esonero di Colucci a Pordenone. Storie e persone diverse, intrecci degni di un thriller, tante considerazioni da fare. Partiamo da Sannino. E’ arrivato per riportare in alto la Triestina. Nessuno gli ha chiesto la luna, né tantomeno il primo, il secondo o il terzo posto. Gli era stato chiesto, però, di portare la squadra ai playoff. Obiettivo che al momento sarebbe raggiunto per il rotto della cuffia fra mille contraddizioni. A scanso di equivoci: la Triestina vale più della nona posizione attualmente occupata in classifica, Sannino ha chiuso la sua esperienza come già capitato tante altre volte in passato. Fra litigi, comportamenti al di sopra delle righe dividendo la stampa fra amica e nemica, dividendo pure nello spogliatoio. State pur certi che qualcuno, per fare un esempio Rachid Arma, potrebbe splendere di nuovo: niente di più facile che già alla prossima uscita il marocchino torni a timbrare come sa fare. Scrissi prima della partita casalinga con la Fermana che, se fosse andata male, Sannino sarebbe stato mandato via. E così, al di là delle smentite, sarebbe stato: le fonti in questo caso non tradiscono e, infatti, prima o dopo i nodi vengono al pettine. Sannino, che già in passato a Varese si era comportato piuttosto male in occasione della semifinale playoff col Padova, se la legò al dito, come se per un giornalista fosse una colpa scrivere la verità senza esprimere alcun giudizio. E infatti il 15 febbraio eccoci qui con il primo bilancio, con la società che si è dovuta imporre perché venisse schierato Petrella, con alcuni giocatori che non gradivano i metodi di Sannino, con litigi su litigi e con lo stesso che rassegna le dimissioni. Una domanda sorge spontanea: se dare le dimissioni rinunciando allo stipendio come da contratto è un gesto senza dubbio nobile e apprezzabile in un mondo in cui non si dimette mai nessuno, se la stessa scena si ripete a cadenze regolari, forse qualcosa che non va nel diretto interessato c’è. E, a scanso di equivoci, Sannino sarebbe pure un ottimo allenatore, al netto di questi spigoli che finiscono sempre col colpire lui stesso, anziché i suoi presunti nemici.
Diversa la storia di Colucci a Pordenone. Chi lo ha avuto come allenatore dice che è un tecnico vicino ai giocatori, che li capisce e li coccola. Ma, se a Reggio Emilia il cambio dirigenziale lo aveva penalizzato, a Pordenone Mauro Lovisa lo ha sostenuto in tutto e per tutto e crediamo che l’esonero sia stato vissuto come una sconfitta personale del presidente. Che si è opposto fino a quando non ha visto che non c’era reazione da parte di una squadra senz’anima. Qualcosa che non ha funzionato, anche qui in tutta evidenza c’è. Dopo il mercato di gennaio l’organico è da primi posti, sia pure inferiore rispetto alla squadra della passata stagione, così proprio non si poteva andare avanti. Colucci è entrato in rotta di collisione con De Agostini, ma questo non può bastare a spiegare la caduta dall’Olimpo. Colucci verrà ricordato come l’allenatore che ha espugnato Cagliari e che ha mandato l’Inter a un passo dal precipizio in Coppa Italia. Ma è il campionato quello che conta e aver “bucato” in neroverde sarà una mazzata pesante anche per la sua carriera. Al suo posto Rossitto: un traghettatore che conosce molto bene l’ambiente e che porterà la nave in porto fino a fine stagione. Poi si vedrà.
Quello che sta succedendo a Vicenza ancora una volta è difficile da spiegare e da inquadrare. Ricapitolando: a maggio scrissi che molto probabilmente il club sarebbe fallito. Spiegai per filo e per segno perché la situazione non poteva reggere. Aggiunsi anche che la soluzione non poteva e non potrà essere Boreas Capital, così come non potranno esserlo Calabrò, Sanfilippo, Dejardins o tutti quei personaggi che si sono avvicinati a una società che, di fatto, era agonizzante. Risultato: un diluvio di insulti e di critiche, messaggi privati minacciosi e quant’altro, ma in pochi hanno capito che semplicemente stavo scrivendo la verità. A distanza di qualche mese, anche qui i nodi vengono al pettine. Il Tribunale di Vicenza ha concesso l’esercizio provvisorio alla società, dichiarandola fallita. A stagione in corso. Niente di illegale, niente che non si sia già visto altrove, a Bari o ad Ascoli, giusto per fare due esempi abbastanza vicini temporalmente. Questo tipo di soluzione, però, a me fa venire i brividi. Quello che non torna è che il sistema così proprio non regge. Parliamoci chiaro: il Vicenza, in un mondo normale che si autoregolamenta, non si sarebbe dovuto iscrivere al campionato di C e, se non era in grado di proseguire il campionato, sarebbe dovuto sparire e magari ricominciare dalla D come capitato in tante altre piazze storiche come Parma, Firenze, Padova, Trieste, Venezia, Foggia. Così com’è, la legge non fa che incentivare a spendere soldi che non ci sono, penalizzando chi tiene i conti a posto. Nonostante per mesi venisse ripetuto il mantra “Il Vicenza non fallirà mai, perché Franchetto, perché Pastorelli…” e via discorrendo, l’esperienza insegnava quale sarebbe stato l’epilogo, nonostante il 182bis che, di fatto, ha tenuto in vita più di quanto avrebbe dovuto un club decotto. Ora: ribadito che le colpe del fallimento, nonostante sembra quasi sia un azzardo dirlo, ricadono prima di tutto sulle spalle della disastrosa gestione – Cassingena e poi via via a ruota su quelle successive che hanno tentato di metterci una pezza senza riuscirci, gli stipendi di settembre e ottobre che non erano stati pagati il 16 dicembre sono (sarebbero) stati liquidati oggi. Ma quando si chiedono delucidazioni in merito a quali mensilità i soldi arrivati si riferiscano, o cosa accadrà se le mensilità di novembre e dicembre non verranno pagati entro la scadenza di domani, nessuno risponde con chiarezza. Persino il curatore fallimentare Nerio De Bortoli, uno che il suo lavoro lo sa fare molto bene e che aveva detto che serviva un milione entro un mese per non chiudere baracca e burattini, si è limitato a un “presumo che…”, per chiudere con un laconico “se ne sta occupando la Lega”.
Tanto per capirci: per me il campionato, così come stanno andando le cose, è falsato. Non può stare in piedi un sistema che permette a una società di iscriversi con 14 milioni di debiti poi diventati 18 e, pochi mesi dopo, di fallire a stagione in corso come se niente fosse. Non c’entra nulla il fatto che si chiami Vicenza: sarebbe lo stesso se si chiamasse Padova, Triestina, Verona, Pordenone, Mestre, Venezia o chi per esso. Il sistema calcio deve ripensare a cosa fare e come farlo per evitare di ricadere sempre più frequentemente in questi buchi neri. E’ del tutto evidente che il presidente Gabriele Gravina (che, giova ricordarlo, avrebbe voluto ridurre il numero di squadre ma che si è vista la strada sbarrata dai piani alti e dagli interessi che tengono in piedi il carrozzone), non poteva permettersi che, dopo il Modena, sparisse anche il Vicenza. Mi chiedo: in attesa dei quattro punti di penalizzazione (la Giustizia sportiva, per ora, tace), cosa possono pensare le società che pagano gli stipendi regolarmente e che si trovano a dover competere con una rivale in esercizio provvisorio che non si sa se e in che termini pagherà quanto dovuto essendo di fatto fallita? Una piazza che porta 6500 abbonati in dote merita una proprietà solida, senza ombre, possibilmente trasparente. E merita di non vivere mai più un’agonia come questa. Questo calcio, se queste sono le premesse, sarà sempre “provvisorio” quanto lo è l’esercizio guidato da De Bortoli.
Chiudo parlando di Filippo Inzaghi. A fine stagione gli scadrà il contratto e Superpippo saluterà Venezia. Lo sanno anche i sassi che vuole un’altra avventura e l’avrebbe voluta già l’estate scorsa. Ha impostato con saggezza e lungimiranza un ottimo lavoro. Magari tatticamente non sarà il tecnico più innovativo della categoria, ma ha fatto di necessità virtù e, se porterà il Venezia ai playoff, avrà fatto pienamente il suo dovere. E’ una corsa a termine, ma è una corsa che può ancora portare lontano. Perché fra B e C la differenza ormai è minima e una sorpresa l’anno, come insegna il passato anche recente, in questa categoria spesso spunta fuori dal cilindro. Come dico da inizio stagione, una fra Venezia e Cittadella, a patto che cambi il rendimento disastroso dei granata al Tombolato, potrebbe essere il coniglio dal cilindro di questa Serie B.
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