Le montagne russe della B, il valzer delle panchine, lo sprint del Padova e i guai del Vicenza
lunedì 27 Novembre 2017 - Ore 00:09 - Autore: Dimitri Canello
Una volta tanto non ci sono posticipi e si arriva alla domenica sera con tutti i verdetti del weekend già scolpiti su pietra. Il primo è che Fabio Pecchia ha salvato la panchina con una vittoria a Reggio Emilia con il Sassuolo che rappresenta ossigeno puro. L’ha ottenuta con un grande primo tempo e nonostante due cambi sconcertanti effettuati nella ripresa: con il Verona avanti 2-0 l’allenatore più contestato della massima serie ha tolto due contropiedisti (Verde e Cerci, sin lì il migliore) mettendo in campo Pazzini praticamente infortunato, che non stava in piedi e che, infatti, è stato sostituito dopo aver alzato bandiera bianca a pochi minuti dal suo ingresso in campo. Pecchia è ancora in sella, ma le perplessità restano e l’Hellas ha tanti problemi che al momento sembrano irrisolti. Non mi sembra, poi, molto felice neppure la scelta dell’Udinese di esonerare Del Neri per prendere Oddo: al di là della sconfitta col Napoli, che ci può stare, se proprio si doveva cambiare, allora sarebbe servito un altro allenatore, rispetto a uno che sinora ha dimostrato poco almeno in Serie A. In attesa di ulteriori conferme, non è una sorpresa il solito Chievo, che continua a navigare abilmente nella massima serie, in slalom fra mari in tempesta e onde che lentamente si abbassano e riportano la nave sempre in acque tranquille.
Scendiamo di un gradino ed eccoci in B. Ricordate cosa scrivevo negli ultimi editoriali? Che il Cittadella non doveva arrendersi e che doveva osare ed ecco la risposta arrivata nel frattempo: sei punti fra Palermo e Salernitana, il segnale che quest’anno si può puntare in alto e si deve provare ad andare oltre i propri limiti. Se poi persino un dirigente prudente come Stefano Marchetti fa capire di non volersi accontentare del medio cabotaggio, ecco che arrivano le conferme che servivano. “Se il Venezia gioca come nel primo tempo col Novara può retrocedere”. Parole di Filippo Inzaghi, che poi è stato contestato per una battuta sullo stadio Penzo. Magari non gradita, ma nemmeno roba da farne un caso di stato. Che poi a Superpippo manchino le atmosfere magiche di San Siro e degli stadi in cui è stato protagonista per lunghi anni ci può stare, ma il suo presente è Venezia, il suo futuro chissà. In attesa di capire su quale panchina siederà l’anno prossimo, i quasi 5mila spettatori nella partita col Perugia secondo me sono un patrimonio da custodire. Dopotutto in Serie B ci sono numeri ben peggiori di Venezia e il trend, anzi, mi sembra in decisa crescita. Piuttosto a gennaio servirà andare sul mercato e prendere un attaccante, perché dispiace dirlo, ma al momento il reparto non garantisce i numeri che servono per ambire a qualcosa d’importante. Ma non solo, non bastano neppure a stare tranquilli in un campionato di medio cabotaggio, mentre il resto della squadra se la può giocare per i primissimi posti. Scavando dietro le quinte, l’impressione è che qualcosa succederà.
In Serie C è il momento del Padova. Quattro vittorie e un pareggio, sei punti di vantaggio sulla seconda e otto sulla terza sono un solco che fa rumore. Non è ancora l’allungo decisivo, perché il campionato è lungo e il precedente dell’Alessandria 2016-2017 deve servire da monito per chiunque, tuttavia è un messaggio che arriva forte e chiaro alla concorrenza. Si rialza il Pordenone, che batte il Vicenza 3-2 dopo una partita da fuochi d’artificio. Se qualcuno pensava nella città del Palladio che il problema fosse l’allenatore probabilmente sarà rimasto deluso e se, per ipotesi, Zanini non dovesse durare, il problema non sarebbe neppure lui o chi eventualmente ne prenderà il testimone. Il problema è tutto nella stanza dei bottoni, dove il caos continua a regnare sovrano. La gestione-Lerda, due volte chiamato e due volte rispedito al mittente (se qualcuno ha la memoria corta, si ricordi da chi fu bloccata la sua assunzione la prima volta) le goffe retromarce comunicative di Francesco Pioppi a proposito della scelta di Zanini (temporaneo, definitivo, sì, no, quattro settimane, un mese o due, chi lo sa?) non fanno che confermare quanto da tempo aleggia nell’aria. Dal momento della salita (?) di Boreas sul ponte di comando la confusione è addirittura aumentata, abbiamo assistito a un’altra conferenza stampa congiunta e, sette mesi dopo (sette!) la prima manifestazione d’interesse, stiamo ancora qui a parlare di bilanci, competenze, ripartizione del debito e via discorrendo. Che dire: non è certo un biglietto da visita lusinghiero, anzi conferma tutte le pesanti perplessità su questo passaggio societario che continua a rimanere un mistero. Scene già viste purtroppo ad altre latitudini, con teatrini ai confini della realtà, consiglieri che s’immischiano nella gestione tecnica, direttori esautorati, confusione di ruoli e una piazza spaccata, stravolta da anni di gestioni disastrose. In questo contesto non ha senso parlare di calcio, perché i valori tecnici si azzerano ed eventuali carenze d’organico vengono ingigantite alla massima potenza. L’attuale posizione di classifica del Vicenza è solo lo specchio di un labirinto societario da cui ogni giorno spunta un nuovo bivio. Sembra un quiz a premi, dove indovinare la prossima mossa è materiale da cartomanti. Non lo meritano davvero quei 6100 e passa abbonati che avevano ancora una volta dato la conferma del calore e del senso di appartenenza di una piazza che dovrebbe ricevere in cambio ben altro che questa stucchevole agonia.
Il resto in pillole: la Triestina si rialza dopo il doppio affondamento di Padova, dispiace che Sannino abbia dribblato i cronisti all’Euganeo senza presentarsi in sala stampa dopo lo 0-5 subito in Coppa Italia per parlare solo con un giornalista di Trieste. Dispiace perché, al di là di qualche domanda fuori luogo che si è ascoltata in conferenza stampa dopo il primo derby di campionato, lo stesso Sannino poi dispensa pillole morali su un calcio che non gli piace come se fosse l’ultimo e unico paladino di un pallone pulito. E’ un bravo allenatore e ha idee tattiche ottime, purtroppo il suo limite sono questi scivoloni mediatici che ne condizionano molto il valore e forse proprio qui c’è la spiegazione della sua necessità di ripartire dalla terza serie dopo aver allenato il Watford. In questo quadro Trieste si sta rialzando dopo anni bui e tutto quello che viene dev’essere accolto con entusiasmo, come la piazza sta facendo, perché Mauro Milanese sta facendo un lavoro eccellente e la solidità del club è finalmente certificata dai fatti. Il Bassano intanto continua ad affondare dopo un mercato al ribasso, mentre il Mestre prima espugna il Menti e poi s’inceppa col Fano ultimo in classifica. Anche questa è la Serie C.
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