Venezia, perché è giusto continuare con Di Francesco. Verona, i germogli crescono. Padova-Vicenza, cos’ha detto il derby. Triestina, così si rischia grosso: una settimana dopo tutto uguale. Trento, Di Carmine è il pezzo del puzzle mancante
lunedì 7 Ottobre 2024 - Ore 22:45 - Autore: Dimitri Canello
Verona-Venezia, Padova-Vicenza, Caldiero Terme-Virtus Verona. Tre derby, così diversi, così carichi di pathos, ognuno a suo modo. Chiaramente sono tre situazioni imparagonabili fra loro, ma di spunti di interesse ce ne sono eccome. Cominciamo dal venerdì sera del Bentegodi, che ha regalato una vittoria pesantissima all’Hellas, con uno Zanetti incontenibile nell’esultanza in quella che era pur sempre la sfida al suo passato. Ha perso ancora Di Francesco, sempre con le stesse coordinate. Ancora una volta con un gol da palla inattiva, ancora una volta per un errore individuale. Dev’essere dura, ritrovarsi con zero punti in mano dopo Roma e Verona. Ancora più difficile dev’essere scacciare quell’aura di negatività che il tecnico pescarese si porta addosso dopo le disavventure, molto diverse fra loro, degli ultimi anni. Perché il Verona ha vinto il derby? Perché non ha mai smesso di crederci, perché è andato a cercarsi l’episodio fino alla fine, perché non si è scoraggiato nonostante lo svantaggio dopo appena due minuti. Mi è piaciuto molto Tengstedt, mi è piaciuto Lazovic che sa sempre cosa fare, Tchatchoua non è più una sorpresa, Belahyane in mezzo è l’ultima scoperta, il resto è un gruppo che sa di dover soffrire e lo sta facendo. E intanto i germogli crescono… Perché ha perso il Venezia? Perché ha limiti tecnici evidenti in difesa, perché certe disattenzioni in A le paghi a caro prezzo e perché gli errori di Joronen cominciano ad essere un po’ troppi. Non so se sia arrivato il momento di cambiare custode della porta e di dare fiducia a Stankovic, questo lo deciderà Di Francesco, ma posso dire che secondo me Di Francesco merita ancora fiducia. Ha avuto un calendario difficilissimo, oltre l’immaginabile, con cinque trasferte nelle prime sette partite. Alla riapertura arriverà l’Atalanta, un match tutto in salita. Di tempo ce n’è poco, ma Di Francesco ne merita un altro po’, per diverse ragioni. Poi, se i risultati non arriveranno, allora se ne riparlerà, ma oggi condivido la scelta della società di non metterlo in discussione nonostante l’ultimo posto a pari merito col Monza. Restano i rilievi sulla difesa, un reparto che secondo me manca di un elemento di esperienza, per il resto più o meno la competitività negli altri reparti con le concorrenti alla salvezza è garantita.
Padova-Vicenza è stato il piatto forte domenica, in un Euganeo senza ultras biancoscudati. Ha vinto il Padova, sarebbe potuta finire pari, ma Andreoletti non ha rubato assolutamente nulla. Io l’ho vista così: partenza forte del Padova, un’occasione con Cretella non sfruttata a dovere, mezz’ora sontuosa del Vicenza con tre occasioni nitide, non sfruttata soprattutto quella di Morra. Il Padova che segna nel momento migliore del Vicenza e che rischia pure di raddoppiare poco dopo. Una ripresa con il Vicenza a cercare il pari, ma con una sola occasione degna di tal nome per Rauti e un portiere come Fortin che ha detto sempre di no ogni volta che lo hanno sollecitato. Recriminazioni arbitrali? Mi sembra un alibi che non regge. Né per il rigore non fischiato a Liguori (che aveva già tirato, io quel penalty non l’avrei dato anche se abbiamo visto interpretazioni diverse dello stesso scenario a latitudini diverse), né per quello negato a Rolfini, né per un fallo che non c’è su Laezza in occasione dell’1-0. Il Vicenza è più forte del Padova? Come ho già avuto modo di dire a fine estate, non vedevo e non vedo una squadra ammazza campionato in questo girone. Il Vicenza sulla carta ha qualcosa in più, ma non molto, rispetto al Padova. Senza Carraro, però, in mezzo manca qualcosa, rimettersi in piedi senza Ronaldo, Ferrari e Golemic e dominare il campionato la vedo oggettivamente ardua. Bisognerà lottare fino alla fine, sperando che a gennaio Ronaldo torni in fretta quello dei bei tempi, ma quando la carta d’identità segna 34 anni e mezzo nulla può essere scontato. E il Padova? Finora è stato quasi perfetto. Sette vittorie e un pareggio sono un bottino roboante e onestamente non mi sembra la solita meteora di inizio stagione. Spagnoli non segna, ma gioca bene e la sua presenza lì davanti si fa sentire eccome. L’attacco nel suo complesso segna tanto, la difesa regge egregiamente, tutti mi sembrano coinvolti, anche quelli con il contratto in scadenza sembrano aver metabolizzato il credo di Andreoletti. Quali sono i punti deboli del Padova? Forse la fase difensiva sulle corsie esterne, ma per il resto mi sembra una squadra equilibrata, che merita di stare dov’è. E attenzione, perché è vero che siamo soltanto al 7 ottobre, ma è altrettanto vero che rincorrere non è mai semplice e che cinque punti di vantaggio con l’obbligo (per il Vicenza) di vincere al ritorno per non doverne recuperare uno in più, non sono pochi. C’è, poi, quell’interrogativo che rimbalza qua e là nella città del Santo. Si può vincere con una tifoseria assente allo stadio che protesta contro l’amministrazione comunale e diserta le partite casalinghe contestando Mirabelli e Alessandra Bianchi? Nel 2009 il Padova venne promosso in Serie B con una situazione ambientale esplosiva, con presidenti fuori controllo, con giocatori che per poco non venivano alle mani con i giornalisti, per cui la risposta è che: sì, si può vincere anche così. Anzi, per onestà intellettuale si dovrebbe ricordare che questa società e questa dirigenza è stata sostenuta da tutti per quasi cinque anni, eppure siamo sempre al punto di partenza. Per cui ben venga se saprà dimostrare di meritare di nuovo quel sostegno venuto meno per le scelte sbagliate maturate nel corso degli anni. Gli equilibri non sono immutabili, si sgretolano e si riformano, sono le azioni che determinano le reazioni.
Manca il derby meno importante, quello fra due spicchi del calcio veronese, la matricola Caldiero Terme e la Virtus Verona di Luigi Fresco. Si è giocato al Gavagnin, uno stadio che i rossoblù conoscono benissimo e, in tutta onestà, la Virtus ha strameritato di vincere. Fresco ha subito rivendicato altre vittorie che non sono arrivate sul campo ma che sarebbero state meritate, ma credo che la cosa più giusta sia godersi questo successo, il gol ritrovato di De Marchi, una difesa che non subisce gol. Il Caldiero è in caduta libera, quasi senza preavviso. Soave è al debutto in questa categoria ed è chiamato a trovare la chiave per tornare a mostrare quanto fatto nelle prime giornate. Giusto dargli tempo, magari nella speranza che Molnar blindi nuovamente la difesa e che Zerbato sia in grado di segnare anche in questa categoria.
Un capitolo a parte merita la Triestina. Vi racconto quello che so, cose che mai udirete dai canali ufficiali, perché dietro le quinte si sta combattendo una vera e propria battaglia. Da una parte Alex Menta, che ha già un accordo con Roberto Breda, il quale però chiede garanzie tecniche precise, due punte a gennaio, tanti soldi per accettare, uno staff corposo. Dall’altra la proprietà (o il resto della proprietà, chi vuole intendere, intenda…) che non ha la minima intenzione di autorizzare un’altra spesa importante dopo una partenza disastrosa. E che, sostanzialmente, dice: non mi hai portato uno straccio di risultato, la squadra è penultima, abbiamo a libro paga Tesser, riprendiamolo, visto che poi lo vogliono tutti. Chi Tesser proprio non lo vuole, almeno così ci raccontano dietro le quinte i soliti ben informati, è proprio Menta. L’addio fra i due non è stato esattamente dei più teneri e c’è una verità che è sotto gli occhi di tutti. Da quando è stato cacciato Tesser la Triestina è implosa su se stessa, alla faccia di crede che chiunque possa fare calcio e inventarsi dirigente senza averne le competenze (e non mi riferisco a Menta). Nel frattempo la squadra non solo ha già abbandonato gli obiettivi sbandierati a inizio stagione dopo cinque giornate, ma addirittura deve guardarsi le spalle e preoccuparsi di non retrocedere. In mezzo a tutto questo, l’appuntamento al TFN sull’imbarazzante caso Olivieri fissato per il 14 ottobre troneggia sulla scena. Ora, quello che faccio è un appello, perché mi dispiace sinceramente vedere una piazza così affascinante e bella come Trieste in queste condizioni. Chi governa la Triestina, si rende conto che sta scherzando con il fuoco? Che ha creato una baraonda incredibile che è frutto prima di tutto delle proprie scelte e non di chi cerca invano di far notare come non si possa fare calcio in questa maniera? Il presidente Rosenwzeig batta un colpo, prenda in mano la situazione, dia una guida sicura alla squadra in campo e fuori dal campo. Altrimenti si rischia veramente di farsi male. Per quanto le nostre posizioni siano state e siano molto dure e possano apparire poco concilianti, la nostra è una risposta propositiva a quello che vediamo. Per far sì che tutto funzioni abbiamo già scritto quello, che a nostro avviso, si deve fare. Ora tocca a chi di dovere agire.
C’è il Trento che splende, in un autunno che assomiglia tanto a un’estate. Fateci caso. Zamuner ha indovinato l’attaccante (Di Carmine) anche senza avere budget esorbitanti a disposizione ed è cambiato tutto. Di Carmine ha avuto un impatto devastante, ha trascinato al rialzo la squadra, oggi quinta in classifica a un punto dal quarto posto. Tabbiani sta lavorando benissimo e la squadra sembra seguirlo in tutto e per tutto. Sta recuperando anche i centrocampisti, è in serie positiva da sette partite dopo aver messo paura nel primo tempo al debutto anche al Padova. Insomma, non sappiamo dove arriverà questo Trento, ma la netta impressione è che sia stato trovato il pezzo di puzzle mancante e che d’ora in poi ci si potrebbe divertire.
Pillole finali: l’Udinese si è rialzata e ha vinto una partita importantissima col Lecce. A decidere un capolavoro di Zemura su punizione, il resto lo ha fatto una difesa che praticamente non ha concesso neppure un’occasione all’avversario. A Cittadella per la prima volta Stefano Marchetti si sta interrogando seriamente se non sia davvero il caso di cambiare allenatore. A Sassuolo è maturata una resa senza condizioni che fa dubitare di molte cose che si ascoltano dall’interno del gruppo. Il Südtirol ha ritrovato un Rover strepitoso, che se continua così meriterà il salto di categoria a fine stagione e continua a non avere mezze misure: quattro vittorie, quattro sconfitte, zero pareggi. La vittoria di Cosenza tutto è fuorché banale e va celebrata come merita. Oggi il sesto posto rispecchia i valori di questa squadra in un campionato altrimenti indecifrabile. Sono veramente in difficoltà nell’immaginare i verdetti in testa e in coda e questo accade quando in gioco c’è tanto equilibrio. Ad Arzignano non vedo altro epilogo possibile dall’esonero di Bruno, mentre anche il Legnago dovrà soffrire per salvare la categoria.
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