Padova-Vicenza e Verona-Venezia: due derby ai raggi x. Triestina, troppa attesa per un allenatore: non si scherza col fuoco. Trento, Di Carmine l’oro gialloblù. Gastaldello, che flop!
mercoledì 2 Ottobre 2024 - Ore 00:21 - Autore: Dimitri Canello
Siamo soltanto a ottobre, ma Padova-Vicenza e Verona-Venezia sono già due derby chiave, per tante ragioni. Padova e Vicenza si giocano il primo posto nel girone A della Serie C e hanno già una ragionevole certezza: hanno staccato in modo determinante le altre due rivali che a, a inizio stagione, sembravano accreditate per la vittoria finale del campionato, ossia Triestina e Feralpisalò. Dell’Alabarda parleremo dopo, mentre i Leoni del Garda devono recuperare 10 punti al Padova e otto al Vicenza dopo sette giornate. Un flop clamoroso targato Aimo Diana, che prosegue a Salò gli insuccessi di Vicenza. Hai voglia a parlare di Serie B in tre anni quando prendi Letizia, Maistrello e Dubickas, aggiungendoli a un organico già da promozione. Puoi nasconderti finché vuoi, ma la Feralpisalò doveva puntare dritta al primo posto, senza “se” e senza “ma” e invece si trova al decimo posto troppo presto, troppo bruscamente, già col fiatone. Bussare alla porta di Diana per spiegazioni, perché non basta giocare una buona partita al Menti, serve di più e l’allenatore bresciano ha imboccato una pericolosa parabola discendente dopo i fasti di Reggio Emilia. Padova-Vicenza, si diceva, passa ai raggi x. I biancoscudati si sono fermati a Busto Arsizio, con un punto che secondo me va ascritto ai punti guadagnati, più che a quelli persi. Vincere sempre non è possibile, ma è impossibile trascurare i segnali che stanno arrivando da tre partite a questa parte. Tre volte in svantaggio, non si può sempre metterci la pezza di turno, anche se la rosa offre tante alternative in ogni reparto. Le cassandre sentenziano: con l’autunno, al solito, arrivano i problemi per il Biancoscudo. Verità o eccessiva severità? Padova-Vicenza servirà per capirlo. Per ora giusto tributare i doverosi elogi a Matteo Andreoletti, che ha fatto un buonissimo lavoro e che sembra avere saldamente in mano il gruppo nel suo complesso. Ci sarebbero molte cose da dire su Busto Arsizio, ma siccome sei vittorie di fila non possono essere un caso, giusto dare fiducia e aspettare domenica per farsi un’idea precisa prima di fare certi ragionamenti. Il Vicenza, dal canto suo, sembra aver svoltato. In quasi un anno di lavoro Stefano Vecchi ha perso solo due volte, una a Lumezzane e una in finale playoff a Carrara. Risultati clamorosi che, se proseguiranno, non potranno che avere un epilogo. La strada, però, è lunga. Il primo bivio della stagione il Vicenza lo ha superato brillantemente. Ha battuto il Renate e la Feralpisalò, mettendo insieme sei punti in due giornate e recuperandone due al Padova. Dovesse spiccare il volo all’Euganeo, psicologicamente metterebbe le ali. La squadra sta bene fisicamente, scoppia di salute e riesce a coprire anche i difetti che, in assenza di tre primattori tutti fuorigioco, ci sono, ma che vengono abilmente nascosti dal complesso della squadra che lavora all’unisono. Abbandonato il centrocampo a due Rossi-Della Latta, che la squadra ha dimostrato di non reggere, Vecchi ha sganciato Zonta in attesa del rientro di Carraro, ricevendo in cambio risposte oggettivamente confortanti. All’Euganeo sarà un pomeriggio tutt’altro che banale, che regalerà qualche certezza in più per decriptare l’esito di questo girone.
Prima di toccare l’argomento Verona-Venezia, ecco la Triestina. Alla data e all’orario attuale è passata quasi una settimana dall’esonero di Michele Santoni e l’Alabarda non ha ancora annunciato un sostituto. Un ritardo molto grave, soprattutto guardando la classifica, che inchioda Trieste all’ultimo posto assieme all’Arzignano. Un assurdo a tutti gli effetti, considerato quanto speso in estate e considerate le prospettive che erano state illustrate prima dell’inizio del campionato. Non si scherza con il fuoco. Santoni ha dimostrato in sei giornate di non averci capito pressoché nulla, inseguendo un calcio impossibile da praticare in Serie C e con forzature tattiche che hanno portato alle disfatte contro Union Clodiense e Atalanta Under 23. Ora si cerca uno specialista in missioni disperate, qualcuno che rimetta a posto i cocci e che provi a dare un senso a un campionato già compromesso. Il pareggio di Trento con Geppino Marino in panchina ha perlomeno dato una parvenza di normalità a una situazione pazzesca, con 15 punti dalla vetta da recuperare dopo sette giornate, se non è un record del mondo considerate le premesse poco ci manca. In questo quadro il duello per la panchina sembra fra Breda e Torrente (Venturato sullo sfondo, pare in ribasso) e la decisione potrebbe arrivare in giornata, anche se non escludiamo sorprese. Di certo c’è che, quando il calendario segna mercoledì, si rischia di aver buttato via un’altra settimana, sospesi nell’indefinito. Ribadiamo che nessuno mette in discussione il fiuto di Menta per i talenti, ma poi governare un club è un’altra cosa. Le soluzioni le abbiamo già elencate, i nomi che circolano per la panchina sono buoni entrambi, con Breda che sa prendere in mano situazioni ai limiti dell’impossibile, raddrizzando le barche che affondano e Torrente così poco reclamizzato nel calcio in cui la meritocrazia non sempre trionfa che potrebbe rappresentare l’optimum nonostante non conosca la lingua inglese. In uno spogliatoio poliglotta e frastagliato come quello alabardato avrebbe comunque la possibilità di portare la sua esperienza, la sua capacità gestionale del gruppo e un curriculum di tutto rispetto.
Ora Verona-Venezia. Zanetti e Di Francesco, per motivi diversi, camminano lungo il precipizio. Il primo arriva da tre sconfitte consecutive e, come si poteva prevedere, non avrà una strada tutta in discesa ma, anzi, dovrà ingegnarsi per trovare soluzioni all’altezza di un campionato difficilissimo, in cui in coda sono almeno 6-7 le squadre che dovranno lottare fino alla fine. Quando allenava il Venezia, la partita che segnò la svolta in negativo della sua avventura in Serie A fu proprio il derby giocato a campi invertiti. Al Penzo salì sul 3-0 in un pomeriggio memorabile, ma poi perse 4-3, con un saliscendi che probabilmente minò alle fondamenta il suo lavoro sin lì impeccabile. Oggi si presenta all’appuntamento dopo il ko di Como, che si aggiunge a quelli contro Lazio e Torino, ragion per cui venerdì Zanetti non potrà permettersi un altro passo falso. Al Sinigaglia il primo tempo è stato “orribile”, come l’ha definito il tecnico vicentino, poi nella ripresa è arrivata la riscossa che per poco non portava al pareggio. Dall’altra parte c’è Di Francesco, un altro che ha qualche sassolino da togliersi dalle scarpe dopo l’esonero di tre anni fa dopo appena tre giornate. Nessuno, a Verona, lo rimpiange, dopotutto Tudor che lo sostituì portò l’Hellas al nono posto al confine con l’Europa, ma Difra non vuole arrendersi a un destino che, spesso, gli volta le spalle. Torna dall’Olimpico a mani vuote, un assurdo per quanto visto sul campo. Fosse andato al riposo sul 2-0 non ci sarebbe stato nulla da dire, nella ripresa è stato annullato un gol per un fuorigioco davvero millimetrico (che c’era) e Oristanio ha fallito il colpo del ko. Il problema principale è sempre dietro: Pisilli in occasione del 2-1 ha saltato indisturbato senza nessun tipo di marcatura, inaccettabile per una squadra che deve salvarsi e che non può permettersi certi errori. Ma, ribadiamo, se questa difesa faticava in B, non si capisce perché in A le cose dovrebbero cambiare. Il resto della squadra, tutto sommato, regala qualche certezza in più e Pohjanpalo che segna anche su campi di primissimo livello è una buonissima notizia. Attenzione, perché Verona-Venezia psicologicamente significa tanto per entrambe e chi perde potrebbe risentirne molto.
Il Trento ha trovato una sua identità e una sua quadratura. Ma soprattutto ha trovato un centravanti che, a 36 anni, regala ancora meraviglie. Samuel Di Carmine ha segnato tre gol nelle ultime tre partite giocate da titolare, tutti decisivi. Ha portato in dote ben sette punti, che sono tantissimi. Ha dimostrato di non essere a Trento per svernare, ha messo sul piatto di avere ancora fame, voglia e determinazione. Per il resto terrei d’occhio il portiere Tommasi. Sta facendo passi da gigante e guida la difesa con una sicurezza sorprendente per un ragazzo della sua età. Per il resto annoto con curiosità un Frosinini sempre più calato nella sua realtà e che ormai a questi livelli è diventato una certezza.
Pillole finali: l’Udinese si è messa alle spalle due partite proibitive, nella seconda delle quali quantomeno non ha demeritato. Ora c’è il Lecce e bisogna tornare a fare punti e, possibilmente, a vincere per levare di mezzo qualsiasi brutto pensiero che sia sopraggiunto nel frattempo. Come già scrissi in estate, punto senza esitazioni su Lucca, Okoye e Thauvin, mentre terrei d’occhio in prospettiva Rui Modesto, che potrebbe rappresentare un valore aggiunto in fase offensiva per la squadra. Il Cittadella sta fortemente deludendo e ha messo insieme una serie di prestazioni negative. Col Frosinone è arrivata la peggior prestazione dell’anno, il ko a tavolino col Pisa è stata una mazzata e la zona retrocessione è pericolosamente vicina. Il Südtirol non ha mezze misure, o vince o perde, solo che adesso dopo il ko col Palermo le sconfitte sono diventate due consecutive e a Cosenza non si potrà sbagliare. La Virtus Verona continua a perdere e a collezionare brutte figure, attenzione anche qui perché il rischio di sprofondare è concreto. Bruno ad Arzignano rischia nuovamente l’esonero e lo scontro con Nepi non promette nulla di buono. Il Caldiero è scosso dalle parole di Soave, che ha parlato di “approccio vergognoso” dopo il ko di Crema. L’Union Clodiense ha bisogno come il pane del Ballarin ma, ben che vada, lo avrà dal 22 novembre. Dulcis in fundo, Gastaldello. Dopo uno 0-8 e una figuraccia epocale si dovrebbe avere il buon gusto di dimettersi e di chiedere scusa e invece non è successa nessuna delle due cose. Il Legnago lo ha giustamente esonerato e, come per magia, è tornato a vincere. Gastaldello faccia un bel bagno di umiltà, se vuole ancora allenare a certi livelli. Di certo in questa esperienza ha dimostrato di essere inadeguato e supponente anche quando la squadra gli chiedeva a tutti gli effetti altro.
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