Udinese, un primato da urlo di idee e competenza. Triestina, i perché di un tracollo clamoroso. Venezia, qualche domanda (legittima) ad Antonelli. Padova-Vicenza, sarà duello per la B?
martedì 17 Settembre 2024 - Ore 00:33 - Autore: Dimitri Canello
Non possiamo che partire da chi se ne sta lassù, sola soletta, in cima alla Serie A. Se è un sogno, a Udine pregano che nessuno li svegli. Quattro partite, tre vittorie e un pareggio, dieci punti, tutti strameritati, perché presi con la sofferenza, con il gioco e con la tenacia, tutte caratteristiche su cui si forgia la squadra apparecchiata da Kosta Runjaic. A volte i pronostici li azzecchiamo, a volte li sbagliamo, ma su questo allenatore e sulla squadra costruita in estate ci puntiamo da diverse settimane. Tutto ha una logica, soprattutto se dietro la scrivania torna un signor dirigente come Gianluca Nani. Il resto lo fa un tecnico camaleontico, con un’intelligenza rara per come sa adattare le sue convinzioni alla squadra che ha a disposizione. Il 3-5-2 visto oggi a Parma ha fatto splendere la stella di un campione del mondo ritrovato come Florian Thauvin. Forte, anzi fortissimo, come insegna il suo passato e come conferma il suo presente, con un’ascesa irresistibile che, a patto di stare bene fisicamente, non si fermerà al primo ostacolo. Di Lucca abbiamo già scritto, può essere il suo anno, per il resto segnaliamo la crescita di Okoye, la furia di Kamara sulla fascia. E presto si aggiungeranno altre sorprese pescate dal mazzo del solito, impagabile, lavoro dell’area scout del club. Di certo l’Udinese non vincerà lo scudetto, al 99% non arriverà in Europa, ma una salvezza comoda quest’anno è nelle sue corde, per tante ragioni. E non fai 30 anni di Serie A se non ha una proprietà e una dirigenza straordinariamente competenti.
Spostandosi solo di pochi chilometri, fa rumore il tonfo clamoroso della Triestina. Nemmeno il più pessimista dei tifosi avrebbe potuto immaginare uno scenario simile dopo appena quattro giornate. Una vittoria con l’Arzignano, poi il buio: al Rocco la Triestina è caduta tre volte fra campionato e Coppa Italia, il resto lo ha fatto l’imbarazzante prestazione con l’Union Clodiense e il ko in undici contro dieci contro i granata. Con l’Atalanta la squadra è colata a picco, avrebbe potuto subire otto gol, si sono viste tante e tali nefandezze calcistiche che si potrebbe scrivere un poema. E meno male, mi verrebbe da dire, che le referenze su Michele Santoni erano ottime. Una telefonata a chi mi ha parlato bene di questo allenatore (più di uno) quando la Triestina lo scelse la vorrei fare molto presto. Mi basta una sola considerazione. Sentir dire che Correia non può fare il vertice basso di un centrocampo a tre mi fa mettere le mani dei capelli, solo a immaginarlo mezzala bisognerebbe ritirare il patentino di allenatore all’istante. Non abbiamo bisogno di scienziati o di persone che credono di aver inventato il calcio. Sul campo e dopo la partita in sala stampa, abbiamo assistito a uno spettacolo desolante. Detto con molta schiettezza, Santoni è da esonero immediato, perché con le sue idee ha portato la squadra ad essere già fuori dai giochi per il primo posto dopo quattro giornate. Un record mondiale. Ma non sta meglio chi oggi governa la società. Alex Menta ha tanti pregi, nel senso che ha intuizioni sopra la media, vede il talento e scova giocatori dagli angoli impensabili dell’Europa e pure oltre. Il problema è che non basta un fiuto incontrovertibile per essere un bravo dirigente. Perchè poi succedono cose come quella che ha portato al mancato tesseramento di Olivieri (risolvibile? si dice lo sia, vedremo…), per non parlare del mancato arrivo di Zoma l’ultimo giorno senza avere un piano B, che ti fanno dubitare di essere nel calcio professionistico. Dopo non essere riuscito a tesserare due giocatori a gennaio (Kiyine e Krollis), stavolta pare si sia sforato il budget senza che nessuno se ne sia accorto. Se così fosse, qualcuno oggi dovrebbe dimettersi. Non sappiamo se Morris Donati abbia pagato per questo, perché nessuno ce lo ha spiegato, ma oggi esiste solo una strada per rimediare. Cospargersi il capo di cenere, esonerare Santoni (sempre che il problema fidejussione sia risolto), chiamare un tecnico italiano che conosca la categoria e chiamare un direttore sportivo che affianchi Menta e lasciarlo lavorare nella gestione della quotidianità. Non è vero che la rosa sia tutta da buttare, perché presi singolarmente di giocatori buoni ce ne sono eccome. Non posso in questa sede per mancanza di tempo dilungarmi in tutto quello che non va dell’organico alabardato, ma oggi che sembra tutto da buttare non lo è. Ci sono diverse lacune, ma possono essere colmate a gennaio e forse prima con il ricorso agli svincolati. Ma i veri problemi sono in panchina e dietro la scrivania. Questa rotta suicida, se non invertita immediatamente, può portare a conseguenze disastrose difficilmente controllabili.
Torniamo in A e spostiamoci a Venezia. Il tracollo di San Siro ha poche giustificazioni e puntare il dito unicamente contro Di Francesco significa voler nascondere altre realtà incontrovertibili. Una domanda, vorremmo farla ad Antonelli, per il quale nutriamo grande stima. Perché ha pensato che l’ottava peggior difesa della Serie B potesse funzionare in Serie A con il solo rinforzo di un debuttante in A come Schingtienne? Perché non è stato preso qualcuno che conoscesse la categoria (non esiste solo Kjaer) e che potesse aiutare chi la Serie A la assaggia per la prima volta? A Milano lo spettacolo a cui abbiamo assistito è stato imbarazzante. Al 28′ eravamo 4-0, Joronen era da 3 in pagella e se il Milan non si fosse fermato saremmo stati testimoni di una disfatta storica. C’è modo e modo di perdere, in definitiva, ma in queste prime quattro giornate qualcosa si è già capito. Ad esempio, che i gol subiti arrivano per errori tecnici e qui l’allenatore forse non è il primo responsabile. Forse la qualità dell’organico in alcuni ruoli (difesa su tutti) è troppo bassa, forse si è esagerato con le scommesse. Antonelli gode di ampio credito visti gli ultimi due anni, ma se in molti scommettono addirittura su un Venezia a livello dell’Ancona di oltre 20 anni fa forse qualche motivo di riflessione ci deve essere. Essere vivi e salvi oggi è già un trionfo, considerato il punto da cui si era partiti e il fallimento evitato per miracolo. Ma collezionare figuracce in giro per l’Italia nessuno lo può accettare. Non è tempo per suonare il de profundis, perché il Venezia nelle prime tre giornate più di qualcosa di buono l’aveva fatto vedere e nelle difficoltà, quantomeno, è in buona compagnia. Il Cagliari boccheggia, il Como per ora non ha svoltato, Lecce e Empoli sono assolutamente rivali con cui si può competere. Il Verona sembra avere qualcosa in più, mentre qualche insospettabile potrebbe venire trascinata nel marasma.
L’Hellas visto a Roma stasera non ha fatto assolutamente una cattiva figura. Il problema è che la Lazio ha dato ben pochi punti di riferimento e le contromisure preparate da Zanetti sono funzionate solo in parte. L’ha spuntata l’ex Marco Baroni, che conosceva molti dei suoi ragazzi ed è riuscito a metterli sotto, sfruttando una qualità dell’organico superiore e un’intuizione che mi ha lasciato sbalordito. Non avrei mai pensato di vedere Dia e Castellanos coesistere, invece Baroni sta vincendo anche questa scommessa.
A vedere queste prime giornate di Serie C verrebbe da pensare che il duello per il primo posto alla fine sarà fra Padova e Vicenza. Detto della Triestina già deragliata e allo sbando, la Feralpisalò è partita piano e deve recuperare già sette punti al Padova. Sono tanti, forse non tantissimi, ma ci vuole uno sprint che oggi non sappiamo se immaginare o meno. Di certo se una società compra Maistrello e Dubickas e poi sostiene di non voler puntare alla B viene da sorridere. Il Padova è partito a razzo, ha vinto cinque partite consecutive fra campionato e Coppa Italia, subisce pochissimo (appena un gol in quattro uscite in campionato) e ha sfruttato al meglio un calendario favorevole. Ma occhio, perché scopri che il Caldiero Terme, che avrebbe dovuto essere un avversario abbordabile, ha vinto tre partite su quattro e sforna meraviglie. Ha un allenatore che la mattina fa il netturbino, ma che dimostra un’intelligenza superiore a tanti colleghi più blasonati. Auguriamo il meglio a Cristian Soave, perché si merita tutti i complimenti che gli stanno piovendo addosso. Alla data del 17 settembre è impossibile scolpire su pietra quello che accadrà nel corso della stagione tuttavia, paradossalmente, la rabbia, la contestazione, la diserzione dell’Euganeo e una critica non più unanime nel sostenere la proprietà sembrano fare bene al Padova nel suo complesso. Per ora il Padova stramerita il primo posto con la sorpresa Renate e ha dimostrato una qualità di gioco che resta la migliore del girone. Insomma, Andreoletti oggi è promosso a pieni voti. Venerdì si andrà a Vercelli, per una trasferta storicamente insidiosa, che potrà rappresentare forse uno primo spartiacque della stagione. Al Piola la squadra di Matteo Andreoletti si troverà di fronte un’avversaria mortificata e presa a pallate dal Caldiero Terme, vogliosa di rivincita, determinata a rialzarsi subito. Poi, certo, ci sono anche le (piccole) spine: Spagnoli che non si sblocca, la tenuta a lunga scadenza dello spogliatoio con la vicenda rinnovi contrattuali sempre in primo piano, la concorrenza spietata in squadra che potrebbe aumentare i musi lunghi. Tutti rischi calcolati nel corso dell’estate, con i risultati che, al solito, rappresenteranno il collante principale per tenere tutto unito. E il Vicenza? Quello visto con la Pro Patria è stato il miglior Vicenza della stagione. Pratico, corto, veloce nelle ripartenze. E’ bastato accantonare l’esperimento di Rossi assieme a Della Latta (ieri squalificato), mettendo accanto all’ex Reggiana un corridore come Zonta e le cose sono migliorate sensibilmente. Il resto lo ha fatto un Rauti restituito accanto a Morra, per una coppia gol che sulla carta si integra alla perfezione. C’è chi guarda già al derby ottobrino Padova-Vicenza, ma ribadisco che i campioni non si vincono solo con gli scontri diretti, ma mettendo un mattoncino alla volta anche contro le squadre di bassa classifica.
Pillole sparse. Il Trento ha battuto l’Arzignano con merito, nonostante l’emergenza a centrocampo. Senza Di Cosmo, Sangalli e Giannotti non era semplice portarsi a casa tre punti, ma rimanere senza vittorie anche dopo la partita con i giallocelesti sarebbe stato pesante dal punto di vista psicologico. Ha segnato Di Carmine e con lui davanti il Trento acquisisce peso e profondità, pur essendo Petrovic un ottimo giocatore. Trento – Caldiero domenica (al Briamasco?) sarà una partita tutta da seguire. L’Union Clodiense ha messo l’elmetto e ha capito che per salvarsi deve fare punti ovunque. Un punto qui, uno lì, una vittoria ogni tanto e si potrà arrivare a destinazione, sperando che il Ballarin sia disponibile il prima possibile e non oltre l’inizio di novembre. Traballano le panchine di Bruno ad Arzignano e di Gastaldello a Legnago (quattro sconfitte in quattro uscite, un inizio disastroso, la prossima sarà l’ultima spiaggia). Ottimo il Südtirol che espugna Reggio Emilia (la Reggiana non aveva mai perso al Mapei), avanza a piccoli passi pure il Cittadella, che rosicchia un punto al Catanzaro in una partita tutt’altro che esaltante.
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