Udinese, prima, sporca e cattiva. Verona, Sogliano come Re Mida. Venezia, perché non abbandonarsi al pessimismo. Vicenza, Padova, Triestina, Feralpisalò: perché in C non c’è una squadra ammazza campionato
martedì 3 Settembre 2024 - Ore 00:16 - Autore: Dimitri Canello
Sono passate soltanto tre giornate, ma vedere l’Udinese a quota 7, dopo aver battuto Lazio e Como e aver imposto il pari al Bologna, fa davvero un bell’effetto. Non sono sorpreso che Runjaic abbia subito preso possesso della squadra e che la stia guidando per mano a inanellare risultati esaltanti. Non bisogna correre, né immaginare una cavalcata verso chissà dove, ma ero e resto convinto che l’Udinese quest’anno possa salvarsi non dico comodamente, ma sicuramente non all’ultimo minuto dell’ultima giornata come fatto nel campionato scorso. Ho preso informazioni su Runjaic fra addetti ai lavori, procuratori, operatori del mondo dei media e ne ho ricavato un plebiscito a favore. So che l’Udinese, prima di procedere a una scelta rivoluzionaria, ha fatto lo stesso. Lo ha seguito, ha accumulato relazioni su relazioni, ha mosso tutti gli informatori di sua conoscenza e alla fine Gino Pozzo ha messo il timbro. Il resto lo hanno fatto giocatori più maturi (leggi Lucca, Okoye), campioni del mondo ritrovati (Thauvin), una difesa rocciosa, in attesa di vincere le tante scommesse che come sempre hanno animato il mercato internazionale della splendida rete di scout al servizio della proprietà. Oggi l’Udinese è prima, sporca e cattiva. Ha imparato, insomma, a sporcarsi le mani quando serve.
Se l’Udinese ride a 32 denti, anche il Verona si gode una partenza straordinaria. Alzi la mano chi, con Napoli, Juve e Genoa a Marassi avrebbe scommesso sui gialloblù a quota sei dopo tre partite. Anche qui, di scommesse, continuano ad esserne vinte a raffica. Sogliano, da quando ha lasciato Padova con nulla in mano e con risultati modesti a fronte di tanti soldi fatti spendere alla proprietà, è diventato una sorta di Re Mida del calcio. Su dieci operazioni in entrata e in uscita ne avrà sbagliata una (Tavsan), il resto rappresenta un successo clamoroso sotto tutti i punti di vista. Altri esempi? Tchatchoua è diventato una locomotiva sulla fascia, Tengstedt a detta stessa di Zanetti è un futuro crac, Belahyane è il prossimo pronto a esplodere. Accanto a qualche usato sicuro (Lazovic) e ad altri giocatori in procinto di accendersi (Coppola), la squadra ha travolto il Napoli, ha perso male con la Juve e ha fatt0 un figurone a Marassi, battendo l’ex Gilardino. La strada è ancora lunga, ma fino a questo momento tutte le premesse indicano una salvezza più che possibile.
Come sta il Venezia? Non bene, a livello di classifica, anche se vedendolo giocare non si direbbe una squadra ultima in classifica dopo tre giornate. Inutile nascondersi: per la salvezza è durissima, il mercato non ha portato colpi a cinque stelle e giocatori di esperienza, tranne Duncan. Ci sono tante scommesse (Schingtienne, Yeboah, Sagrado, Raimondo), giovani che vogliono finalmente fare il salto di qualità (Nicolussi Caviglia) e il blocco dello scorso anno. E’ opinione comune che, con queste premesse, non resterebbe che farsi il segno della croce per centrare l’obiettivo salvezza. Proviamo a usare l’ottimismo, nonostante sulla carta sia oggettivamente difficile individuare tre squadre più deboli del Venezia. Ci sono (anche) motivi per essere ottimisti, considerata la qualità del gioco che la squadra ha saputo offrire in queste prime partite. L’ingresso sulla scena di Hans Nicolussi Caviglia è stato incoraggiante, il ritorno di Busio che potrebbe essere schierato sulla linea dei trequartisti al rientro dopo la pausa è un altro elemento che fa sperare. Poi c’è la qualità del gioco offerto che è stata ottima. Il fraseggio nello stretto funziona, gli inserimenti pure, la difesa ha subito un solo gol in due partite e sta crescendo d’intensità. Ci sono tanti giocatori non al meglio o assenti (Pohjanpalo, Busio, Schingtienne, Yeboah, lo stesso Nicolussi Caviglia) che potrebbero aiutare un’impennata di rendimento verso l’alto della squadra. Per ora ci fermiamo qui, anche se perdere quando anche il pari sarebbe stato stretto e quando giochi bene a cinque minuti dalla fine, oggettivamente è un segnale inquietante. Dopo la pausa il calendario non aiuta (ecco il Milan affamato di punti e di vendetta), ma oggi vogliamo lanciare un messaggio di speranze e non cedere al pessimismo dilagante.
Chi vince il girone A in Serie C? La domanda rimbalza in ogni dove e la risposta, mai come quest’anno, è oggettivamente difficile. Abbiamo rinunciato alle griglie per una ragione ben precisa. Ci sono tante e tali variabili in gioco nel corso di un campionato che immaginare a priori un vincitore risulta come tirare la monetina. Può cambiare un allenatore sbagliato, può intervenire un mercato riparatore in meglio o in peggio, ci possono essere diatribe in spogliatoio, si può creare o ricomporre una frattura società-tifosi, ci possono essere infortuni gravi. Quest’anno oggettivamente, non vedo una squadra ammazza campionato. Non lo è il Vicenza, che ha perso interamente la sua spina dorsale, e quando ne cambi tre pezzi su quattro immaginare di ritrovare subito gli antichi equilibri è davvero complesso. Non lo è il Padova, una squadra equilibrata e con dei valori, ma con un ambiente spaccato e con una dirigenza contestata. Non può esserlo la Triestina, soprattutto dopo che l’abbiamo vista a Legnago giocare la peggiore partita degli ultimi dieci anni in superiorità numerica per 82 minuti. E neppure la Feralpisalò, partita male e con un Diana che sembra per ora quello di Vicenza e non quello di Reggio Emilia. Per un motivo o per l’altro, non vediamo nessuna di queste quattro sorelle in grado di staccare la concorrenza nettamente. Magari la vincitrice arriverà da questo gruppetto, magari ci sarà un’altra sorpresa (al Lecco manca un centravanti di spessore, l’Atalanta è la solita squadra garibaldina ma non attrezzata per il traguardo massimo almeno sulla carta). Certo, si possono ricavare indizi sparsi qua e là da queste prime giornate: il Padova ha giocato bene, ha segnato cinque gol e non ne ha subito nessuno. Ha avuto un pizzico di fortuna, magari, ma si è meritato quello che ha portato a casa. Andreoletti per ora è partito bene e la scommessa più grande di tenere alte le motivazioni a chi, come Liguori, Bortolussi, Delli Carri e Varas avrebbe voluto la B, è quella da vincere per primeggiare. L’ambiente è ostile, ma allo stesso tempo per cinque anni tutti, ma proprio tutti, hanno sostenuto società e squadra e hanno collezionato solo secondi posti, esoneri incomprensibili e sconfitte sempre quando si doveva fare l’ultimo passo. Ora che il vento è cambiato chi può dire che questo non sia da stimolo per una squadra che cerca finalmente l’ultima arrampicata? Il Vicenza visto in queste prime due giornate non mi ha entusiasmato, sono sincero. Ma era prevedibile che accadesse, per tanti motivi. Della Latta è un giocatore che a questi livelli può ancora dire la sua, l’unica perplessità è che in un centrocampo a due se schieri l’ex capitano della Carrarese, accanto serve un pedalatore e Carraro non lo è. La squadra costruita mi sembra buona, ma non mi pare una corazzata e quando un allenatore lavora tanto per costruire un equilibrio e poi succede che il destino ti azzoppi tre colonne della squadra è chiaro che ci voglia tempo per rimettere insieme i cocci. La bella Triestina vista con l’Arzignano soprattutto nel secondo tempo è stata spazzata via da 90 minuti horror a Legnago. L’ultimo giorno di mercato per Alex Menta è diventato un incubo. A gennaio aveva in mano Krollis e Kiyine e non arrivò nessuno dei due, stavolta si è visto rifiutare 900mila euro dall’Albinoleffe per Zoma e il piano B era impossibile (come si poteva pensare che Tavsan scendesse di due categorie dalla A?). E’ arrivato Olivieri, un ibrido che non mi sembra un centravanti ma piuttosto una seconda punta adattabile a esterno. La pecca, in questo caso, è che ci doveva essere un piano B e quel piano B non c’era. O se c’era è evaporato. Anche questo servirà a Menta, che ha innegabile fiuto per i talenti, per crescere come dirigente. L’Union Clodiense ha strameritato la vittoria, giocando in dieci meglio della Triestina e sfiorando persino un clamoroso raddoppio. Concediamo una prova d’appello all’Alabarda, già contestata, ma quello che abbiamo visto sabato ci ha messo addosso più di qualche dubbio che il primo posto sia raggiungibile con queste premesse. Menzione speciale per l’ex Antonio Andreucci. Ha un’occasione che gli era sempre stata negata che vuole sfruttare ad ogni costo, il resto lo ha fatto il direttore sportivo Alberto Cavagnis che gli ha messo a disposizione un organico pronto al 95% per il ritiro. Il Trento ha rischiato grosso col Lecco: al 91′ stava per incassare la terza sconfitta consecutiva fra campionato e Coppa Italia, gioca bene ma davanti sembra sempre in deficit. Ci ha pensato Petrovic, proprio lui, con un gol in mezzo a una selva di avversari, in attesa di capire se Di Carmine ha ancora voglia di stupire a 36 anni oppure se è venuto a svernare senza più motivazioni. Chi lo conosce giura per la prima versione, presto capiremo.
Resta la Serie B. Il Cittadella è passato in pochi giorni dal pasticcio con la distinta della partita col Pisa e da un punto conquistato con l’aiuto della dea bendata, a una prestazione eccellente a Modena. Non inganni il fatto che Maniero sia stato il migliore in campo, i granata mi sono piaciuti davvero molto. Bisoli è sempre lo stesso, dopotutto: quando arriva in una piazza è una scossa di terremoto al primo anno e porta risultati incredibili, il problema è sempre l’anno successivo, quando prende potere e si ritrova a percorrere sempre gli stessi vicoli ciechi. Il finale di mercato ha portato in dote Piccinini e Voltan, che difficilmente lasceranno il segno nell’immediato, ma ha messo in vetrina un Ravasio che sta dimostrando tutte le sue doti. Sì, era pronto per la B e ci sbilanciamo. Ha segnato un bellissimo gol a Modena e può continuare a stupire. Ha tutto per compiere il salto di qualità e in un ambiente come Cittadella può trovare la sua definitiva consacrazione
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