Udinese, il finale più bello nell’anno più brutto. Venezia, tre anni dopo di nuovo a un gradino dall’Olimpo. Vicenza, avanti tutta con merito: ecco l’unico problema. Mirabelli, ora dimissioni. Triestina-Santoni, ok la scelta è giusta. Verona, Setti e un record troppo sottovalutato
domenica 26 Maggio 2024 - Ore 23:59 - Autore: Dimitri Canello
Da pochi minuti ecco l’ultimo verdetto. L’Udinese si salva in extremis espugnando Frosinone e portando a casa una salvezza che a un certo punto pareva insperata. Il gol decisivo lo segna Keinan Davis, che arriva tardi, ma non fuori tempo massimo. Era l’acquisto che avrebbe dovuto tamponare la partenza di Beto, per un anno intero non ha dato segni di vita. Ma si è risvegliato nel momento più difficile, quello decisivo, quello un gol vale una stagione. A retrocedere il Frosinone, che ha avuto la colpa di giocare con la paura cucita addosso oltre che con una buona dose di sfortuna nel momento decisivo, quella paura trasmessa da Di Francesco che non prometteva nulla di buono. L’Udinese oggi festeggia, ma per ricominciare dovrà cambiare tanto dopo aver sbagliato tanto. Se cambi tre allenatori in una stagione e salvi la pelle con una salvezza non del tutto meritata per quanto visto, devi sfruttare l’assist che il destino ti ha fatto e ricominciare con prospettive diverse.
Tre anni più tardi, riecco il Venezia che bussa alla porta della Serie A. L’ultimo ostacolo è la Cremonese di Dennis Johnsen, neanche un minuto nella semifinale di ritorno contro il Catanzaro. Simbolo di un mercato in disarmo a gennaio, si è trasformato per ora in una cessione indovinata, ma i coni si fanno alla fine. Il Venezia ha giocato una semifinale eccellente con il Palermo, ha meritato di vincere sia all’andata che al ritorno. Ha trovato il miglior Pierini nel momento più importante dell’anno, ha dimostrato di poter fare a meno anche dei gol di Pohjanpalo, ha ritrovato un terzetto difensivo all’altezza della situazione, sa di poter contare su Tessmann e Busio che ultimamente non sbagliano un colpo, ha scoperto che sugli esterni i recenti stenti possono essere dimenticati, con un gol da quinto a quinto che è esattamente nei dettami di quella scuola – Conte che Vanoli ha imparato alla perfezione. Il tecnico andrà via a fine stagione, ma vuole lasciare un po’ come ha fatto Thiago Motta, con un risultato trionfale. Dovesse riuscire a riconsegnare la massima serie alla città sono straconvinto che stavolta il Venezia non sarebbe una meteora ma, con nuovi soci, un nuovo stadio in arrivo, con un centro sportivo coi fiocchi e una dirigenza capace potrebbe aprire un ciclo. Ma prima c’è l’ultimo step, quello più difficile. Bisogna battere la Cremonese, quella che per tutti aveva l’organico più attrezzato, più completo, più profondo. Quella che un Ravanelli gigante della difesa, uno Zanimacchia formato superlusso, un Franco Vazquez in forma smagliante, un Massimo Coda per tutte le stagioni, un Pickel che a centrocampo cattura più palloni di una calamita. Se pensiamo che Stroppa può permettersi il lusso di tenere in panchina, nell’ordine, Tsadjout, Johnsen, Falletti, Marrone, Lochoshvili, ci rendiamo perfettamente conto di quanto difficile sia il compito che aspetta il Venezia. Il Penzo è già pronto per spingere la squadra all’impresa, basteranno due pareggi, ma la squadra ha già dimostrato più volte di non saper fare calcoli.
Il Vicenza ha battuto il Padova nel derby, superando così i quarti di finale con pieno merito. Non ha subito neppure un gol da quando sono iniziati i playoff, all’andata al Menti si è dimostrato superiore, al ritorno ha giocato molto meno bene ed è stato sostenuto da un pizzico di fortuna nel momento di difficoltà. Ma il lavoro di Vecchi, che ha indovinato il cambio decisivo inserendo una punta nel momento di massima difficoltà, è straordinario. Il tecnico ha capito che la squadra era troppo lunga e che Greco non riusciva a raccordare centrocampo e attacco. Quando Tronchin si è fatto male, anziché inserire un altro centrocampista, ha spostato Della Morte nel ruolo di trequartista e inserito Pellegrini, che nel giro di dieci minuti è risultato subito decisivo sul gol del vantaggio. Venti risultati utili consecutivi, una sola sconfitta col minimo scarto a Lumezzane, un Ferrari restituito agli antichi splendori, una difesa che non prende gol. Il Vicenza, così com’è, fa paura, ma ci sono anche i timori, in chiave semifinale contro l’Avellino, di essere un po’ corti a livello di rosa. Tronchin quasi certamente non ci sarà, Cavion dovrà rimanere fuori due mesi, Rossi e Proia non sono al top. Sinora hanno giocato (quasi) sempre gli stessi e questo, con partite ogni tre giorni, può rappresentare un problema.
Dopo l’eliminazione ai quarti di finale del Padova per mano del Vicenza, che ha dimostrato nel complesso delle due partite di essere più forte sostenuto anche dalla fortuna negli episodi chiave, sul banco degli imputati sale inevitabilmente il grande fautore dell’esonero di Vincenzo Torrente e del mercato di gennaio, ossia Massimiliano Mirabelli: “Se le cose non andranno bene, mi prendo le mie responsabilità e sarò io il responsabile”. Lo disse il ds il 9 aprile, giorno della presentazione di Massimo Oddo. Ieri in sala stampa, però, nessuna traccia di chi avrebbe dovuto metterci la faccia, l’unico a mettercela il più degno, Peghin. Anzi, sollecitato sul perché non si fosse presentato ai microfoni per spiegare il suo fallimento, il diretto interessato si è pure risentito (sostenuto dai propri fiancheggiatori che un tempo giuravano fedeltà a Bonetto e che hanno cambiato casacca alla velocità della luce), con modalità in linea con quanto dimostrato nel corso della sua esperienza a Padova su cui preferisco soprassedere. Tre anni a Padova, risultati sportivi zero, se non quelli economici, ossia le cessioni dei pezzi pregiati, anche e soprattutto grazie al lavoro di altri. Mirabelli sa vendere? Sì, sa vendere e per questo motivo gli hanno rinnovato il contratto fino al 2026 (!!!), il problema è che gli è mancato tutto il resto. In tre anni, si è reso protagonista di una gestione infarcita di tracotanza e di superbia, non ha mai legato con la piazza, è stato difeso anche quando era indifendibile e ha pure fatto l’offeso, c’era sempre un colpevole su cui scaricare la colpa, ha collezionato assenze strategiche nei momenti topici della stagione. Tre anni, tre esoneri, sempre convincendo la proprietà che quella era la strada giusta. Possibile sia sempre colpa dell’allenatore? Mirabelli è stato il più contestato (in modo sacrosanto) sabato sera dagli ultras, che non hanno risparmiato neppure Alessandra Bianchi. Nelle cinque gestioni di Oughourlian in cinque anni c’è sempre un filo conduttore e cioè la scelta sbagliata dei dirigenti. Prima, dopo aver individuato Giuseppe Magalini come prescelto (scelta giustissima), ce lo si è fatti soffiare proprio dal Vicenza, poi portato in Serie B al primo tentativo. Poi, quando è stato mandato via Sogliano, ecco che si poteva nuovamente prendere Giuseppe Magalini e stavolta, per ripicca per il precedente vicentino, si è scelto Mirabelli. Si può governare la società con le ripicche? Al lettore la risposta. Col risultato che dopo due anni e mezzo Magalini ha portato il Catanzaro prima alla promozione in Serie B e poi a un passo dalla A e il Padova è sempre in Serie C. Con un ds con due anni di contratto da cui ci si aspettano per coerenza dimissioni immediate anche se dovesse avere già in mano la firma di Domenico Toscano, con una dirigenza che non riesce proprio a capire la città e a cui sbattono tutti le porte in faccia. E’ la città che non capisce Oughourlian e i suoi fedelissimi, oppure il contrario?
Nella serata in cui finisce il campionato di Serie A, c’è spazio per ricordare che in settimana ha parlato Maurizio Setti. Contestato perennemente, eppure capace di tenere la piazza per dieci anni consecutivamente, con il prossimo in arrivo. Setti sarà pure antipatico, non avrà possibilità illimitate, avrà commesso errori, ma nel suo ragionamento dal punto di vista logico tutto fila perfettamente. Sa governare un club anche in mezzo alle difficoltà finanziarie? Sì. Sa scegliere i suoi collaboratori? Sì. Sa quando cambiare? Sì. Ha portato fior di allenatori a Verona in questi anni? Sì. Ha portato fior di giocatori in ogni stagione? Sì. Sempre e solo merito dei dirigenti, oppure c’è anche un presidente che capisce di calcio e che sa come trarre il massimo dalle sue (limitate ) risorse? La salvezza di quest’anno è un capolavoro assoluto che ha due protagonisti in vetrina. Sean Sogliano, che evidentemente a Verona riesce a dare il meglio di sé e che ha trovato la piazza adatta per sfruttare le sue qualità e per dimenticare gli errori di Padova, ha rivoltato l’organico come un calzino e ha affidato a Baroni una squadra vera, non fatta di rattoppi e di rammendi. Il tecnico ha completato il capolavoro con una gestione perfetta e con un finale straordinario. Riuscire a salvarsi addirittura con una giornata di anticipo è qualcosa di eccezionale ed è giusto che sia ds che allenatore raccolgano i giustissimi elogi. Ora forse Baroni se ne andrà, Sogliano penso più difficilmente, ma non bisogna mai dimenticare Setti quando si parla di Verona. Perché non è scontato avere un presidente così.
Una parola sulla Triestina. Se mi chiedete cosa penso di Michele Santoni, non ho dubbi: approvo senza “se” e senza “ma” la scelta di Alex Menta. Non ero d’accordo (eufemismo) con la scelta di Roberto Bordin e i fatti mi hanno dato ragione, perché il tecnico ha peggiorato la posizione di classifica conquistata da Tesser e ai playoff non ha certo fatto meraviglie. Tutte le referenze raccolte su Santoni, che ha ben allenato il Dordrecht, sono positive. Sarà pur vero che è una scommessa, ma stavolta è una scommessa che ha un senso e che potrebbe regalare ottimi risultati. Ora Menta non deve commettere l’errore di puntare solo su prospetti stranieri e di mixare il tutto con italiani che conoscano la categoria. La Triestina il prossimo anno sarà protagonista, se dovessi scommetterci non esiterei neppure un attimo nell’indicarla fra le favorite. A Trento, infine, si costruisce il futuro. Se davvero Baldini verrà confermato e con Zamuner al timone sarà un’ottima scelta, le premesse per scalare ancora qualche gradino ci sono tutte.
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