Verona, il restyling -capolavoro che può condurre alla salvezza. Venezia, la forza della rosa e dei ricambi. Padova flop? No, è un Mantova stellare. Vicenza, ai playoff si può. Trento, effetto Baldini. Un Legnago da sogno
lunedì 11 Marzo 2024 - Ore 00:15 - Autore: Dimitri Canello
Non ho la certezza che il Verona si salverà, ma se dovessi puntare qualche penny sull’Hellas non avrei dubbi. Aver battuto Sassuolo e Lecce in sette giorni ha un valore incalcolabile, non soltanto sulla classifica, che si è fatta improvvisamente bellissima. Se tutto andrà per il verso giusto, la salvezza avrà un valore persino superiore a quella clamorosa dello scorso anno. Riuscire a inventare un completo restyling a gennaio facendo partire tutti i migliori e sostituendoli con una serie di scommesse dall’estero è qualcosa che rimarrebbe negli annali, se l’operazione andasse a buon fine. Ma dirò di più. Se anche andasse male, il solo fatto di essere riusciti a costruire una squadra praticamente da zero che è in grado di lottare fino all’ultima giornata per il traguardo finale è qualcosa di incredibile di cui va dato merito a Sean Sogliano in primis e poi a Marco Baroni. Più volte sull’orlo dell’esonero nel girone d’andata, anche il tecnico è stato magistrale nel plasmare una squadra a sua immagine e somiglianza inserendo i nuovi misurandone con cura l’impiego e il minutaggio. Dopo il lancio di Noslin e di Swiderski, il prossimo che mi aspetto possa fare il salto di qualità è Mitrovic, un piccolo gioiellino che deve ancora far vedere quello che sa fare. A Lecce, prima di un finale bruttissimo con una scena da censura che ha visto protagonista Roberto D’Aversa, l’ha decisa Folorunsho, un altro che ha fatto passi da gigante in pochi mesi. In serata c’è stato il chiarimento D’Aversa – Henry, ma il brutto gestito dell’allenatore del Lecce resta da libro nero.
Il Venezia non molla la presa, non arretra di un centimetro, batte anche il Bari , si gode una rosa che sarà pure inferiore tecnicamente a quella di Cremonese, Como e Palermo, ma che non sta sfigurando affatto al cospetto delle rivali. Oggi Vanoli è terzo a due punti dal secondo posto, si gode un Gytkjaer “riserva” extralusso, un Pohjanpalo che ha acquisito una continuità da Serie A, un Altare a cui la panchina sta onestamente strettissima per tanti, troppi motivi e un parco giocatori che offre alternative valide in ogni reparto. Il legame fra Antonelli e Vanoli, messo in crisi dallo sfogo del tecnico post mercato di gennaio, è tornato più solido che mai e questa è la vera arma da giocarsi quando si scende in campo contro avversari a cinque stelle, Cremonese su tutti. Il Cittadella si è preso un punto a Cosenza buono soltanto per interrompere la caduta libera e le otto sconfitte consecutive con cui si è presentato al Marulla. Gorini ha scelto la difesa a tre, ha fatto scelte forti come l’esclusione di Kastrati, ha optato per una partita ultra difensiva che ha prodotto il nulla o quasi davanti, ma che in questo momento aveva ben poche alternative per salvare la pelle e per provare a ripartire. Del resto, per la prima volta in settimana Andrea Gabrielli aveva lasciato intendere che, in caso di ulteriore sconfitta, qualcosa sarebbe potuto accadere. Non accadrà, almeno per ora, ma il Cittadella non è guarito e dovrà lavorare per svoltare davvero. Brutto ko per il Südtirol: s’inchina a un fuoriclasse della categoria come Daniele Verde, che riporta lo Spezia a galla, ha cinque punti di vantaggio sulla zona playout e non può dirsi ancora al sicuro. Le note liete: un cecchino di nome Casiraghi dal dischetto ma non solo (la Triestina in estate ci aveva visto giusto con un’offerta da urlo), il ritorno di Odogwu, la crescita di Molina, la tenuta di Kurtic. Le note stonate: la stecca di Peeters, il nervosismo di Tait, una difesa che non offre garanzie granitiche, l’incostanza della squadra nel suo complesso.
In Serie C è stata la settimana dell’allungo vincente del Mantova. Che dire? Niente più che fare i complimenti alla capolista, che ha una proiezione che viaggia spedita verso i 90 punti, un rendimento mostruoso che non ha mai subito una vera frenata, perché anche quei pareggi lungo il percorso, a leggerli bene, non tradivano alcuna vera incertezza. Il Padova ha perso la sua prima partita stagionale fuori casa a Gorgonzola con la Giana Erminio. Diciamolo chiaramente: ha giocato malissimo e ha meritato ampiamente la sconfitta. La quarta fatica in dieci giorni ha tagliato le gambe ai biancoscudati. Vincenzo Torrente ha fatto turnover, inevitabile dopo tre partite a mille all’ora e, giusto per essere chiari, è stata ridicolizzata la teoria che fosse sufficiente passare al 4-3-3 per risolvere tutti i problemi della squadra. Il Padova ha fatto un signor campionato fino a questo momento, l’anomalia è una sola e si chiama Mantova. Se di fronte hai un avversario che sembra sbarcato da Marte, che gioca un calcio divino e infligge lezioni a più avversari, ogni più piccola sbavatura sembra un peccato mortale e tutto viene ingigantito. Torrente ha perso due partite in sette mesi, ha fatto 65 punti e potrebbe arrivare a 80 a fine regular season, fuori casa non perdeva da un anno, cosa si poteva chiedergli di più? Chi parla di fallimento non sa quello che dice. Forse bisognerebbe semplicemente ammettere che c’è stato un direttore sportivo (Christian Botturi) che ha fatto meglio di tutti gli altri direttori delle squadre trivenete spendendo meno soldi, che ha saputo puntare su un tecnico emergente che ha fatto il resto (Davide Possanzini) e che ha messo in piedi una signora squadra in 20 giorni di tempo. Inutile scatenare la caccia al colpevole, a volte bisognerebbe solo fermarsi e applaudire e questo è uno di quei casi. Sul Padova si potrebbe scrivere un romanzo, ma quando scrivevamo che non era tutto così automatico cambiando ben cinque giocatori a gennaio ci riferivamo proprio alla gestione dello spogliatoio. Perché se prendi Crisetig basta sfogliare il suo curriculum per capire che non può essere arrivato per fare panchina e mettere in discussione un caposaldo dello spogliatoio come Radrezza poteva portare con sé qualche inevitabile problema. Se poi Zamparo conferma di non essere quello di Reggio ma di essere quello di Chiavari, se Valente si infortuna sul più bello e se Tordini rimane ai margini è chiaro che non si possa aspettare miracoli da una squadra che aveva fatto un girone intero senza perdere. Risibile anche il discorso sugli scontri diretti: ha pareggiato a Mantova all’andata e ha perso male al ritorno, ha pareggiato sia all’andata che al ritorno col Vicenza, ha vinto a Trieste. E’ forse un ruolino di marcia da censura o tale da giustificare una caccia all’uomo sui social come se stessimo parlando di un autentico incapace? Meglio soprassedere.
Il Vicenza mercoledì all’Euganeo ha giocato un ottimo derby per sessanta minuti, fosse stato avanti 2-0 dopo un’ora non ci sarebbe stato nulla da dire. Poi, però, si è fermato e, incredibilmente, alla distanza è uscito il Padova che aveva giocato tre volte in una settimana contro nessuna dei biancorossi a causa del rinvio della partita col Fiorenzuola. Per questo il pari non è stato uno scandalo, sia pure arrivato su autorete. Poi c’è stato l’altro derby con l’Arzignano. Si è visto un Vicenza decisamente meno brillante, meno fluido nei movimenti, poco brillante nella gestione della palla e rivedibile anche in fase di non possesso. C’erano almeno due rigori, uno per parte e l’Arzignano ha fatto un’ottima figura, ma alla fine ancora una volta è stata decisiva la fisicità straripante dei biancorossi, che l’hanno risolta con il corazziere Golemic. Per i playoff il Vicenza è una delle favorite perché ha un organico ottimo i tutti i reparti e perché a gennaio è riuscito a fare pulizia all’interno dello spogliatoio, con una gestione diversa di quelli che per Diana erano problemi (Ferrari) e che adesso, al contrario, sono una risorsa (sempre Ferrari).
Vorrei dedicare, inoltre, un capitolo a parte a Massimo Donati e al Legnago. In estate avevo promosso a pieni voti la campagna acquisti estiva della società. I giocatori giusti al posto giusto, il resto lo ha fatto un allenatore protagonista della promozione dalla D e che, non solo si è ripetuto, ma è sbocciato in tutta la sua bravura. Oggi il Legnago è una squadra bellissima da vedere e anche efficace, Van Ransbeeck ha colpi incredibili, Giani è diventato un giocatore vero e anche Svidercoschi è sbocciato. Il resto lo fanno il dinamismo di Rocco, l’inserimento di Boci, un portiere che ha un grande futuro di fronte a sé (Fortin). Il sesto posto è qualcosa di clamoroso nella forma, non nella sostanza perché strameritato. Dove arriverà questa squadra che non finisce mai di stupire nessuno lo sa, ma sono curioso di vederlo.
Mentre la Triestina viene fermata dal maltempo, fari puntati sul Trento. Vittoria netta, più di quanto non dica il punteggio, sulla Virtus Verona e tabù Briamasco sfatato. Avevo subito avuto l’impressione che la scelta di Francesco Baldini fosse stata indovinata, perché uno spogliatoio un po’ svogliato, un po’ indolente, aveva bisogno di un allenatore caratteriale, che smuovesse le montagne. Oggi il Trento è dentro i playoff e ha tutte le possibilità di rimanerci: la linea verde sta pagando, Caccavo, Italeng e Puletto promettono scintille, la difesa si è registrata con la coppia Trainotti – Cappelletti che si integra bene, il resto lo ha fatto la crescita di Obaretin. Per Fresco, invece, una caduta libera difficile da spiegare. Certo, non ha aiutato la cessione di Casarotto a gennaio, gli infortuni picchiano duro, ma qualcosa si è inceppato anche all’interno della squadra. Oggi i playout distano sei punti. Un margine tutto sommato buono, ma il trend delle ultime settimane è molto preoccupante. Occhio, perché in C si fa presto a scottarsi.
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