Padova, una domenica da leoni (ma occhio al passato). Vicenza, il calcio dà, il calcio toglie. Triestina, a testa alta nonostante lo scandalo concerti. Venezia: perché si può
lunedì 25 Settembre 2023 - Ore 00:20 - Autore: Dimitri Canello
E’ stata la domenica del Padova. Una domenica perfetta, per gioco, ambiente, corsa, tecnica e meriti acquisiti sul campo. La Virtus Verona è stata battuta, come ha riconosciuto anche Gigi Fresco nel dopo gara, con pieno merito. I biancoscudati corrono, stanno scoprendo le nuove leve che, per adesso, dimostrano di avere fame e di non risentire del salto dalla provincia alla grande piazza. Capelli, Fusi e Varas vanno a mille all’ora, Villa cresce a vista d’occhio, Favale nella sua carriera piazze importanti le ha già calcate (Cesena), peraltro con buoni risultati. E’ presto per dire se il Padova potrà contendere il primo posto a Vicenza e Triestina che, quantomeno sulla carta, hanno qualcosa in più. Come si è visto in tempi recenti, però, non è che le classifiche rispecchino sempre i soldi spesi e i campionati non si vincono con le classifiche e le griglie estive: ci sono tutta un’altra serie di fattori che entrano in gioco. Oggi all’Euganeo c’erano oltre 4mila spettatori, un primo segnale in controtendenza rispetto al calo di pubblico certificato in queste prime settimane di stagione e quell’invito degli ultras alla squadra a recarsi sotto la curva (che per le note vicende non c’è ancora) addirittura a fine primo tempo ha commosso pure Vincenzo Torrente. Padova, però, dev’essere memore del passato, quando per esempio nell’anno di Sullo era partita a razzo e poi si squagliò, o come l’anno scorso quando strabiliò nelle prime giornate e poi evaporò per poi risalire solo nel finale di stagione. Gli autunni inoltrati e gli inverni nella città del Santo spesso sono stati complicati, per cui è bene usare prudenza. Oggi, però, si è vista una squadra compatta, rapida, veloce e con giocatori con fame di vincere. Una squadra che non è stata stravolta e che ha il vantaggio di avere lo stesso allenatore dell’anno scorso, a differenza di Vicenza e Triestina: che hanno scelto due top come Diana e Tesser, ma che hanno dovuto ricominciare dopo due anni tribolati.
Il calcio dà e il calcio toglie. Non sempre torti e favori si equilibrano, ma in quattro giorni il Vicenza è stato sui due lati della barricata. A Verona ha subito un gol irregolare e Sibi non è stato espulso per un calcione, forse involontario, a Ferrari. Ma che era pur sempre un calcione. Oggi contro la Pergolettese, il rigore che ha spinto i biancorossi alla vittoria secondo chi scrive e al netto di tutte le dichiarazioni raccolte, non c’era. In qualche modo, in due partite, torti e favori si sono compensati. Per il resto: dietro giocano sempre gli stessi, Pasini ha diversi problemi di pubalgia, De Maio è rimasto solo perché non è stata trovata una soluzione e a gennaio si riproverà a venderlo, anche su Sandon la società in estate aveva fatto più di qualche riflessione. A nostro avviso per essere perfetti manca un braccetto destro veloce che sappia dare il cambio ai tre titolari (che sono tre signori difensori, come Ierardi, Golemic e Laezza). La società potrebbe ancora pescare fra gli svincolati e qualche nome appetibile è rimasto in vetrina. In tutta evidenza la rosa è la più competitiva del girone, ma se si vuole vincere è meglio non lasciare nulla d’intentato, neppure quello che in apparenza sembra un semplice dettaglio.
E’ competitiva, eccome se lo è, anche la Triestina. Le squadre di Tesser spesso partono male, ma quando ingranano poi fanno paura. Per ora sono arrivate tre vittorie e due sconfitte, la vetta non è distante anni luce e si può ancora recuperare il terreno perduto. L’errore che non deve fare l’Alabarda è quello di accontentarsi. E’ vero che è stato un anno di grandi cambiamenti, che l’organico della passata stagione è stato stravolto, che in panchina è arrivato un top trainer e che ci vuole tempo per amalgamare il tutto. Eppure la rosa è ottima, oggi lo ha dimostrato a Busto Arsizio e l’arrivo di D’Urso l’ultimo giorno di mercato è stato un’autentica bomba atomica per la categoria. Un giocatore del genere sposta gli equilibri e la Triestina deve augurarsi che stia sempre bene e che continui a fare quello che sta facendo. Ci sono alcuni stranieri che si stanno rodando, ma il vero problema di Trieste è l’esilio a Fontanafredda, il prato del Rocco distrutto dall’incompetenza e dall’approssimazione e da un’amministrazione comunale sconcertante, con la vicenda dei concerti di Ultimo e di Max Pezzali che fa gridare allo scandalo. Ma come si può giocare d’azzardo in questo modo, scommettendo che la Triestina sia promossa come prima oppure che esca prima del rush finale degli spareggi promozione? Gli stadi sono prima di tutto del fruitore più costante e non ci sono dubbi che questo sia proprio la Triestina. Mi rifiuto di pensare che non ci sia una qualche forma di tutela che preservi il club da quello che sta succedendo. In una nota emanata in politichese, il sindaco Dipiazza si è impegnato a far giocare in casa l’Alabarda in caso di playoff, ma se devo essere sincero quelle poche righe mi convincono molto poco. E credo che non si sia mai visto nella storia del calcio una squadra che potrebbe essere costretta a emigrare fuori provincia perché il suo stadio viene occupato per due concerti che si sarebbero potuti tenere a fine giugno, a luglio, o ad agosto e nessuno avrebbe avuto nulla da eccepire. Anzi, sarebbe stata una doppia vittoria per la città.
Il resto della C. Il Trento cade immeritatamente a Fiorenzuola ma offre ugualmente un quadro complessivo che lascia ben sperare: la chiave è Petrovic, se esplode si può ambire a un posto fra le prime 5-6 della classifica. L’Arzignano dopo una partenza horror si sta riprendendo, il Legnago secondo noi ha tutte le carte in regola per salvarsi.
Salendo di un gradino, ci spostiamo a Venezia. Ecco perché ci si deve credere (alla promozione). Perché la squadra è costruita bene, perché ci sono i ricambi in tutti i reparti, perché gli acquisti (Altare, Idzes, Lella e Gytkajer) sono stati indovinati, perché sono stati potati rami secchi (Cuisance, Haps, lo stesso Ceccaroni che in B non ha mai dimostrato di avere le motivazioni giuste), perché in giro non ci sono avversarie così superiori, né tantomeno invincibili. Perché l’ambiente si sta compattando attorno alla squadra, perché c’è un direttore sportivo eccellente e un allenatore che sta lavorando con la semina sia per il presente, sia per il futuro. Perché c’è uno dei portieri migliori della categoria, perché Pohjanpalo è rimasto, perché Pierini sta finalmente facendo il Pierini e perché se Cheryshev si ricorda di poter fare la differenza ci si può divertire. Il Südtirol piace, gioca con un baricentro più avanzato di una ventina di metri rispetto allo scorso anno, ha un Bisoli capace di lanciare giovani, di far brillare prodotti tipici che sembravano appassiti (l’ultimo caso, Cisco, prima Odogwu e Casiraghi e la lista potrebbe continuare) e quando segni più volte dopo il novantesimo significa che hai una squadra sul pezzo che ha la mentalità giusta per mantenere la categoria e magari replicare il miracolo playoff. Male, anzi malissimo il Cittadella. Col Como una pallida controfigura del gruppo che aveva incantato Marassi solo cinque giorni prima. L’augurio è che si sia trattato di una giornata storta, altrimenti ci sarebbe di che preoccuparsi.
L’Udinese faticherà quest’anno. Ha perso Beto e non lo ha sostituito adeguatamente, Lucca e Davis sono due scommesse che possono essere vinte, ma anche perse, per il resto sembra una squadra monca, che non ha ancora trovato al suo interno le risorse per evitare un campionato di sofferenza. Il Verona ha perso a San Siro col Milan, ma non ha demeritato. Finora ha fatto sette punti, più di Roma e Lazio e lo spirito sembra quello giusto. Anche qui l’obiettivo è la salvezza e anche qui l’obiettivo può essere raggiunto. Se poi 2-3 scommesse (Mboula, Suslov e Serdar, per esempio) venissero vinte, ecco che si potrebbe immaginare una stagione senza quegli affanni che lo scorso anno hanno tolto il sonno ai tifosi gialloblù
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