Cittadella, l’oro di Marchetti. Vicenza, eppure non è finita. Pordenone, basterà l’effetto Tognon? Venezia, fidati di Antonelli e di Vanoli! Triestina, Trento e Padova, così si può
lunedì 27 Febbraio 2023 - Ore 23:39 - Autore: Dimitri Canello
Ci sono direttori sportivi che sono autentici fenomeni. Basta guardare cos’ha fatto Giovanni Sartori prima a Verona (sponda Chievo), poi a Bergamo e adesso a Bologna. Un fuoriclasse della scrivania ai massimi livelli, che dove passa trasforma in oro il rame. Alle nostre latitudini, si può dire esattamente lo stesso di Stefano Marchetti. Fateci caso: anziché esonerare Edoardo Gorini, come reclamava il popolo nel momento di massima difficoltà, a Cittadella Marchetti ha dato forza all’allenatore. Non perché a Cittadella sia vietato esonerare, ma perché secondo Marchetti il problema non era il tecnico. Il problema era in alcuni giocatori non più sintonizzati sulle frequenze granata. Prendete nota: tutti quelli che se ne sono andati, secondo Marchetti, avevano fatto il loro tempo nella città murata al di là dell’aspetto tecnico, c’era qualcosa che non funzionava nel gruppo e serviva cambiare. Poi ad ogni sessione Marchetti tira fuori un coniglio dal cilindro: e quel coniglio stavolta è Giovanni Crociata, un impatto devastante sulla città murata e sul campionato. Sei gol in sette partite, equilibri spostati come montagne. Marchetti è un eccellente scopritore di talenti, soprattutto di attaccanti, ma non scherza nemmeno sul resto. Sa quando e come vendere, realizza plusvalenze vere in continuazione, fiuta gli affari e li insegue con tenacia finché non li concretizza. Insomma, un El Dorado per Andrea Gabrielli, che infatti negli anni ha cercato in ogni modo di bloccarne la partenza. Anni fa Marchetti era stato veramente a un passo dal Parma. Era praticamente fatta, non se n’è fatto nulla per motivi che forse un giorno i diretti interessati spiegheranno. Non sappiamo quanto e per quanto Marchetti resterà a Cittadella, ma sappiamo che meriterebbe una chance in un grande club. Nessuno sa se andrebbe bene o male, ma quello che ha fatto in 20 anni Marchetti per Cittadella meriterebbe un monumento.
A Venezia l’ultimo lunedì di febbraio è stato dedicato alle verità di Duncan Niederauer. Il presidente sembrava decisamente più tranquillo rispetto al recente passato, si è portato accanto Filippo Antonelli e questa presenza è molto significativa. Perché il presidente crede ciecamente nel suo direttore sportivo, che da quando è arrivato ha iniziato una silente, ma rumorosa rivoluzione. Sulla carta l’organico a gennaio si è indebolito, ma una squadra non la fanno solo i valori tecnici. Antonelli ha capito che è il gruppo era malato al suo interno, che certi giocatori, pur di categoria superiore, non avevano gli stimoli giusti. Ammettiamo di essere stati veramente in difficoltà nel dare un giudizio alla campagna acquisti di gennaio del Venezia. Perché sulla carta, crediamo che molti saranno d’accordo, i valori erano inferiori a quelli con cui si è iniziata la stagione. Eppure i giocatori giusti (Jajalo) nei ruoli giusti (Carboni ed Ellertson) hanno regalato a Paolo Vanoli un rimescolamento salutare. Il Venezia non è ancora fuori dal guado e probabilmente dovrà soffrire fino alla fine. Ma può farcela e deve fidarsi del suo direttore e del suo allenatore. Si respira davvero un’aria nuova in laguna, vedremo se sarà sufficientemente salubre per portare a casa la missione salvezza in un anno difficilissimo. Niederauer ha anche chiarito che sta trattando con tre diversi gruppi la cessione di importanti quote di minoranza. Ma ha aggiunto che la società non è in vendita e questa è una notizia molto importante.
L’ennesimo Monday Night ha inchiodato il Verona a un mortificante 0-3 con la Fiorentina. Un risultato davvero sorprendente, soprattutto considerata l’incostanza e l’inaffidabilità della Fiorentina di Vincenzo Italiano. Un risultato giusto nella sostanza, forse esagerato nelle proporzioni. Qualcuno ha forse cantato troppo presto vittoria dopo la resurrezione invernale. Una resurrezione che può ancora portare alla salvezza, ma se dovesse andare male a La Spezia, ecco che forse verrebbe vanificato tutto il lavoro fatto in queste settimane. Il problema del gol resta atavico e non è stato risolto neppure a gennaio, poi ci si è messo pure l’infortunio di Djuric a complicare ulteriormente le cose e resta poco comprensibile la scelta di affidarsi ancora a Lasagna davanti anziché dare fiducia al corazziere Gaich. L’ennesimo gol fallito dallo sciagurato attaccante gialloblù dimostra che probabilmente la Serie A oggi per Lasagna è troppo. Perché d’accordo far bene i movimenti, ma se 1,2,3, 5, 10 volte sbagli davanti alla porta qualcosa che non funziona c’è e bisogna prenderne atto una volta per tutte.
La Serie C, dunque. Il Vicenza, proprio nella settimana in cui il calendario lo spingeva a due mani verso la vetta, si liquefa miseramente contro il Sangiuliano City. Un assurdo motivato dalla sciagurata espulsione di Greco, come a testimoniare che ci vuole maturità ed equilibrio se ti stai giocando un traguardo grosso. E certe ingenuità non sono accettabili, più che mai dopo aver sfornato un gol capolavoro e aver dimostrato ancora una volta che tecnicamente il talento è sconfinato. Eppure il Vicenza riesce a sorridere pure in una giornata apparentemente disastrosa. Davanti vince solo il Lecco, frena la Pro Sesto, si annullano a vicenda Feralpisalò e Pordenone. Fossimo in Vecchi e pure in Di Carlo non saremmo contenti del pareggio del Monday Night. Perché non si può sperare di vincere un campionato a colpi di pareggi. Prima o dopo serve una zampata e quella zampata sta tardando troppo. Nella corsa promozione una variabile potrebbe essere il trasloco a Fontanafredda del Pordenone. Dal punto di vista ambientale, una bella spinta, mentre sul Vicenza sospendiamo il giudizio. Fino ad oggi non merita la promozione diretta, ma nonostante tutto la vetta dista appena quattro punti. Sarà decisivo, per mille motivi, lo scontro diretto del Turina fra due giornate. Lì tante cose saranno più chiare, perché per ora i difetti sono i soliti e dieci sconfitte per una squadra che vuole vincere il campionato sono decisamente un’enormità.
Pillole di Serie C da Padova, Trieste e Trento. Il Padova finalmente riesce a vincere una partita importante, a Novara esce l’1-3 e Vincenzo Torrente respira. Si posiziona al nono posto, scaccia l’incubo playout, può ancora risalire qualche posizione e dare un senso a un campionato sinora a dir poco mediocre. Segna Bortolussi e non è un caso che lo faccia finalmente dopo un’incursione e un passaggio dal fondo. E’ lì che si vedono gli attaccanti, il resto è ancora un cantiere aperto, ma il Padova deve credere in Torrente che sa quello che fa e che in questa categoria ha dimostrato di valere. Aljosa Vasic a fine stagione saluterà, perché uno come lui salirà probabilmente di due piani: sta per cambiare agente, ha sulle sua tracce Fiorentina, Roma, Spezia, Sassuolo ed Empoli e deve solo aspettare che i tempi siano maturi.
A Trieste per la prima volta da tempo immemorabile la squadra lascia finalmente l’ultimo posto. Un assurdo, considerato il valore dei giocatori, le spese fatte e le prospettive iniziali. Ma quando una squadra costruita per altri obiettivi entra in un vortice si fa fatica a uscirne. Il mercato di gennaio è stato buono, sia pure con i limiti che aveva l’operatività di chi si ritrova a gestire una squadra ultima in classifica. Il resto lo ha fatto il cambio in panchina da Pavanel a Gentilini e l’arrivo di aria nuova dalla campagna trasferimenti. La squadra non è perfetta, ma di sicuro vale ben di più di tutte le rivali per evitare la D. Non è detto che si salverà, però oggi ha di nuovo una prospettiva chiara attorno a cui lavorare, dopo aver trovato quell’equilibrio tattico che non aveva mai avuto.
Il Trento gode di un timoniere che in questa categoria fa la differenza come Giorgio Zamuner e la sua presenza ha permesso a Bruno Tedino di esprimersi al meglio. Una coppia di lavoro che aveva già fatto meraviglie a Pordenone e si completa tecnicamente al meglio. Non per caso le operazioni di gennaio hanno stravolto equilibri interni stantii, dando un senso a una determinata impostazione tattica. E così, lentamente, il Trento è tornato a fare punti, sbagliando solo la partita col Pordenone. Può entrare nei playoff o, come obiettivo minimo, centrare una comoda salvezza. Viste le premesse, è un traguardo assai significativo.
Gli ultimi frammenti del fine settimana: la Virtus Verona vince ancora ed è in zona playoff. Fresco sogna in grande ed è giusto che lo faccia, in un campionato che ha perso tutti i suoi riferimenti. Qualche vecchio leone in rossoblù fa ancora la differenza. L’Arzignano cede alla nuova capolista Lecco, ma non cambia di una virgola il giudizio su un campionato per ora strepitoso. Il Südtirol pareggia col Palermo e si gode un successo clamoroso sugli spalti. Oggi al Druso quota 5mila si raggiunge senza problemi e, pensando da dove si era partiti, questo è il meglio a cui si possa ambire, oltre che la cartina di tornasole di un percorso vincente. Se sarà playoff, sarà un capolavoro assoluto, se non sarà playoff, sarà comunque un grande risultato, tenendo presente che dopo tre partite la squadra era inchiodata a quota zero, quasi senza prospettive. L’Udinese si mangia le mani per l’ennesima occasione mancata con lo Spezia. E’ difficile trovare gli stimoli quando sai che la salvezza non è un problema e che forse l’Europa è al di sopra delle tue possibilità. Crediamo sia questo, dopotutto, il motivo per cui da troppo tempo la vittoria sembra sfuggire. Nessuno si strappa i capelli, ma nessuno è veramente convinto che si possa alzare l’asticella. Anche per questo, la vera svolta non arriva
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