L’entusiasmo che torna, il Penzo e la forza del Menti
martedì 14 Marzo 2017 - Ore 11:30 - Autore: Dimitri Canello
Venezia-Modena: 1921 paganti, 1111 abbonati, 3032 allo stadio domenica pomeriggio. Più in generale, 2970 spettatori di media nell’attuale stagione, quarto dato del girone. A Venezia si respira un’aria nuova, un entusiasmo che torna dopo l’ennesima ripartenza e l’ennesima vittoria in Serie D. Tre fallimenti, tre ripartenze. E adesso una rinascita che, settimana dopo settimana, sta coinvolgendo una fetta sempre più ampia di pubblico. Forse la società pensava in un ulteriore passo in avanti, ma complessivamente le cifre sono buone, sostenute sì da una classifica da leccarsi i baffi, ma anche dalla sensazione che ci sia davvero la possibilità di non navigare a vista. Il pubblico ci mette del tempo a tornare, ogni fallimento è una scure che produce i propri effetti non subito, ma qualche tempo dopo, quando passa l’entusiasmo per una vittoria nei dilettanti che ricompatta temporaneamente l’ambiente. Il punto fondamentale per il futuro, manco a dirlo, è il nuovo stadio a Tessera. Ci pensi bene, chi amministra la città, quando si tratterà di decidere in modo definitivo, magari dovendo calpestare qualche altro interesse e, una volta tanto, privilegiando quella che potrebbe essere una formidabile opportunità di crescita per l’intero territorio. La miopia degli amministratori di molte città, infatti, sta nel considerare snobisticamente il movimento calcistico, quasi fosse un male necessario e non un trampolino per la città e la provincia. Luigi Brugnaro è un uomo di sport, il basket da sempre a queste latitudini va a gonfie vele, la Reyer è un totem, il calcio attende solo di vedere qualcosa di duraturo dopo tanti schiaffi in faccia e non può sfuggire al sindaco che con Joe Tacopina passa forse l’ultimo treno possibile. Dovesse andare male, probabilmente il futuro sarebbe davvero nero. Perché nessuno, in assenza di un nuovo stadio sulla terraferma o della possibilità concreta di costruirlo, si avvicinerà più al “brand Venezia”. Ci aveva provato Korablin, rimasto prigioniero della svalutazione del rublo dovuto alla guerra contro l’Ucraina e delle ennesime promesse fatte e poi cadute nel vuoto, oltre che di un investimento che alla lunga non può essere sostenuto. Maurizio Zamparini era scappato per lo stesso motivo, sul territorio nessuno ha intenzione di prendersi la briga di gestire una situazione in perdita. Perché sarà affascinante quanto si vuole, ma il Penzo è del tutto inadeguato alla dimensione che Tacopina vuol dare alla città e al suo progetto. Insomma, la partita vera si gioca sullo stadio, per la sopravvivenza stessa del calcio in laguna. Il tutto mentre a Mestre stanno per riabbracciare il Baracca, in una domenica storica che rimarrà negli annali. Se ci sarà o meno spazio per due realtà calcistiche distinte a buoni livelli sul territorio sarà soltanto il tempo a dirlo. Intanto vanno applauditi gli sforzi di Stefano Serena, che ha rimesso in piedi uno stadio storico praticamente da solo. E che pare non volersi fermare.
Vicenza-Pisa: 4945 paganti, 5630 abbonati, 10575 spettatori. E una squadra che, in dieci contro undici, va sotto di un gol, ma non molla e, non soltanto riesce a pareggiare, ma pure a vincere mettendo la freccia con un rigore all’ultimo tuffo per una sciocchezza di Zonta che aggancia De Luca in area. Quando si dice che nei momenti difficili si vede la forza di una città e di una tifoseria, ecco ancora Vicenza. Sempre sull’orlo del precipizio, sempre a inseguire una tranquillità societaria che sembra utopia (Pastorelli, se riuscirà a risanare i disastri della precedente gestione, i cui effetti sono tutti nei libri contabili, avrà bisogno di tempo), eppure sempre capace di rialzarsi quando ha le spalle al muro. Anche qui si parla di nuovo stadio, con la differenza non certo trascurabile che il Menti, pur vecchio e con carenze strutturali ormai improcrastinabili da sistemare, è in pieno centro cittadino, non ha piste di atletiche come l’orribile Euganeo di Padova e ha il potere di far sentire il fiato sul collo all’avversario come ai tempi del Vicenza dei miracoli di Francesco Guidolin. Intanto sul campo, fra mille infortuni che gettano inquietanti ombre sulla preparazione estiva, Pierpaolo Bisoli sta facendo un mezzo miracolo, tenendo in piedi una squadra che, indiscutibilmente, è dalla parte dell’allenatore nonostante abbia all’attivo appena una vittoria in due mesi. Ci si salva anche così, tenendo la schiena dritta nei momenti più duri, raschiando il fondo del barile, passando sopra pure alle carenze di organico e a qualche scelta cervellotica o senza senso sul mercato. Se il Vicenza si salverà ancora lo dovrà soprattutto alla scelta di affidarsi a Bisoli. Che i suoi errori li avrà pure commessi, ma ha trascinato i giocatori dalla sua parte. Lo capirebbe anche un cieco, vedendo le partite che parevano perse e che sono state ribaltate con la forza della disperazione.
Commenti
commenti