Pordenone, Di Carlo mette il turbo: una vetrina meritata. Modesto parte bene, Verona e Venezia sono due polveriere. Chievo, l’unica fine possibile
lunedì 14 Novembre 2022 - Ore 00:14 - Autore: Dimitri Canello
Altra settimana e altri verdetti impietosi: perdono in 9 (Verona, Udinese, Padova, Trento, Cittadella, Venezia, Virtus Verona e Arzignano), pareggiano in due (Triestina e Südtirol), vincono solo in due (Vicenza e Pordenone). Le tre serie professionistiche regalano soddisfazioni col contagocce al Nord – Est del Paese.
Stavolta la vetrina la merita il Pordenone: tredici gol in tre partite, espugnata Piacenza, una marcia da primato anche senza quello che sarebbe dovuto essere il suo top-player, ossia Simone Palombi. Tutto va secondo i piani e cioè si intravedono in modo evidente le qualità di una rosa costruita con competenza e lungimiranza. La semina che oggi dà i primi frutti con il primato in solitaria comincia da gennaio scorso quando, con una retrocessione nell’aria, il club decide di liberarsi di tutti i contratti più pesanti per progettare la risalita immediata. Non sappiamo se il Pordenone riuscirà a tornare subito in B, ma ci sono tutte le premesse perché possa farlo. Soprattutto se Palombi si lascerà definitivamente alle spalle i guai fisici e comincerà a fare quello per cui è stato preso. Giocatori come Ajeti, Benedetti, Bruscagin, Burrai, Zammarini, Pinato sono da primo posto, a tutto questo dovrebbero aggiungersi Dubickas, che si è fatto attendere ma che adesso ha iniziato a ingranare e appunto Palombi. A inizio stagione si ipotizzava un duello fra i Ramarri e il Vicenza e non è detto che fra qualche settimana non possa prefigurarsi questo scenario. Francesco Modesto, al timone di una squadra partita per vincere, ha cominciato espugnando il Gavagnin. Non era facile, su quel campo sono cadute teste eccellenti e la Virtus Verona, sia pure nella stagione peggiore da quando si è guadagnata il professionismo, resta pur sempre un avversario spinoso. Modesto si è presentato con il suo marchio di fabbrica, il 3-4-3 (o la variante 3-4-2-1), che poi era il modulo con cui aveva cominciato la stagione Baldini, prima di virare sul 3-5-2. Le osservazioni tattiche sono le stesse che facemmo a inizio stagione. Gli equilibri difensivi con questo schieramento rischiano di essere fragili, molto lo potranno fare i braccetti accanto al centrale e i due esterni. Con questo modulo rischia di essere penalizzato Rolfini, mentre può tornare in vetrina Giacomelli. Con la Virtus il sistema ha retto, vedremo se con la Triestina sabato prossimo accadrà lo stesso.
Le dolenti note. Verona e Venezia sono due polveriere. L’Hellas ha perso la sua decima partita consecutiva, anche lo Spezia è passato al Bentegodi ed è esplosa la contestazione. Salvatore Bocchetti ha dimostrato di essere inadeguato al ruolo di nocchiero gialloblù, semplicemente perché in una situazione simile serve un allenatore con le spalle larghe e con esperienza, che faccia da scudo allo spogliatoio. Il momento potrebbe essere quello giusto per un nuovo ribaltone, i nomi di Andreazzoli, Ballardini e Iachini sono sempre attuali, ma quel che spicca in tutta evidenza è che il Verona non crea più occasioni da gol come faceva nelle due precedenti gestioni. Non ci sono più i cross dal fondo, l’infortunio di Faraoni pesa come un macigno, Henry senza rifornimenti è un agnellino, Djuric non può fare la differenza, i vari trequartisti non riescono a garantire continuità. Maurizio Setti si è presentato in sala stampa e ha fatto mea culpa e non poteva fare altrimenti perché il colpevole di questo disastro è lui. Dalle sue parole sembra essersene reso conto, perché se il Verona retrocede è un danno anche per lui. D’accordo il paracadute, ma quello che in pochi sembrano capire è che in A i ricavi sono ben superiori rispetto alla B e, a livello di equilibri economici, non c’è paragone. Rischia Bocchetti, ma rischia pure Marroccu.
A Venezia è esplosa la contestazione di alcuni gruppi ultras, con la città tappezzata di striscioni e di cartelloni. Al momento le premesse sono le peggiori possibili per Paolo Vanoli, che deve scalare lo Zoncolan per evitare il peggio. Contro la Reggina, nel primo tempo il mondo sembrava essersi capovolto. Occasioni a raffica, gol, gioco brioso, sovrapposizioni e verticalizzazioni. Insomma, sembrava che il nuovo tecnico avesse trovato la chiave giusta per la svolta. E invece nella ripresa sono riemerse tutte le lacune inquietanti viste nell’attuale stagione. Oggi, in tutta evidenza, al Venezia manca la società e in particolare l’area tecnica. Non c’è più quello scudo che garantivano Mattia Collauto e Paolo Poggi, che sono stati sostituiti da dirigenti alle prime armi che non hanno lo spessore per affrontare difficoltà simili. Vanoli dovrà essere più bravo anche di queste carenze per salvare la squadra, perché oggi la salvezza è l’unico obiettivo realisticamente raggiungibile. A capo di tutto c’è Duncan Niederauer, che probabilmente non si rende conto che l’ambiente che si è creato attorno alla squadra è figlio dell’inconsistenza e, in certi casi, della superbia dirigenziale dimostrata a tutti i livelli. Niente accade per caso e se, da un lato, i giocatori presi singolarmente sono ottimi giocatori e per questo il mercato a livello strettamente tecnico meritava un buon voto, manca tutto il resto e soprattutto lo scudo esterno di chi dovrebbe aiutare l’allenatore. Ha pagato Javorcic, ma non era certo il primo colpevole, Soncin è stato mandato allo sbaraglio, Vanoli avrà un compito difficilissimo, il resto è un gigantesco punto interrogativo.
L’Udinese cade a Napoli con onore, ma conferma la flessione evidente dopo un inizio di stagione entusiasmante. Oggi è in una posizione di classifica invidiabile con tante note positive che autorizzano un ottimismo non soltanto di facciata. Ma la magia sembra essere finita e forse la pausa arriva al momento giusto. Il Cittadella galleggia appena sopra la zona pericolo, le assenze pesano come macigni, il cammino resta lastricato di ostacoli. Anche qui la pausa potrà aiutare, sperando che i rientri Asencio e Branca possano aiutare Edoardo Gorini a rimanere sopra le sabbie mobili. A Bolzano festeggiano ancora, perché il pari di Bari è quasi una vittoria e perché le scorie del caso Masiello avrebbero potuto trasformarsi in un boomerang per la squadra. E invece gli effetti sono stati minimi, mentre sul campo Bisoli continua ad essere imbattuto con una serie di risultati straordinari che hanno portato il Südtirol addirittura in zona playoff. Il Padova cade a Sesto San Giovanni e dimostra una volta per tutte di non essere da primo posto. La rosa è corta, gli infortuni pesano e la magia d’inizio stagione si è già spenta. L’impressione è che la squadra abbia perso i riferimenti, i reparti sono troppo lunghi e la difesa viene spesso presa d’infilata. Come spesso accade nei momenti bui, poi, gli episodi anziché girare a favore girano contro, arbitraggi compresi. Il gol di Ceravolo segnato era regolare, ma è tutto quello che è accaduto prima e dopo che deve far riflettere e che non funziona. Caneo non è in discussione, ma deve riannodare i fili spezzati, altrimenti l’effetto domino rischia di trascinare al ribasso tutto. Come il Venezia, anche la Triestina sforna un primo tempo eccellente e sembra poter battere la capolista. Sembra uno scenario simile, con il raddoppio che non arriva per una questione di centimetri e lo scenario che muta alla velocità della luce. Alla fine arriva un pari e bene ha fatto Giancarlo Romairone a metterci la faccia a fine partita. Oggi è nell’occhio del ciclone, ma oggi serve tenere la barra dritta, perché fino a gennaio non si potrà intervenire per correggere la rosa. Buona la scelta tattica di Pavanel, che ha schierato il modulo più logico per questa squadra, il 4-2-3-1 che sembra fatto apposta per nascondere per quanto possibile i difetti del gruppo che sono emersi in modo chiaro. Passo indietro, sia a livello di gioco sia a livello di risultato, infine, per il Trento, che cade a Crema e dimostra di essere ancora convalescente. Mauro Giacca dovrebbe, a nostro parere, risolvere al più presto la questione direttore sportivo. Un ds puro serve, per dare forza al lavoro di Bruno Tedino e coprigli le spalle. Dal punto di vista tattico Tedino sta facendo le cose più logiche e la squadra oggi ha una sua fisionomia precisa. Pillola di chiusura per l’Arzignano, sconfitto dal Mantova. L’obiettivo resta la salvezza, ci si può arrivare senza troppi patemi.
P.S. Dopo 27 gradi di giudizio, 24 cautelari e 3 nel merito, è finalmente arrivata la parola fine sul Chievo. In Italia la questione si è chiusa, stavolta definitivamente, nell’unico modo possibile. Abbiamo letto le carte, abbiamo consultato i regolamenti, ci siamo fatti un’idea precisa al di là dei sofismi di certa stampa che ha provato a descrivere Luca Campedelli come un martire del pallone. Il Chievo doveva fallire, lo hanno stabilito tutti i gradi di giudizio dei vari tribunali, semplicemente perché le leggi e i regolamenti ci sono e vanno rispettati. La condotta della Figc è stata regolare, lo dicono i fatti e non le parole. I confronti con i club dei piani alti non stanno in piedi, semplicemente perché in B certi equilibri finanziari saltano e lo sa chiunque guidi un club calcistico. La scomparsa del Chievo è iniziata un attimo dopo la retrocessione in cadetteria. Il resto è storia di oggi, il resto sono solo pagine bianche dopo l’epoca d’oro, dove chi stava sul ponte di comando, alla fine, è rimasto vittima di se stesso.
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