Venezia, ricordi le parole di Modolo? Verona senza pace: rischio-retrocessione concreto e Setti vuole vendere. Bisoli da primato, solo applausi. La domenica del Vicenza, le cause della crisi della Triestina, la frenata di Padova e Pordenone
martedì 25 Ottobre 2022 - Ore 00:00 - Autore: Dimitri Canello
Il weekend lungo del calcio triveneto si chiude con la sesta sconfitta consecutiva del Verona, a cui per ora non è servito neppure il cambio di allenatore per fuggire dai bassifondi. Maurizio Setti in settimana ha rinnovato il contratto fino al 2027 a Salvatore Bocchetti, per dargli forza e per fissare un punto alla strategia societaria. Bocchetti è il presente e il futuro, ma dovrà per forza di cose portare anche i risultati, perché di quelli e non di altro vive ogni allenatore. Le prime due uscite sono state buone sotto il profilo del gioco, ma se contro il Milan si è perso perché di fronte c’era un avversario nettamente superiore, a Reggio Emilia si poteva fare molto di più, soprattutto se sottoporta non si fosse sbagliato l’impossibile. Henry, dopo una buona partenza, ha perso la via del gol e sembra involuto, Lasagna ha sbagliato un gol clamoroso, Kallon ha dribbling e spunto nello stretto, ma di gol a parte Empoli nemmeno l’ombra. La rete dell’1-0 è arrivata da un cross casuale di Ceccherini, per il resto un po’ di sfortuna, ma anche voragini preoccupanti in difesa, dove il Sassuolo ha costruito diverse palle-gol, colpito un palo e dimostrato che si può arrivare col gioco dove non arriva la tecnica. Merito del lavoro di Alessio Dionisi, che senza Berardi sta facendo davvero tanto. In riva all’Adige sotto accusa è finito Maurizio Setti, che i soliti ben informati dicono stia trattando la vendita della società in tempi rapidi e che ha smantellato una macchina che funzionava benissimo. Oggi è penultima, con il morale sotto i tacchi e proverà contro la Roma a interrompere la serie nera arrivata a sei sconfitte consecutive. Se il Verona piange, non ride neppure l’Udinese, che sporca appena un inizio di stagione meraviglioso perdendo in casa col Torino. Primo ko casalingo (prima o dopo doveva capitare), in una giornata in cui gli episodi hanno girato contro. Niente che infici l’ottimo lavoro di Sottil, quanto basta per ritararsi spingendo con forza il proprio progetto.
Scendendo di un gradino, la notizia indiscutibilmente resta il clamoroso exploit di Pierpaolo Bisoli sulla panchina del Südtirol. Probabilmente neppure lui si aspettava di fare così bene. Una marcia da promozione diretta da quando è arrivato in panchina e bene ha fatto a sottolineare che essere sesti oggi è qualcosa di fantastico. In un Druso pieno come nei giorni migliori (un segnale importante di come stia crescendo il seguito attorno alla squadra), il Südtirol gioca un calcio efficace e roccioso, difficile da contrastare se non vai al massimo e non sfrutti le qualità tecniche dei tuoi uomini migliori. In un campionato a dir poco indecifrabile in cui molti valori apparenti sulla carta sono capovolti, finché dura è giusto dare merito al lavoro di un tecnico che, negli ultimi anni ha dato il meglio di sé. Mentre il Cittadella avanza a piccolissimi passi in mezzo a una selva di squalifiche e infortuni (inqualificabile il gesto di Branca contro la Spal e doverose le scuse arrivate solo dopo quattro giorni), il Venezia oggi ha dietro di sé solo il Perugia. A capire quanto si stia rischiando è stato prima di tutti il capitano Marco Modolo, che l’11 settembre scorso dichiarò testualmente: «Credo che dobbiamo essere consapevoli che siamo in pericolo – disse il capitano lo scorso 11 settembre – e se non riesci a rialzare la testa rischi molto. Siamo in tempo, ma dobbiamo ritrovare la voglia di soffrire insieme e di lavorare da squadra. Dobbiamo lavorare ancora di più durante la settimana. E’ l’unica soluzione che vedo». Parole che, a distanza di un mese e mezzo, risuonano forti e chiare, come un monito che in pochi hanno capito, a giudicare da quanto si vede in campo. I miglioramenti ci sono, la sfortuna è indubbiamente ben presente, ma la panchina di Ivan Javorcic rimane traballante. La società difende il tecnico e spera in un’inversione di tendenza, ma è chiaro che dovranno arrivare i risultati, quelli che non sono arrivati sinora. Domanda da un milione di dollari: siamo sicuri che sia stata una buona idea trattenere giocatori che avevano offerte dalle categorie superiori stimolandoli con un aumento di stipendio? A giudicare da quanto si vede in campo, gente come Busio, Cuisance, Ceccaroni e Haps non sembra sintonizzata adeguatamente sulle frequenze della B, soprattutto ricordando le prestazioni che venivano offerte in Serie A, assolutamente superiori a quelle che si vedono oggi.
In Serie C il girone A per ora è un quiz. Tutte le big hanno già perso tre volte: Vicenza, Pordenone, Padova, Novara e Feralpisalò viaggiano molto vicine, mentre un’altra big come la Triestina è piombata in un loop mentale particolarmente preoccupante. Massimo Pavanel è entrato in corsa, ha aggiustato qualche equilibrio tattico, ma sinora ha perso tre volte su tre. Al momento non si vedono le premesse per un nuovo ribaltone, ma cosa accadrebbe se si perdesse anche col Mantova? A quel punto sarebbe inevitabile veder finire in discussione anche il lavoro di Giancarlo Romairone. Quasi tutti gli addetti ai lavori, noi compresi, hanno promosso a pieni voti il lavoro del dg alabardato, ma se la squadra è terzultima in classifica evidentemente qualcosa che non è funzionato c’è. Di tutte le punte in rosa nessuna ha convinto, Furlan è sottoterra lontanissimo parente del signor giocatore ammirato negli ultimi anni, Ciofani si arrangia con l’esperienza, Sabbione sta naufragando, l’assenza di Crimi peserà tantissimo e Gori non sta dimostrando nulla di quello che gli si riconosce quanto a bagaglio tecnico e di leadership. A parer nostro il modulo migliore con cui schierare l’Alabarda resta il 4-2-3-1, ma troppi giocatori oggi sono fuori condizione e per questo bisogna procedere per tentativi. Il problema è che di tempo non ce n’è e quello che sembrava impossibile a inizio anno oggi è una realtà con cui fare i conti: ossia bisogna prima di tutto lottare per non retrocedere.
Sul campo è stata indubbiamente la domenica del Vicenza, che resta la favorita per la vittoria finale nonostante una partenza stentata. Il destino ha restituito contro l’ottimo Sangiuliano sotto forma di punti quanto aveva tolto a Meda contro il Renate. In un girone in cui la capolista è il Lecco c’è di sicuro qualcuno che non ha risposto adeguatamente alle attese. Il Pordenone sta pagando l’infortunio persistente di Palombi, che dovrebbe tornare a fine mese, deve affrontare quello di Magnaghi, che resterà fuori a lungo e fa i conti con una realtà impossibile da negare. Davanti non c’è nessuno che la butti dentro con continuità e così è difficile pensare al primo posto. Non può fare tutto Deli, non può farlo Pinato: se Palombi tornerà e segnerà, i Ramarri busseranno al primo posto, in caso contrario potrebbero rimanere invischiati nel gruppone. Il Vicenza ha ancora le carte migliori a disposizione. Tatticamente oggi è più equilibrato, rischia meno dietro e può sfruttare meglio le doti dei suoi primattori. In una domenica in cui mancavano tanti giocatori, aver portato a casa tre punti è un merito enorme. Vedremo se con la Pro Vercelli l’ascesa continuerà. Se le quotazioni biancorosse sono in deciso rialzo, quelle biancoscudate al contrario puntano verso il basso. Nelle ultime quattro partite sono arrivate due sconfitte, un pareggio e una vittoria, una media da metà classifica dopo una partenza sparata. Il Padova è bello da vedere, ma concede tanto e domenica col Novara non ha avuto la malizia di portarsi a casa un punto nell’ultima sfida con le big che il calendario ha proposto in questo inizio di stagione. Il calendario in discesa lo è per modo di dire, perché con le piccole il Biancoscudo ha faticato più che con le prime, ma per capire davvero se il Padova possa mirare a un campionato di vertice bisognerà pazientare ancora. Lunedì prossimo a Piacenza è uno snodo importante, per il resto basterà in questa sede ricordare che la società tornerebbe a investire se la squadra a gennaio fosse ancora in scia alla lepre di turno. In coda non è guarito il Trento, che deve fare i conti con tanti infortuni e che deve dare un calcio al passato assimilando al meglio le idee di Bruno Tedino. Qualcosa è già cambiato, qualcosa dovrà cambiare ancora. Perché la classifica oggi, fa ancora paura. Postilla sull’Arzignano, che torna sulla terra dopo il ko con il Lecco e sulla Virtus Verona: così, caro Fresco, si va dritti in Serie D.
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