Padova come Peter Pan e l’isola che c’è: obiettivo Serie B

Quanto scottano la parola “Serie” e la lettera “B” a Padova! Bruciano, molto. Ma la Serie B, quest’anno, non è solo un sogno. C’è molto di più. E la così scottante “Serie B”, pian piano, si sta raffreddando, trasformandosi da sogno a obiettivo. Eppure, a dividerli, è solo una sottilissima linea che prende il nome di consapevolezza. Un sogno ha aspettative, ma resta astratto e libero di muoversi nella mente di chi lo sta producendo; un obiettivo, invece, ha una struttura, che comprende un piano dettagliato e ragionato per realizzarlo, con la consapevolezza di poterci arrivare sul serio. E il Padova versione 2024/2025 è del tutto consapevole di poter raggiungere il suo obiettivo.

La Serie C è una spiaggia di sabbie mobili profonde e fangose. Di quel fango che si attacca alla pelle e difficilmente va via. È così facile entrarci, ma così dannatamente caotico riuscire a liberarsi e a uscirne. Serve scrostare un po’ ovunque. O ne esci quando il fango non si è ancora seccato o diventa davvero complesso. Ma al Padova di questa stagione sembra andare tutto per il verso giusto, nonostante il fango tenga bloccata una delle piazze più storiche d’Italia in C da ormai troppo tempo, dal lontano 2018/2019. L’illusione potrebbe far male, come quando il Mantova stroncò ogni speranza l’8 gennaio di quest’anno con un sonoro 0-5 all’Euganeo diminuendo sensibilmente le possibilità di rimonta al primo posto, o come quando l’Alessandria vinse ai rigori nella finale playoff in un tragico 18 giugno 2021. La manita inflitta dai virgiliani è solo la più recente ferita subita dal popolo biancoscudato. È stata cicatrizzata, ma ha lasciato il segno per il resto della stagione, conclusa con un secondo posto alle spalle proprio di quel Mantova orchestrato dall’allievo di De Zerbi Davide Possanzini, con una sconfitta ai playoff contro gli acerrimi rivali del Vicenza senza segnare neanche un gol tra andata e ritorno, e con un esonero, quello di Vincenzo Torrente, che ha lasciato più di qualche perplessità tra i tifosi e gli addetti ai lavori. Il sostituto Massimo Oddo, campione del mondo nel 2006 in Germania alla seconda esperienza a Padova, non ha fatto meglio. Anzi. Un’agonia che continua da parecchio tempo. L’aria che si respira è pesante da anni: la porta che apre alla Serie B è piccola, stretta, ce ne passa una per volta e quando il Padova dava l’impressione di poterla sfondare, ecco che da dietro ne sbucava un’altra. Alessandria, Palermo, Südtirol, Feralpisalò e Mantova per citare le più recenti.

Ma la squadra di questa stagione e il nuovo allenatore, il giovanissimo Matteo Andreoletti, sembrano piovuti dal cielo, come una stella cadente giunta in soccorso per illuminare un popolo che è rimasto al buio fin troppo tempo. E sembrano più forti degli incubi che tormentato la città. Più di qualche complimento se lo merita pure il direttore sportivo Massimiliano Mirabelli (sì, proprio quel Mirabelli che con Fassone fece disastri al Milan). Perché certi giocatori acquistati due estati fa lasciano davvero a bocca aperta. Illuminanti. Menzioni sparse: Alessandro Capelli, tuttofare sulla fascia destra e fedelissimo dell’allenatore Andreoletti già alla Pro Sesto dei sogni del 2022/2023; Pietro Fusi, cavallo da battaglia instancabile a cui manca solo il killer instinct dei migliori centrocampisti d’inserimento per fare il definitivo salto di qualità; Lorenzo Crisetig, esperto metronomo della mediana con un trascorso da capogiro tra Serie A e B; Marco Perrotta, anonimo l’anno scorso per diversi problemi fisici, gigante in difesa oggi; Mattia Fortin, figlio d’arte che tra i pali si prodiga forse meglio di chi l’ha messo al mondo e già nel mirino di squadre importanti…

Si può partire da qui, dalle prime quattordici gare della stagione, per rinascere davvero, puntare all’obiettivo e scrostarsi di dosso tutto quel fango accumulato negli anni in un colpo solo. Sì, perché dopo un inizio di stagione così, il sogno non è più solo un sogno. Il Padova viaggia spedito dalla partenza, con 12 vittorie, 2 pareggi e zero sconfitte nel Girone A. Fin qui non è mai inciampato. Testa bassa, dritti all’obiettivo. Gioca bene, rapido, in verticale, con un 3-4-2-1 fluido e interscambiabile, il gruppo è unito e disponibile ed è guidato da un giovane allenatore che ha tutte le qualità necessarie per ritrovarsi, tra qualche stagione, catapultato in un mondo di supereroi che da calciatore non ha mai raggiunto. Matteo Andreoletti, 35 anni, portiere di Atalanta, Pro Sesto, Lecco e Pro Patria nel primo decennio del ventunesimo secolo, aveva mostrato la sua moderna visione calcistica già a Sesto, quando nella stagione 2022/2023 la sua Pro aveva incantato chiunque, vivendo un’annata ai vertici del girone e sognando (in quel caso un sogno vero e proprio) la Serie B. La breve parentesi successiva, a Benevento, ne aveva oscurato la genialità, riemersa completamente nella città del Santo. Non solo perché la squadra ormai si trova a memoria, è imprevedibile, decisa e aggressiva in ogni match, ma anche perché non dà mai la sensazione di poter perdere.

Contro Pro Vercelli, Virtus Verona e Pro Patria, il Padova si è fatto infilare per tre volte consecutive nei primi 15’ di gioco, per poi scardinare le difese avversarie con pazienza, ordine e fantasia e ristabilire le gerarchie. “Qui comando io”. Sette punti totali raccolti nelle uniche tre gare in cui il Biancoscudo è andato sotto nel punteggio, con due vittorie e il solo pareggio nel minuto campo di Busto Arsizio con la Pro Patria. Un 1-1 che ha anticipato il secondo pareggio della stagione, a reti bianche, maturato con la Feralpisalò, scesa dalla B e in fase di riassestamento dopo lo scossone della retrocessione. Il resto, solo vittorie, sia di misura che dilaganti. 3-0 al Trento (una delle sorprese del campionato, in positivo), 4-1 alla Virtus Verona dell’allenatore-presidente dal 1982 Gigi Fresco e all’Arzignano, vittorie di “corto muso” contro Vicenza, Novara, Pergolettese, Alcione Milano, Renate e Giana Erminio. Bortolussi è il bomber con 5 reti all’attivo (era a tutti gli effetti la seconda alternativa a Spagnoli, centravanti titolare che sta guarendo da un infortunio, ma il duello per una maglia nell’undici di partenza sarà più serrato che mai da ora in poi) e lo seguono Liguori a 4 centri e Capelli a 3. Ma la squadra segna con tutti gli interpreti, pure con il centrale Delli Carri, già a quota 3 in stagione. La continuità e le conferme dell’annata passata hanno sicuramente fatto sinora la differenza. Al gruppo, già sano e solido, si sono aggiunti Spagnoli, il centrocampista Broh e il giovane portiere Fortin, tornato dal prestito al Legnago, ma l’ossatura è la stessa. La spina dorsale della squadra è identica. Delli Carri-Crisetig-Liguori-Bortolussi.

E pensare che gli ultras hanno pure deciso di non supportare i propri giocatori allo stadio Euganeo. Una protesta nei confronti di alcuni comportamenti della dirigenza che non sono ancora stati digeriti e di uno stadio che nessuno, a Padova, sente suo. È proprio odiato ed è trattato come un pesce fuor d’acqua. Nulla a che fare con il mitico Appiani, lo storico impianto sportivo cittadino, la “fossa dei leoni” teatro di battaglie a dir poco epiche decenni fa. In un mare in cui il Padova, però, sta viaggiando a vele spiegate, l’onda più alta, violenta e in grado di far traballare la struttura è il Vicenza. Gli acerrimi rivali, capitanati dall’ex Inter e Feralpi Stefano Vecchi, sono già stati domati in casa per 1-0, grazie a una perla nata dal mancino di Michael Liguori, che ha baciato il palo alla destra del portiere Confente e si è infilato in porta. È lì dietro, minaccioso, il Vicenza, ma guardarsi alle spalle può far paura. Davanti c’è una distesa d’acqua da conquistare fin quando non si arriverà all'”isola che c’è”, quella di Peter Pan. Il mondo fantastico, della Serie B, che il Padova deve conquistarsi con le unghie, con i denti e con i muscoli, in ogni porzione di campo, in ogni secondo di gara, in ogni duello e in ogni singolo allenamento. Perché il sogno non è più solo un sogno, ma è un obiettivo. L’isola lontana non è solo un miraggio, ma è concreta e con il cannocchiale si vede, sbiadita. Ma si vede. È tutto nelle mani del Padova.

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