Triestina e Trento, la paura di non farcela. Vicenza-Pordenone, c’è tanto da farsi perdonare. Padova, se avessi preso un regista… Venezia, i conti non tornano. Verona, c’è ancora speranza

Stefani per Di Carlo. Thomassen per Modesto. Vicenza e Pordenone sono andate fino a stasera (quando è uscita la notizia del ritorno di Di Carlo) a braccetto, con due scelte che, come abbiamo scritto su queste colonne, ci hanno lasciato molto perplessi.  E non a caso per adesso sale in B chi l’allenatore non l’ha cambiato e, anzi, è lo stesso da due stagioni a questa parte. Sale la Feralpisalò, cancellando quella fama di eterna incompiuta che l’aveva accompagnata negli ultimi anni, sospinta da quel Stefano Vecchi che si è ripreso con gli interessi quanto aveva lasciato per strada nella sua prima esperienza da professionista a Venezia. Era una delle tre favorite a inizio anno, sale per meriti e non certo perché il girone è scarso, perché a nostro parere è vero l’esatto opposto (come dimostrato dalla Coppa Italia, dove le due finaliste, come del resto accaduto anche l’anno scorso, sono due squadre del girone A). Il girone è estremamente complicato, equilibrato, privo di squadre materasso e non a caso nessuno pronosticava Piacenza e Triestina in fondo alla classifica a inizio stagione. Dice che è scarso chi non riesce ad accettare di aver fallito e che prova a sminuire i meriti di chi ce l’ha fatta. La notizia del giorno è che il Pordenone richiama Domenico Di Carlo, sconfessando se stesso e confermando le perplessità che avevano accompagnato la promozione di Mirko Stefani in panchina. Un azzardo, a dirla tutta, come dimostrato poi da quello che è accaduto in campo. Ci poteva stare l’esonero di Di Carlo, ma solo se il suo sostituto avesse avuto caratteristiche precise: sarebbe servito, con tutto il rispetto, un tecnico con le spalle larghe, con esperienza, non un allenatore alle prime armi in un momento così delicato. La pensiamo così anche su Thomassen, chiamato a sostituire Modesto e terzo allenatore della stagione vicentina. Nulla contro di lui e magari verremo smentiti con una cavalcata da ricordare, ma ci saremmo aspettati, allo stesso modo di Pordenone, che venisse fatta un’investitura su uno degli allenatori ancora a spasso, magari proponendogli un progetto a lunga scadenza. Invece si è scelta la soluzione più comoda, ma anche più rischiosa, ossia l’allenatore della Primavera. Abbiamo visto il Vicenza con la Pergolettese e sinceramente ne abbiamo ricavato un’impressione tutt’altro che esaltante. Se ci si è ridotti ad essere soddisfatti di uno 0-0 a Crema, è evidente che l’ambiente si sia assuefatto in qualche modo alla mediocrità e alla vigilia della finale di Coppa Italia con la Juventus Next Gen questo lascia pensare. Si è raccontato che la squadra non ha subito gol (vero), si è detto che ha costruito diverse occasioni (altrettanto vero), ma la verità è che non ha segnato e che di fronte aveva la dodicesima in classifica, non certo il Catanzaro. Se si vuole salire di categoria tramite i playoff servirà un cambio di passo netto, anche sotto il profilo della mentalità.

Sta risalendo la corrente il Padova, che potrebbe riuscire ad agganciare il treno dei playoff da una carrozza ben più prestigiosa di quella immaginata nelle ultime settimane. Il blitz di Trento, contro una squadra in grave crisi proprio nel momento clou della stagione, ha dimostrato che l’organico può valere tranquillamente la quinta/sesta posizione, quella immaginata a inizio stagione. Ora che ha trovato un centravanti di categoria (Bortolussi) ci si deve mangiare le mani per non aver preso quel regista che aveva chiesto ripetutamente Vincenzo Torrente. Con un regista di ruolo in rosa, il Padova avrebbe potuto immaginare un playoff da assoluto protagonista, così può farlo lo stesso, ma con un handicap evidente colmato da un adattamento, quello di Igor Radrezza, al ruolo di vertice basso di un centrocampo a tre. Torrente sa bene quello che fa, conosce pregi e difetti della squadra e si è mosso con circospezione e con cognizione di causa. Nella sua carriera qualcosa ha vinto, sta facendo un buon lavoro ed è stato criticato troppe volte ingiustamente. Non è certamente il calcio champagne di Bruno Caneo, ma sicuramente è un calcio che in terza serie va più che bene, con gli interpreti giusti. Il Trento, come scrivevamo nello scorso editoriale, preoccupa parecchio. E’ involuto, non segna più, il tutto mentre Bocalon ceduto a gennaio nel girone di gol ne ha fatti 13 ed è secondo soltanto a Franco Ferrari nella classifica marcatori. I problemi del reparto offensivo sono evidenti e adesso ci sarà da penare fino in fondo, anche perché se si dovesse finire ai playout ci si arriverebbe nelle condizioni peggiori. Per cui nei prossimi 180 minuti non si dovrà sbagliare nulla e si dovrà dare un senso a quanto fatto a gennaio, quando la rosa era stata completamente rivisitata. Possibile gettare alle ortiche tutto in questo modo? Le ragioni ci sono e sono precise e l’atteggiamento della squadra in campo è inspiegabilmente rinunciatario, in totale controtendenza a quello che dovrebbe essere il credo del suo allenatore. Anche Bruno Tedino deve metterci qualcosa di suo in questo momento delicatissimo, perché ultimamente qualcosa da farsi perdonare ce l’ha anche lui. 

Non sta meglio di certo la Triestina, che si è inceppata proprio quando stava dimostrando di essere uscita dal tunnel. Oggi è tornato in discussione anche il semplice accesso ai playout. A Salò la papera di Mastrantonio è stata imbarazzante, a dimostrazione di quanto fosse necessario a gennaio l’acquisto di un portiere come Matosevic, la cui assenza non ha a caso è pesata come un macigno. Oggi che l’infermeria si riempie di nuovo, è necessario non perdere la testa e tenere la barra dritta. Sono i giocatori più esperti (Mbakogu, Germano, Malomo, Ciofani, Lollo) che devono prendere per mano i compagni. Dietro l’angolo c’è un ex dal dente avvelenato come Carmine Gautieri, poi si andrà a Crema, si spera non con l’acqua alla gola. Servono almeno quattro punti, ma negli ultimi 180 minuti può succedere davvero di tutto. Come si è visto al Gavagnin, dove la Virtus Verona in quattro minuti ha ribaltato il disastroso Albinoleffe di Claudio Foscarini e si è presa di nuovo il sesto posto, con la voglia di salire un altro gradino e di chiudere al quinto posto. Può sperare concretamente nei playoff anche l’Arzignano, un risultato che sarebbe straordinario, considerato i confini entro cui si muove il club fra i professionisti.

E’ stato il lunedì della Serie B, ma sono arrivate pessime notizie per tutte le trivenete. Tre partite e tre sconfitte, con tre diverse  angolature. Il Südtirol cade in casa e sinceramente un po’ me l’aspettavo. Senza Masiello e Belardinelli si perde parecchio, se poi Pompetti decide di fare tutto alla rovescia ecco che il ko diventa una conseguenza immediata. Ora Bisoli, che non perdeva da 12 partite, deve pensare a difendere il quarto posto e a prepararsi per i playoff. Può farcela, un po’ come fece il Pordenone al debutto in Serie B. Notiamo diverse similitudini nel percorso compiuto e vedremo quale sarà l’epilogo. Pasquetta amara anche per Venezia e Cittadella. Molto preoccupante l’involuzione granata, con la squadra che sembra impantanata sia a livello mentale che tecnico. Oggi ci si aggrappa all’arbitraggio (con qualche ragione), ma se si guarda il trend complessivo, c’è qualcosa che inquieta e che induce a tenere le antenne ben dritte. Schiuma rabbia anche il Venezia, che se la prende con Abbattista al Var per il gol annullato a Pohjanpalo a Reggio Calabria. Detto molto onestamente: il tocco di Johnsen in tv non si riesce proprio a cogliere, o quantomeno si può solo intuire con uno sforzo di immaginazione e di sicuro il Venezia oggi è in credito con la classe arbitrale. I conti non tornano. Troppi gli episodi dubbi con interpretazioni sempre contrarie per non far sorgere qualche legittimo brutto pensiero. Il pari del Cosenza nel posticipo di Palermo e le vittorie di Spal e Brescia rimettono tutto in discussione e ci sarà da soffrire fino alla fine. Se qualcuno aveva pensato che i guai fossero finiti è evidente che aveva sbagliato completamente indirizzo. Questo campionato sarà da lacrime e sangue fino all’ultima giornata e si deciderà per un punto o due, non di più.

Pillola finale per Udinese e Verona. Di nessun significato il pari bianconero col Monza, in un campionato che ha già emesso il proprio verdetto di salvezza. Resta la bolgia del Bentegodi, che si esalta per il gol di Gaich gentilmente offerto in dono da Consigli. Un errore, quello del portiere neroverde, che ha alimentato sul web le più svariate teorie complottiste. Di certo c’è che la prestazione gialloblù di sabato pomeriggio è stata molto negativa, che il Verona non meritava di vincere e però allo stesso tempo lo ha fatto. Ora è a -4 dallo Spezia ed è ancora in vita. Non sappiamo se l’Hellas meriti la salvezza per quanto fatto quest’anno. Tanti, troppi errori, tante troppe incongruenze. Sappiamo però che non è ancora il momento dei verdetti. E che non è ancora il momento di ammainare bandiera. Per quello, magari, ci sarà tempo più avanti. Ora proprio no.

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