Vicenza, Padova, Trieste, Pordenone: un weekend di dolori. Südtirol: come i Ramarri tre anni fa. Trento, si viaggia in prima classe. Verona, Venezia, Cittadella: solo sorrisi
martedì 7 Febbraio 2023 - Ore 07:30 - Autore: Dimitri Canello
Vicenza, Padova, Trieste, Pordenone. Il weekend calcistico regala quattro volti di sofferenza piena. Partiamo dal Vicenza: terza sconfitta nelle ultime quattro partite per Francesco Modesto, un rendimento disastroso nel 2023 con l’unico sorriso rappresentato dal successo con l’Albinoleffe. I numeri fanno impressione: siamo a inizio febbraio e le sconfitte stagionali sono già nove, in un altro campionato ogni discorso legato alla promozione diretta sarebbe stato sepolto già da un po’. Invece la concorrenza stenta e, pur essendo al sesto posto, la vetta dista appena cinque punti. Non sono molti, ma nemmeno pochissimi, considerando che bisognerà superare non una, ma ben cinque squadre. A cominciare dalla sorpresona Pro Sesto, etichettata a inizio anno dagli addetti ai lavori come una delle candidate alla retrocessione e addirittura prima in classifica. Roba da stropicciarsi gli occhi. Del resto se il Pordenone si schianta ad Arzignano, se la Feralpisalò non vince e non segna nemmeno a Vercelli, se del Padova non c’è traccia nei quartieri alti e della Triestina si parla solo in chiave Serie D, ecco che il campionato diventa indecifrabile. Pensate un po’: Renzo Rosso si è sfogato dicendo che la sua prossima mossa potrebbe essere quella di andarsene, Modesto è al suo posto quasi per principio perché un terzo allenatore oggi sarebbe quasi un record dopo quanto accaduto lo scorso anno, lo spogliatoio è in ebollizione. Di solito quando certi spifferi escono da quattro mura da cui non dovrebbe passare uno spillo, è il segnale che qualcosa non va. Onestamente, per chi ha giocato a calcio, guardare oggi il Vicenza in campo fa pensare a una squadra con problemi di spogliatoio. Non ci si aiuta, non si soffre insieme, si danno segnali di insofferenza anche in campo. Ma non può neppure passare sotto silenzio il fatto che è un nonsenso che Franco Ferrari possa essere considerato un problema, che è cambiato il portiere quasi all’improvviso con Confente messo a sedere, che si è mandato Desplanches a giocare a Trento, ma Desplanches a Trento non gioca. Insomma, a Vicenza serve che qualcuno faccia riprendere la retta via e quel qualcuno può essere soltanto Rinaldo Sagramola. Poi magari a fine stagione succederà quello che in molti scommettono, ossia che Renzo Castagnini sostituirà Federico Balzaretti, ma oggi serve serrare le fila, oggi serve che la società stringa i pugni e li batta sul tavolo.
Va appena meglio a Pordenone. Anche qui, spifferi a non finire. E si dice che Domenico Di Carlo rischierebbe l’esonero se non battesse il Mantova. A differenza del Vicenza, qualche segnale di coesione il Pordenone l’ha data e questo potrebbe essere importante mentre si riparte con destinazione paradiso. Il mercato di gennaio è stato buono, ma neppure i Ramarri sono una macchina perfetta. Il gol di Edera, sia pure ininfluente, è un buon segnale per l’immediato futuro, mentre si accelera anche per l’inserimento di Robert Gucher. E il Padova? Un pianto greco, in una domenica terrificante. Otto gol fra andata e ritorno dalla Pergolettese sono un nonsenso tecnico, tattico e mentale. Una squadra con gli attributi, dopo aver perso 5-0 all’andata, avrebbe stritolato la terzultima della classe, invece Vincenzo Torrente ha provato a osare e gli è esplosa una bomba in mano. Con tutto il rispetto l’ambiente dovrebbe smetterla di far ruotare tutto a Igor Radrezza, che ha qualità indiscusse ma non è Messi, mentre le uscite di Salvatore Monaco sono picconate continue alla stabilità del gruppo. Il muro contro muro con i fuori lista ha fatto solo danni e la loro gestione ha lasciato molto a desiderare, ben più di quanto non abbia fatto il mancato arrivo di un regista. Il Padova adesso si deve guardare le spalle, perché ha buttato in 90 minuti il lavoro di sette partite. E basta bussare a Trieste per capire che non si scherza in questo campionato. Come abbiamo già ribadito più volte, l’ultimo posto dell’Alabarda non ha spiegazioni tecniche. Quantomeno non in determinate proporzioni. Contro l’incredibile Pro Sesto l’espulsione di Masi è una zavorra impossibile da sostenere. E alla fine arriva, puntuale, la sconfitta nonostante una prestazione discreta. L’unico obiettivo possibile resta il penultimo posto, il che è qualcosa di incredibile considerato il punto di partenza. Il resto lo fanno i silenzi societari, dopo un mese assurdo in cui si è detto e fatto tutto e il contrario di tutto, che di certo non aiutano a riportare il sereno. A Simone Giacomini va chiesta chiarezza e l’esigenza assoluta è quella di una conferenza stampa per spiegare quello che succede. Non certo un monologo senza contradditorio come l’ultimo comunicato.
Piangono oggi quattro città, altre tre sorridono. Sorride Trento, che viaggia in carrozza di prima classe da quando Giorgio Zamuner ha rimesso mano all’organico a un ritmo da playoff. Potrebbe anche arrivarci, perché la scia è quella giusta. L’ultimo capolavoro è stato Garofalo, pescato in uscita dal Brescia nel momento giusto e portato alla corte di Tedino giusto in tempo per lasciare il segno a Meda. L’Arzignano è una meraviglia, gestionale, tecnica e atletica. Surclassa il Pordenone giocandosela con le sue armi, segna tre volte con cinismo incredibile, resiste al ritorno di una vera corazzata. E’ stata una delle migliori prestazioni della stagione, uno spot del calcio di Giuseppe Bianchini, un tecnico che sta facendo meraviglie. Il resto lo ha fatto Mattia Serafini, costruendo un organico in modo esemplare. Fantastica la domenica della Virtus Verona: va sotto di due gol a Mantova, abbozza la rimonta, rimane in dieci, centra la rimonta e vince. Un’impresa pazzesca targata Gigi Fresco che sta portando la squadra fuori dalle sabbie mobili passo dopo passo.
Eppure i sorrisi dilagano se saliamo di un gradino in Serie B. Vincono tutte le trivenete. Il Südtirol sta facendo qualcosa di sensazionale, ricorda molto il Pordenone 2019-2020, quello che con Attilio Tesser in panchina sfiorò la Serie A. A Pisa decide un gioiello come Belardinelli, una delle valorizzazioni migliori riuscite a Pierpaolo Bisoli. Oggi è il tecnico del momento e giustamente riceve gli elogi che merita. Sostenuto da un ottimo mercato di gennaio, può proseguire la navigazione senza timori. Parla di salvezza, ma sa anche lui che ormai solo un o sbarco alieno sulla terra potrebbe impedirgli di conquistarla. La categoria il Südtirol la manterrà e adesso può pensare in grande. Ha alle spalle un ambiente sano e positivo, ha strutture, stadio e finanziamenti, potendo sfruttare anche i privilegi che altri non hanno di una regione a statuto speciale. Può aprire un ciclo e riportare l’amore per il calcio a una città che ha vissuto per anni solo di hockey o quasi. Di capitale importanza i successi di Venezia e Cittadella. Il blitz di Benevento è la vittoria più importante della stagione. Il Venezia era inchiodato al muro, in settimana però Filippo Antonelli ha detto qualcosa d’importante. Ha dato forza a Vanoli proprio quando il tecnico ne aveva più bisogno. Sul campo è arrivata la risposta più attesa, anche se il marchio non è quello dei nuovi acquisti, ma quello di due rappresentanti della prima ondata, Pohjanpalo e Pierini. Piacciono, però Ellertson e Carboni, che lasciano un’impressione molto incoraggiante nel modo di stare in campo e di interpretare la partita. Il Venezia avrà bisogno anche del miglior Cheryshev, che se sta bene ha un posto accanto a Pohjanpalo assicurato. Quel “brutto” e sgraziato Pohjanpalo, tremendamente efficace, che fa quello che gli riesce meglio: segnare con continuità, gol da centravanti vero, gol che servono come il pane. Punta sulla bellezza e la qualità, invece, il Cittadella. Marchetti ha indovinato Crociata e si gode la classe di Antonucci, che a queste latitudini può rilanciare la sua carriera che era entrata in un vicolo cieco. Ora la classifica è decisamente migliorata, il resto lo può fare una squadra abituata a indossare l’elmetto. In un campionato strano come l’attuale, per ora è giusto fermarsi qui, anche perché gli scatti all’indietro sono sempre dietro l’angolo.
Chiude il quadro il Monday Night di Serie A, dopo il grigio pomeriggio dell’Udinese, sconfitta di misura a Torino. Il Verona dimostra con la Lazio di essere vivo e vegeto e si gode la prima unghiata che arriva dal mercato di gennaio. Arriva dall’uomo forse meno atteso, quel Cyril Ngonge di cui a tratti si erano perse le tracce nel suo processo di maturazione. Sul fatto che abbia qualità non si discute, il dubbio è e resta quello se sappia adattarsi velocemente al calcio italiano, perché tempo di aspettare il Verona proprio non ce l’ha. Oggi ha dimostrato di poterlo fare. Ottimo anche Duda, il più pronto fra i nuovi arrivi per entrare a gamba tesa sul campionato gialloblù. In attesa di Gaich, Braaf e Abildgaard, l’Hellas da quando è arrivato Sean Sogliano dietro la scrivania ha cambiato decisamente passo. In campo si vede una squadra che ha voglia di emergere e di portare via punti ovunque. Se sarà sufficiente per la salvezza lo capiremo presto.
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