Dove le sembra di aver migliorato la squadra?
“Quello che mi rende più felice è rivedere una squadra che ha voglia di tirare fuori tutto. Abbiamo alzato la testa dopo un periodo difficile: dieci sconfitte di fila non sono normali, e al mio arrivo avevo trovato un gruppo molto deluso. Ora c’è grande voglia di lottare, nonostante ci siano dei limiti: i giocatori danno tutto sul campo, alzando la testa. Non che prima non ci fosse questa voglia, ma sicuramente non era così”.
Che effetto le fa aver messo a segno il colpo in uscita più importante?
“Il calcio italiano ha difficoltà importanti, in questo momento. Non è facile vendere i giocatori, nemmeno quelli bravi. Le prime attenzioni che questo club vanno nella direzione di tenere il bilancio in ordine: questo club non salta un pagamento da dieci anni. Il Torino ci aveva proposto di inserire Hien nell’affare Ilic: non è andata in porto, ma non sono deluso da questo. Dovesse continuare così, sarà un investimento che porterà risultati”.
Perché il Verona ha sempre la necessità di vendere?
“Ci sono plusvalenze e plusvalenze. Quella di Ilic è stata una buona operazione, ma era anche stato pagato tanto: i margini non sono elevatissimi da questo punto di vista. Vendere, per il Verona, significa tenere i bilanci a posto. Poi ovviamente non dobbiamo essere un supermercato, ma sono il primo a capire che le cessioni servono per reinvestire, e per credere nel settore giovanile”.
Ilic sarebbe rimasto in prestito fosse andato al Marsiglia?
“Quando arrivano due squadre non si capisce mai quale sia la soluzione migliore, soprattutto a parità di offerte. Anche il giocatore era indeciso: quello che ci ha danneggiato è che sia stata una trattativa troppo lunga. Ma in generale credo che quando un giocatore viene venduto debba andare via. A Ivan auguriamo il meglio, ma soprattutto nella nostra situazione abbiamo bisogno di gente che sia dentro a questo momento particolare, che per noi resta molto difficile. Se il campionato finisse oggi, piangeremmo”.
Ci dice qualcosa di Abildgaard?
“A parte Duda, che avevamo chiuso prima del mercato, volevamo inserire un altro centrocampista, considerando le uscite di Ilic e Hongla e i problemi muscolari di Veloso. Avevamo delle ipotesi che non si sono concretizzate, per vari motivi: Abildgaard era stato valutato in una fase iniziale del mercato, poi eravamo andati su altri profili. Però lo conoscevamo, e ha delle caratteristiche che mancavano in rosa: ha grande fisicità, è alto un metro e novanta, è mancino… Ha le qualità per calarsi in una realtà che ha bisogno di gente che lotta. È stato capitano del Rubin Kazan, ha giocato in Scozia… già dai primi allenamenti si capisce che voleva fortemente venire qua. L’abbiamo preso a due ore dalla fine del mercato, stava firmando con una squadra danese: questo fa capire con che entusiasmo sia arrivato. L’ho apprezzato molto”.
Ngonge e Duda hanno fatto bene a Udine. Cosa possono darvi?
“Devono scrivere qualcosa nel loro futuro, ma hanno voglia che i tifosi inizino a imparare il loro nome. E soprattutto hanno delle qualità: che le riescano tirare fuori subito, lo vedremo. Ma hanno certamente delle qualità”.
Esce Ilic, entrano giocatori più fisici. È una scelta precisa da parte vostra?
“Trovare un sostituto non è facile. Credo che anche Duda possa giocare in quel ruolo. La fisicità è importante, ma lo è ancora di più l’atteggiamento. Dobbiamo lottare su ogni pallone, come stiamo facendo: nelle ultime partite abbiamo portato a casa punti con le unghie e con la voglia. Non c’è da vergognarsene, ma c’è da unirsi ancora di più in virtù di questo. Senza questa voglia di soffrire, prima, non erano stati fatti punti”.
È un Verona rimasto forse troppo aggrappato a un certo tipo di calcio: ora c’è meno bellezza e più pragmatismo?
“Dobbiamo correre tanto e più degli altri. Non è che prima si desse per scontato fare risultato, ma al di là dell’aspetto fisico o della mentalità, una cosa non può mancare: il cuore. Facciamo punti se i giocatori sentono il calore dei tifosi, se si crea quella scintilla, senza la quale non possiamo fare niente. E io inizio a sentirla. Vedere un abbraccio vero tra Bocchetti e Zaffaroni, per me, significa che è partita qualche cosa”.
Molte operazioni non si sono concluse in extremis. Tra queste c’è quella di Verdi: un commento su quello che è successo? E cos’è accaduto con Lasagna?
“Nel mercato ci sono tante situazioni che nascono e finiscono in pochi giorni, o addirittura in poche ore. Avevamo affrontato il discorso con Verdi: non ha ancora lasciato il segno da noi, non per colpa sua, ma perché non ha caratteristiche adatte al modo in cui giochiamo. C’era la possibilità che si trasferisse, lui lo sapeva, ma non è andata in porto. Non abbiamo preclusioni nei confronti di nessuno: Simone è un nostro tesserato, indossa la nostra maglia. Vorrà dire che era scritto rimanesse qua, e magari ci farà fare qualche punto importante”.
Perché Barak è stato riscattato subito?
“Al Verona stava bene anticipare per fare un’operazione economica in questa sessione, la Fiorentina ha voluto dimostrare al giocatore che voleva riscattarlo subito. Hanno avuto un vantaggio economico, ma tengo a precisare che si trattava di diritto di riscatto, non di obbligo: c’era il rischio, dunque, che non venisse riscattato”.
La scelta di Lazovic sulla trequarti l’ha tolto dal mercato?
“La posizione in campo è una scelta del mister. Per noi è un giocatore importante, anche se non è più un ragazzino: ha vissuto il mercato da professionista, consapevole che possono esserci delle possibilità di uscita. Ma ora il mercato è chiuso”.
Perché Doig non è partito? Può essere lui la prossima plusvalenza?
“Ora non dobbiamo più pensare al mercato. Chi è rimasto lo ha fatto per scelta, o perché non c’erano offerte adeguate. Ma soprattutto per scelta. Abbiamo tenuto questi giocatori perché vogliamo giocarci al massimo le nostre chance di rientrare in gioco. Prima eravamo fuori gioco, ora siamo tornati”.
Ci presenta un po’ Duda?
“Quando facevo il d.s. a Verona la prima volta lo andai a vedere a Varsavia: si vedeva che avesse qualità importanti, anche se c’erano club di più alto rango sulle sue tracce. È un grande professionista, ed è un aspetto importante. Si è inserito subito, e può ricoprire diversi ruoli”.
Come giudica l’operato di Zaffaroni? Abildgaard è arrivato a titolo definitivo?
“Zaffaroni è stato scelto perché è una persona leale e che capisce di calcio. Volevamo un tecnico che unisse le sue idee a Bocchetti, che ha commesso qualche errore, com’è normale che sia nella sua situazione. Siamo tutti uniti: penso sia l’unica strada da percorrere. Lunedì, con la Lazio, avremo bisogno di un Bentegodi… particolare. Abildgaard oggi è in prestito, c’è un regolamento specifico sui Paesi in guerra e a fine anno capiremo come muoverci”.
E su Gaich cosa ci dice?
“Preferisco star zitto… Abbiamo visto due giorni di allenamento, ha una cattiveria e una fame che a noi serviva. Le parole a volte rischiano di bruciarti, spero che possa far bene. Lui è consapevole che questa sia una grande occasione: qualche anno fa era tra i più chiacchierati in Argentina, poi ha fatto un percorso probabilmente sbagliato, ed è caduto nell’anonimato. La trattativa per lui è durata un mese, ha fatto la differenza la sua voglia di venire qua”.