Vicenza, numeri horror e una dichiarazione che sa di resa. Padova-Südtirol (sfida aperta) ai raggi x. Venezia-Udinese, scacco alle big
lunedì 13 Dicembre 2021 - Ore 00:00 - Autore: Dimitri Canello
Quattordici sconfitte su diciassette partite, appena un punto conquistato in casa. Zona playout che dista nove punti, zona salvezza a -13. Sono i desolanti numeri horror, le fredde cifre, a spiegare la Caporetto del Vicenza, che incassa il terzo ko consecutivo col Como, scivola in fondo alla classifica e stavolta fa perdere la pazienza anche ai tifosi. Vola qualche parola in tribuna, la squadra esce fra i fischi. Ultima e senza apparenti appigli alla data attuale, con una dichiarazione post partita di Stefano Rosso che sa molto di resa. Quel “non dipende più solo da noi” rivolto al mercato di gennaio è un chiaro messaggio: senza una graduatoria almeno apparentemente decente, nessuno di veramente determinante fra i giocatori individuati come rinforzi accetterà di venire a Vicenza. Una disfatta epocale che ha pochi precedenti e che in pochi in estate avevano profetizzato. Neppure noi, che pure eravamo stati i più critici del mercato condotto dal duo Magalini – Di Carlo, immaginavamo qualcosa di così negativo. Certo, è inutile in questa sede ricordare che c’era chi parlava di playoff, di zona promozione e di altre amenità simili, mentre su queste colonne si immaginava al massimo una salvezza tranquilla. Gli errori commessi sono stati interminabili e tutti sono colpevoli: la proprietà, che col quintultimo monte ingaggi parlava di playoff, Magalini e Di Carlo, che hanno messo sulla scena un mercato confusionario fatto di improvvisazione e con tantissime contraddizioni e lacune, giocatori sopravvalutati e per i quali la maglia biancorossa “pesa” troppo, una difesa che faceva acqua già l’anno scorso e che concede il bis quest’anno. Fino a Brocchi, che non è riuscito a invertire la rotta. Una girandola di moduli fino a un 4-2-3-1 camuffato con Di Pardo, un esterno basso, schierato più alto e qualche segnale di ripresa, quantomeno nel gioco. Ha senso appellarsi alla sfortuna o agli arbitraggi? Una volta puoi perdere per un colpo di malasuerte, per una direzione contraria, due possono anche capitare, quattordici volte no. Non può essere un caso, perché una volta non gira l’attacco, un’altra la difesa incassa tre gol, un’altra ancora gira a vuoto tutto il meccanismo, un’altra volta ancora sbaglia il singolo. Sembrano quegli anni in cui gira tutto storto: di certo una retrocessione sarebbe una piccola catastrofe per un progetto che puntava alla A in 5 anni e che dopo quattro sarebbe di nuovo al punto di partenza.
Il Venezia fa scacco alla Juve. Se avete un po’ di tempo, riguardatevi la partita di sabato sera. Un altro capolavoro tattico di Paolo Zanetti, riuscito nell’impresa di rivitalizzare una squadra che aveva subito otto gol nelle due precedenti uscite e che era reduce dall’harakiri col Verona. Un pareggio, quello conquistato dagli arancioneroverdi, figlio di una prestazione di squadra da applausi, con la favola di Marco Modolo, alla prima da titolare in Serie A, che è una di quelle storie che fanno ancora sperare in un calcio pulito. Lui, il capitano, veneziano di Eraclea, tornato quando la squadra in Serie D, perché “si sentiva nel posto giusto al momento giusto”. Tre promozioni, una retrocessione con tanto riammissione, tante battaglie, ora il meritato tributo. Può giocare anche in Serie A, Modolo, può duellare ad armi pari con Morata e Kaio Jorge, con Bernardeschi e Kean e può essere il simbolo di una squadra che vuole stupire ancora. Non sappiamo se Zanetti riuscirà nell’impresa di salvare la categoria, quello che sappiamo è che ha creato di nuovo un gruppo, che sta sfruttando al massimo le potenzialità di diversi giocatori e che può crescere ancora. Nella serata in cui Zanetti fa scacco ad Allegri, poco distante il debuttante Cioffi fa scacco a Pioli. Partita eccellente, quella dell’Udinese, che ferma il Milan e rischia persino di vincerla. Beto è un portento, Success rovina quanto di buono fa con atteggiamenti decisamente fuori luogo. Se il nuovo allenatore riesce a domarlo, può diventare un’arma importante per il resto della stagione
Dai capolavori di Venezia e Udinese al Verona, che cede con onore all’Atalanta nonostante una grande prestazione. Giusto l’elogio di Tudor al gruppo, Simeone ancora una volta è una furia, ma è tutta la squadra che gira bene. Un solo difetto: prende troppi gol e, più che mai dopo l’infortunio di Dawidowicz, urge un rinforzo importante in difesa per dormire sonni tranquilli. Il resto fa pregustare un’altra stagione da protagonisti, in un quadro complessivo del tutto rassicurante.
Scendiamo di un gradino. Era la domenica di Padova- Südtirol, il big match del girone A. E’ finita 0-0, il Südtirol è arrivato all’appuntamento in condizioni disastrose, tanto che la società aveva chiesto il rinvio della partita, sospettando un’epidemia di covid (oltre allo squalificato Zaro, nella notte si sono sentiti male Curto, Vinetot e Fabbri e Casiraghi è sceso in campo con un tampone negativo ma in uno stato parainfluenzale che ne aveva messo in dubbio la presenza stessa). Il Padova ha giocato maluccio nel primo tempo, poi è cresciuto nella ripresa dopo i cambi di Pavanel, che ha messo giocatori di gamba (Kirwan e Jelenic) e non per caso ha subito costruito due nitide palle gol, compreso il palo di Ceravolo che grida ancora vendetta. Non sono mancate le polemiche. Il Südtirol chiedeva l’espulsione di Ronaldo per un doppio giallo mancato, il Padova un rigore nel finale. Alla fine la capolista, costretta a schierare un laterale come De Col nel ruolo di centrale e Tait nel suo vecchio ruolo di esterno basso, ha ottenuto il punto che voleva e, se non perderà con la Triestina, chiuderà un girone senza aver perso una partita. Fa sorridere chi continua a minimizzare i meriti della prima della classe. In C non servono champagne e bollicine per vincere i campionati, servono compattezza e una difesa di ferro: con appena cinque gol al passivo segnare al bunker altoatesino è diventata un’impresa. Il Padova, che senza Saber perde tanto in dinamismo, ha sicuramente la rosa più forte, ma probabilmente non ha tutti i giocatori adatti per il gioco che vuole proporre Pavanel. A tratti sembra una squadra priva di anima, che si accende per i lampi dei suoi primattori, alcuni dei quali sono un lusso per la categoria. La partita promozione non è chiusa, ma ancora una volta sarà decisivo il mercato di gennaio. Il Südtirol, se è furbo, investirà su un centrocampista e una punta, il Padova deve aggiustare il tiro con giocatori dinamici, all’interno di una squadra un po’ compassata e che può vincere le partite grazie alle qualità dei singoli. Ha individualità di spicco, ma serve qualcuno che corra, che canti e porti la croce.
Menzioni speciali domenicali: 1) per la Triestina, che continua a correre, che scala posizioni e si arrampica verso l’alto. Una settimana fa scrivevamo che sentiremo ancora parlare dell’Alabarda nel corso della stagione e ne siamo sempre più convinti. Non è una squadra giovanissima e ha qualche giocatore arrivato in ritardo di preparazione e di condizione negli ultimi giorni di mercato, ma piano piano sta diventando squadra e sta assumendo un’identità precisa. L’incognita e la zavorra allo stesso tempo sono gli infortuni, se Bucchi verrà lasciato in pace sotto questo profilo può togliersi soddisfazioni importanti; 2) per la Virtus Verona, che da quando è arrivato Emil Hallfredsson ha scalato posizioni su posizioni atterrando per ora in sesta posizione; 3) per l’Arzignano, che in Serie D sta facendo un campionato da record; 4) per il Cittadella, piombato ancora in zona playoff. Come si diceva una volta. Nessuna nuova, buona nuova; 5) per il Pordenone, che si aggrappa con tutte le proprie forze alla Serie B nonostante un pari non certo esaltante con il Cosenza in casa. Missione quasi impossibile, eppure una posizione è stata scalata. Alla prossima
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