I perché della Caporetto del Vicenza, lo splendore di Verona (e del Cholito), il bunker del Südtirol e la prima di Tedino
lunedì 25 Ottobre 2021 - Ore 00:01 - Autore: Dimitri Canello
Il giorno più nero arriva in un sabato di fine ottobre, quel sabato che sarebbe dovuto essere il segno della svolta per il Vicenza. E che, invece, è la Caporetto stagionale biancorossa. La squadra deraglia ancora e ne prende addirittura cinque a Terni, deflagra in tutte le sue contraddizioni, è nuda di fronte ad una caduta che non si arresta più. Ricordate? In estate era una gara a incensare “il progetto”, a decantare quanto bello e potente era il mercato condotto, si immaginavano i playoff, anzi per qualcuno persino di più: dopo le prime 3-4, c’era il Vicenza. Ci permettemmo di far notare a fine mercato che poteva non essere così, instillando qualche semplice dubbio nella strategia condotta dal club, nella nebbia tattica di una squadra che era difficile da plasmare. Come la giri, la coperta è sempre troppo corta. Il tempo passa, le sconfitte aumentano: 8 in 9 partite, l’unico sorriso a Lignano, dove nessuno ha detto che il rigore che ha indirizzato il risultato probabilmente non c’era. Ci sono state altre decisioni arbitrali in altre partite non favorevoli, non ci piove, ma quella è passata sotto silenzio. La sottolineiamo, perché è stata l’unica volta fra precampionato, Coppa Italia e amichevoli, che questo Vicenza ha vinto. Perché, dunque, questo sfacelo? Tutto parte dalla fine del campionato scorso, quando nello spogliatoio si rompe qualcosa, poi in ritiro ad Asiago accade qualcos’altro, un maxi-litigio fra Di Carlo e alcuni giocatori. Dovrebbe rimanere confinato dentro quattro mura e invece, verso fine agosto qualcosa comincia a uscire. Di voci se ne raccolgono a bizzeffe, spesso sono appunto tali. Ma poi, quando gli spifferi aumentano, è il segnale che qualcosa che non funziona c’è per davvero. E i risultati lo confermano. Di versioni su quanto accaduto ne circolano diverse da settimane e la verità la conoscono solo i diretti interessati. Fatto sta che l’armonia del gruppo da tempo non c’è più, la squadra è prigioniera di limiti soprattutto mentali e i risultati continuano a non arrivare. Il giudizio tecnico sulla squadra è noto: chi mi legge sa che non ho mai creduto alla retrocessione del Vicenza e ancor oggi mi riesce difficile pensare a un tale epilogo, considerato il valore dell’organico. Che non sarà da playoff, ma di sicuro vale una navigazione tranquilla. Dopo Terni, però, di dubbi comincio ad averne anch’io, fermo restando che per ora i playout sono a soli 4 punti. Sarà bene cominciare a chiarire tante cose. Chi comanda davvero in società? Ci sono tre direttori, quando si è trattato di cambiare allenatore ognuno andava per conto proprio. Brocchi lo ha scelto Magalini? Se non è così, perché Magalini è ancora al suo posto? Francesco Vallone è il vero ds del Vicenza in questo momento? Perché Magalini non ha mai parlato per spiegare quello che sta succedendo, visto il ruolo che ricopre ? Paolo Bedin entra nelle scelte tecniche o si limita a fare il direttore generale? Cosa succederebbe se Brocchi perdesse anche col Monza? Dalla risposta di queste domande si potrebbero capire tante cose, di sicuro il progetto Rosso in questo momento fa acqua da tutte le parti. Mai, da un secolo a questa parte, il Vicenza era partito così male nella sua storia. Il finale possibile mette i brividi.
Nella settimana più nera della stagione biancorossa, fa da contraltare lo splendore del Verona, che travolge 4-1 la Lazio con una partita straordinaria per intensità e contenuti tecnici. Giovanni Simeone ha ritrovato se stesso in una città che sembra fatta apposta per esaltarne le caratteristiche. Quattro gol e una prestazione mostruosa, accompagnata da una squadra che brilla in tutto. Intensità agonistica, forza dei nervi, brillantezza fisica, compattezza fra i reparti. Anche Igor Tudor sa far giocare bene a calcio le sue squadre, Caprari è un portento, Faraoni è solo una conferma dopo anni di vetrina, Barak studia e gioca da leader.
Troppi infortuni per il Venezia, che affonda a Reggio Emilia. Se perdi Johnsen, Aramu e Vacca e poi per strada alza bandiera bianca pure Busio, è chiaro che la salita diventi troppo ripida. Se poi ci si mette pure Henry, che segna nella porta sbagliata, ecco servito un ko che ricorda a tutti quanto difficile sarà l’impresa di salvare la categoria. Negli occhi c’è ancora il capolavoro tattico di Paolo Zanetti con la Fiorentina, ora arriverà la Salernitana per una sfida ad alta tensione da non fallire.
L’Udinese scopre quanto bello sia avere finalmente un attaccante (Beto) che segni e che faccia reparto da solo. Per troppi anni è mancata la punta che faccia la differenza, bisogna dire bravi agli uomini mercato di Giampaolo Pozzo che hanno scovato un talento in grado di fare tanta strada.
Il Cittadella in questo momento è più giù del solito, a Monza arriva una sconfitta beffarda, ma qualche scricchiolio sinistro c’è da tre partite a questa parte. In una B che non aspetta nessuno, è bello ritrovare un bravo allenatore come Bruno Tedino. Pari a Pisa per cominciare con prestazione completamente diversa rispetto a quelle dei suoi predecessori. Può essere l’uomo giusto nel momento giusto e Pordenone, dopo tanti schiaffi, spera di poter svoltare.
Uno sguardo, infine, alla C. Nel girone A è la settimana del Südtirol, che espugna anche Mantova e si posiziona in testa al gruppo in attesa del posticipo Feralpisalò-Padova. Impressionante il ruolino di marcia della neocapolista: 7 vittorie, 3 pareggi, 0 sconfitte, appena 1 gol subito in dieci giornate, una partita da recuperare (a Legnago, si ripartirà dal 45′ e dallo 0-1 maturato prima del diluvio). Il Padova ha una rivale davvero agguerrita, ma non scherza neppure il Renate che, dopo un inizio disastroso, sta viaggiando come un treno e che ha definitivamente estromesso la Triestina dai giochi per il primo posto. Schiuma rabbia Bucchi, che vede i suoi giocare bene, senza riuscire però a portare a casa punti. Se l’obiettivo era la promozione diretta, dopo la partita di oggi sarà molto difficile ottenerlo. Per tutto il resto, sarà il caso di ripassare fra qualche settimana. Quando si capirà se la crisi del Trento è solo passeggera, o se c’è dell’altro.
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