Magalini, nulla da dire? Il Vicenza affonda, il Pordenone pure. Padova scatenato, Tudor come Juric: e a Trieste un raggio di sole
lunedì 27 Settembre 2021 - Ore 00:00 - Autore: Dimitri Canello
Sei partite, sei sconfitte, un inizio che più disastroso non si può. Al Vicenza gira tutto storto, ma le responsabilità sono precise e, sfortunatamente per quanti volessero scaricare tutto su Domenico Di Carlo, il colpevole non era solo l’allenatore. Cristian Brocchi è salito in sella, la squadra ha reagito, eppure gli episodi vanno in direzione opposta. Attenzione però, perché le statistiche parlano chiaro. Un solo tiro nello specchio della porta in tutti i novanta minuti, considerato che il palo di Ranocchia, se davvero la palla fosse entrata, sarebbe stato sottoposto molto probabilmente a una revisione Var per un fallo commesso poco prima da Diaw. Zero punti il Vicenza, ultimo posto, zero gol Diaw. Il problema è qui, ma non solo. Per tutta l’estate abbiamo ascoltato voci di ogni tipo che decantavano un Vicenza da promozione, o nel peggiore dei casi da playoff. Fermo restando che il campionato è ancora lungo, ci siamo permessi di dare 5,5 al mercato di Giuseppe Magalini e giù attacchi e offese alla nostra professionalità. Dovrebbe spiegare chi, evidentemente, preferisce mettersi il prosciutto sugli occhi, il senso della campagna acquisti condotta dalla società. L’assenza di un terzino sinistro di riserva, una difesa rinforzata con il solo Brosco dopo che lo scorso anno era stato il tallone d’Achille della squadra (carta canta, numeri alla mano), l’esame di maturità per Proia e Diaw, alla prova di una grande piazza, Taugourdeau arrivato l’ultimo giorno dopo un mese e mezzo senza allenamenti veri con la squadra e con qualche problema fisico che si trascina dallo scorso campionato, un portiere di vent’anni gettato allo sbaraglio. Tant’è, ci siamo abituati. Quando scrivevamo, un anno prima che accadesse, che il Vicenza sarebbe fallito durante l’era Pioppi-Vi.Fin, abbiamo subito per mesi offese di tutti i tipi, personaggi che ci attaccavano in privato, minacce di ogni tipo. Un anno più tardi nessuno ha chiesto scusa, eppure l’epilogo è stato quello che, solo su queste colonne, si era raccontato, mentre altrove tutti negavano l’evidenza, nonostante il club fosse sommerso dai debiti. Passiamo alla stretta attualità. Giuseppe Magalini non ha nulla da dire a proposito di quello che sta accadendo? Ci siamo permessi di sottolineare, con il 5,5, che forse per una società che aveva raccontato di voler alzare l’asticella e i playoff, quanto fatto probabilmente non fosse abbastanza. Che non contano solo i giocatori acquistati, ma anche quando li si acquista e la strategia che anima una campagna acquisti. Certo, poi magari qualcuno (Magalini, dove sei?) dovrebbe spiegare cosa accade nello spogliatoio, visto che a Ferrara Padella, se non fosse stato trattenuto a forza da altri compagni, probabilmente sarebbe arrivato alle mani con Di Carlo. E parliamo di un professionista impeccabile, che mai prima di martedì era arrivato a tanto. Parliamo poi della società e del trattamento riservato a Di Carlo, che a scanso di equivoci ha responsabilità evidentissime. L’esonero è stato più che legittimo, sulle modalità meglio stendere un velo pietoso. A proposito, poi, della conferenza stampa di Stefano Rosso, sembrava che il problema non fosse che la squadra aveva perso cinque partite (ora sei su sei) e cos’era successo nei giorni precedenti, con allenatori contattati e che rifiutavano e con Di Carlo delegittimato e messo a bagnomaria. Sembrava che il problema fossero l’ambiente ostile o la semplice presenza di Andrea Mandorlini allo stadio a vedere Spal-Vicenza e che qualcuno lo avesse riportato. Nessuno, quantomeno su queste colonne, ha scritto che il tecnico fosse in trattativa, che il Vicenza stesse pensando a lui, che ci fosse davvero la possibilità che il prescelto fosse lui. La storia, sfortunatamente per chi getta fango, la conosciamo. Una semplice notizia: Mandorlini era allo stadio, è stato fotografato, null’altro. Ma tant’è, anche qui, le smentite (potremmo scrivere un libro) fanno sorridere, tanto quanto chi è abituato a prendere in giro l’interlocutore e poi, quando serve, a starsene sottocoperta, lasciando che l’acqua arrivi in faccia a qualcun altro. Non abbiamo mai nominato Cristian Brocchi, perché è l’ultimo dei colpevoli e in pochi giorni non può fare miracoli. Il resto lo dirà il tempo, la squadra secondo chi scrive può salvarsi senza troppi patemi, ma certe stagioni nascono male e se non si inverte la rotta si rischia di farsi molto male. Il calcio è pieno di squadre che, etichettate di ben altri obiettivi, sono rimaste impantanate nei bassifondi senza riuscire a tirarsene fuori.
In tutto questo Pordenone-Vicenza sarà già una sfida drammatica. A differenza di quanto accaduto al quartier generale biancorosso, dove l’obiettivo era “alzare l’asticella”, quindi di conseguenza considerato il piazzamento dell’anno scorso i playoff, a casa Lovisa almeno quest’anno si è sempre parlato unicamente di salvezza. La differenza con Vicenza è tutta qui, i problemi invece sono analoghi. Anche per il Pordenone, secondo chi scrive l’obiettivo è ancora alla portata, ma anche qui ci sono stagioni che nascono male e che rischiano di trasformarsi in un buco nero. Il problema, in tutta evidenza, è davanti. Si è puntato tutto su Tsadjout (che secondo chi scrive 10 gol li può fare), ma i suoi gol sinora sono mancati, rigore di Monza a parte. E sono mancati anche altri gol, Ciciretti è un fantasma, Petriccione è in ritardo di condizione, dietro si balla parecchio: il Pordenone era celebre per gli inserimenti, per le mezzali che segnavano, per gli esterni che spingevano. Sinora di tutto questo, con Paci prima e Rastelli poi, si è visto poco, forse nulla. La B, per una realtà come Pordenone, è tanta roba e un po’ di credito la società lo ha accumulato. Il prossimo weekend, però, è cruciale per entrambe e nessuno può sbagliare.
Mentre l’Udinese incassa il terzo ko consecutivo e il Venezia sarà impegnato in un delicatissimo Monday Night con il Torino, il Verona con Tudor è rinato. L’impatto del tecnico nella città scaligera è stato analogo a quello avuto da Juric. In queste prime tre uscite si è visto tutto un altro Verona. Pressing alto, intensità, gol d’autore, fasce coi fiocchi. Resta da risolvere il problema difensivo, perché sette gol subiti in 270 minuti sono decisamente troppi.
In Serie C la pioggia ferma il Südtirol a Legnago, mentre il Padova è un carro armato. Cinque vittorie in cinque partite, due rimonte, la testa della classifica in solitudine. Staccata anche la Pro Vercelli, che rischia contro un ottimo Trento e che sbaglia un rigore. Pavanel ancora una volta la vince coi cambi, esclude Chiricò quasi a voler sottolineare che i solisti servono, ma la squadra di più, poi lo getta nella mischia e a risolvere ci pensano due difensori. Valentini apre, Monaco chiude, lo scorso anno il Padova non rimontava mai, quest’anno l’ha già fatto due volte. Presto per immaginare squilli di trombe e tappetini rossi, ma l’inizio è stato eccellente e non era scontato. La Triestina vista oggi col Lecco è una signora squadra. Il problema è che ha già accumulato dieci punti di distacco dalla vetta, che sono tantissimi. Abbiamo visto rimonte clamorose e siamo ragionevolmente convinti che Bucchi possa portare in alto l’Alabarda con il passare dei mesi, ma se l’obiettivo era la vetta, c’è una montagna da scalare. Anche qui non contano solo i nomi dei giocatori acquistati, ma la tempistica con cui vengono concluse le operazioni. Iotti, Angiulli, Giorno, Trotta, Negro e Crimi, tutti ottimi giocatori, sono arrivati alla fine di agosto, alcuni senza preparazione, altri con pochi allenamenti veri sulle gambe. Ci vorrà tempo, ma l’organico è buono. Il problema a Trieste non è l’allenatore, ma la gestione di squadra, ambiente, quotidianità e relazioni. I campionati si vincono anche fuori dal campo, non soltanto andando a fare la spesa.
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