Chievo, le pesanti motivazioni del Collegio di Garanzia del Coni per il respingimento del ricorso
giovedì 29 Luglio 2021 - Ore 20:41 - Autore: Staff Trivenetogoal
Il Coni ha pubblicato le motivazioni con cui ha rigettato il ricorso del Chievo Verona confermando l’esclusione dalla Serie B. Il Collegio di Garanzia del Coni ha pronunciato la seguente
DECISIONE
nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 76/2021, presentato, in data 19 luglio 2021, dalla società A.C. Chievo Verona s.r.l., con sede in Verona, Via Luigi Galvani, n. 3, in persona del legale rappresentante, Amministratore Unico, Giuseppe Campedelli, rappresentata e difesa dagli avv.ti prof. Bernardo Giorgio Mattarella, Daniele Ripamonti e prof. Maurizio Leo,
contro
la Federazione Italiana Giuoco Calcio – FIGC, con sede in Roma, via Gregorio Allegri, n. 14 (C.F. 05114040586, P.I. 01357871001), in persona del Presidente p.t., dott. Gabriele Gravina, rappresentata e difesa dall’avv. Giancarlo Viglione, elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, Lungotevere dei Mellini, n. 17,
e con l’intervento della società Cosenza Calcio S.r.l., con sede legale in Cosenza (c.a.p. 87100), Via degli Stadi, snc, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, Dott. Eugenio Guarascio, rappresentata e difesa dagli avv.ti Gianluca Cambareri, Alberto Fantini, Luca Spaziani, Jacopo Fronticelli Baldelli e Giuseppe De Gregorio,
per la riforma e/o annullamento
del provvedimento del Consiglio Federale della FIGC, di cui al Comunicato Ufficiale n. 12/A in data 16 luglio 2021, con il quale è stato respinto il ricorso della Società ricorrente avverso il diniego della Commissione Vigilanza Società di calcio (Co.Vi.So.C.), prot. n. 4650/2021, in data 8 luglio 2021, della concessione della Licenza Nazionale per l’iscrizione al Campionato di Serie B per l’anno 2021/2022, e, per l’effetto, non è stata concessa tale Licenza.
contro
la Federazione Italiana Giuoco Calcio – FIGC, con sede in Roma, via Gregorio Allegri, n. 14 (C.F. 05114040586, P.I. 01357871001), in persona del Presidente p.t., dott. Gabriele Gravina, rappresentata e difesa dall’avv. Giancarlo Viglione, elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, Lungotevere dei Mellini, n. 17,
e con l’intervento della società Cosenza Calcio S.r.l., con sede legale in Cosenza (c.a.p. 87100), Via degli Stadi, snc, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, Dott. Eugenio Guarascio, rappresentata e difesa dagli avv.ti Gianluca Cambareri, Alberto Fantini, Luca Spaziani, Jacopo Fronticelli Baldelli e Giuseppe De Gregorio,
per la riforma e/o annullamento
del provvedimento del Consiglio Federale della FIGC, di cui al Comunicato Ufficiale n. 12/A in data 16 luglio 2021, con il quale è stato respinto il ricorso della Società ricorrente avverso il diniego della Commissione Vigilanza Società di calcio (Co.Vi.So.C.), prot. n. 4650/2021, in data 8 luglio 2021, della concessione della Licenza Nazionale per l’iscrizione al Campionato di Serie B per l’anno 2021/2022, e, per l’effetto, non è stata concessa tale Licenza.
Viste le difese e la documentazione prodotta dalle parti costituite;
uditi, nell’udienza del 26 luglio 2021, i difensori della parte ricorrente – A.C. Chievo Verona s.r.l. – avv.ti prof. Bernardo Giorgio Mattarella, Daniele Ripamonti e prof. Maurizio Leo; gli avv.ti Alberto Fantini e Luca Spaziani, per l’intervenuta Cosenza Calcio s.r.l., nonché l’avv. Giancarlo Viglione, assistito dall’avv. Noemi Tsuno, per la resistente FIGC;
udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il relatore, prof. Ferruccio Auletta
Ritenuto in fatto
uditi, nell’udienza del 26 luglio 2021, i difensori della parte ricorrente – A.C. Chievo Verona s.r.l. – avv.ti prof. Bernardo Giorgio Mattarella, Daniele Ripamonti e prof. Maurizio Leo; gli avv.ti Alberto Fantini e Luca Spaziani, per l’intervenuta Cosenza Calcio s.r.l., nonché l’avv. Giancarlo Viglione, assistito dall’avv. Noemi Tsuno, per la resistente FIGC;
udito, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, il relatore, prof. Ferruccio Auletta.
Ritenuto in fatto
1. Il Consiglio Federale della FIGC, con delibera pubblicata nel Comunicato ufficiale n.12/A, in data 16 luglio 2021, ha respinto il ricorso proposto dall’A.C. Chievo-Verona s.r.l., negando a questa Società l’ammissione al campionato di calcio professionistico di Serie B 2021-22, sulla scorta del parere della Co.Vi.So.C., datato 8 luglio 2021, che aveva riscontrato, in relazione alla società clivense, il mancato possesso dei requisiti, stabiliti nel C.U. n. 252/A del 21 maggio 2021, necessari ai fini del rilascio della c.d. Licenza Nazionale per la partecipazione a detto campionato.
Secondo la Co.Vi.So.C, il deficit impediente consiste nella situazione di inadempimento di debiti tributari, segnatamente IVA risalente ai periodi d’imposta 2014-2018, per i quali – alla data discriminante del 28 giugno 2021 – la Società risultava decaduta dalle “procedure di pagamento rateale in precedenza in itinere”.
2. In particolare, la Co.Vi.So.C., nella comunicazione dello scorso 8 luglio, rilevava la non conformità ad alcuni dei requisiti specificamente elencati nel “Sistema delle Licenze Nazionali per l’ammissione al Campionato Professionistico di Serie B 2021/2022”, segnatamente sub Titolo I, lett. C), p. 14 e p. 15 del relativo “Manuale”: “Le società devono, entro il termine perentorio del 28 giugno 2021, […]
14) assolvere il pagamento dei tributi IRES, IRAP ed IVA, risultanti dalle dichiarazioni annuali riferite ai periodi di imposta terminati entro il 31 dicembre 2014, 2015, 2016, 2017 e 2018, depositando altresì, presso la Co.Vi.So.C. una dichiarazione, sottoscritta dal legale rappresentante della società e dal revisore legale dei conti o dal presidente del collegio sindacale o del consiglio di sorveglianza o dal sindaco unico, attestante detto adempimento. In caso di rateazione delle comunicazioni di irregolarità ovvero di transazioni o di rateazioni con l’Agenzia delle Entrate, le società devono depositare i medesimi atti di transazione e/o di rateazione ed assolvere il pagamento delle rate scadute al 28 febbraio 2021. Qualora siano in corso contenziosi, le società devono depositare la documentazione comprovante la pendenza della lite non temeraria innanzi al competente organo;
15) assolvere, in presenza di una o più comunicazioni di irregolarità emesse dall’Agenzia delle Entrate sulla base delle comunicazioni dei dati delle liquidazioni periodiche IVA relative ai diversi trimestri degli anni d’imposta 2017 e 2018, nonché al primo ed al secondo trimestre dell’anno d’imposta 2019, il pagamento delle rate scadute al 28 febbraio 2021, depositando altresì, presso la Co.Vi.So.C. una dichiarazione, sottoscritta dal legale rappresentante della società e dal revisore legale dei conti o dal presidente del collegio sindacale o del consiglio di sorveglianza o dal sindaco unico, attestante detto adempimento”.
La Co.Vi.So.C., con riferimento alla ricorrente, rilevava che: i) alla data del 28 giugno 2021, le procedure di pagamento rateale relative all’Iva risultante dalle liquidazioni periodiche concernenti il primo e il secondo trimestre del periodo d’imposta 2019 e quelle concernenti l’Iva riferita ai periodi d’imposta 2014-2018, non esplicassero più efficacia.; ii) in ragione dell’intervenuta decadenza delle procedure di pagamento rateale in precedenza in itinere,quindi, alla data del termine perentorio previsto dalla disciplina di riferimento (28 giugno 2021) la società risultava inadempiente all’obbligo di pagamento dei seguenti debiti fiscali: “- Iva risultante dalle liquidazioni periodiche relative al primo ed al secondo trimestre del periodo d’imposta anno 2019; – Iva risultante dalle liquidazioni periodiche relative al primo, secondo, terzo e quarto trimestre del periodo d’imposta anno 2018; – Iva risultante dalle liquidazioni periodiche relative al primo, secondo, terzo e quarto trimestre del periodo d’imposta anno 2017; – Iva relativa al periodo d’imposta anno 2016; – Iva relativa al periodo d’imposta anno 2015; – Iva relativa al periodo d’imposta anno 2014”.
La Co.Vi.Soc., con riferimento all’Iva dovuta per i periodi d’imposta 2014-2018, rilevava che – pur avendo la società presentato una istanza di rateazione (articolata su 72 rate) ai sensi dell’art. 19 del DPR 602/73 allo spirare del termine del 28 giugno 2021 e pur avendo la stessa corrisposto una rata auto-determinata nel quantum – l’Amministrazione Finanziaria non aveva tuttavia riscontrato in alcun modo tale istanza. Di talché, al 28 giugno 2021, i menzionati debiti erariali non potevano essere considerati oggetto di adempimento rateale.
Del pari, concludeva la Co.Vi.So.C., “per quanto concerne il menzionato debito Iva 2019 – pur avendo la società provveduto a corrispondere alla data del 28 giugno 2021 le rate scadute ed in precedenza non tempestivamente corrisposte a fronte di una rateazione in itinere – l’intervenuta decadenza della procedura già esperita […] rende dovuto il relativo debito tributario nella propria interezza. Il che impedisce di considerare la posizione della società regolare in relazione ai pertinenti obblighi di pagamento”.
3. Nel ricorso adesso proposto dall’A.C. Chievo-Verona s.r.l. avverso la delibera del Consiglio Federale si sostiene che il contribuente, pur essendo decaduto dal programma di estinzione rateale dei debiti di imposta, avrebbe avuto comunque diritto, all’esito dell’emissione della cartella di pagamento, alla rateizzazione dell’importo conseguentemente riscuotibile. Una volta ricevuta la cartella di pagamento, infatti, il contribuente può richiedere comunque una (seconda) dilazione, per n. 72 rate, ai sensi dell’art. 19 d.P.R. n. 602/73, che si assume configurare “diritto” del contribuente allorché dichiari di versare in una situazione di obiettiva difficoltà che gli impedisce di estinguere altrimenti il debito.
Assume la Società ricorrente che, a causa dell’emergenza Covid-19, sin dal Decreto c.d. “Cura Italia” (D.L. n.18/2020) e poi gli altri provvedimenti legislativi succedutisi in materia fino al vigente Decreto “Lavoro” (D.L. n. 99/2021), nel periodo che intercorre dall’8 marzo 2020 al prossimo 31 agosto 2021 sono sospesi i pagamenti esigibili su cartella esattoriale dall’ Agenzia delle Entrate – Riscossione: A.C. Chievo-Verona s.r.l. virtualmente ne godrebbe tanto che, ancorché in difetto della cartella esattoriale e del provvedimento formale di ammissione al regime di riscossione convenzionale, ha presentato istanza e contestualmente versato, di concerto conl’Amministrazione fiscale, 1/72 dell’importo riscuotibile pur formalmente non quantificato dall’Amministrazione per via della moratoria legislativa delle attività comunque connesse alla riscossione delle imposte, principiando da quella di emissione della stessa cartella esattoriale. Per tali ragioni, col ricorso si sostiene che sarebbe ingiusto far ricadere sulla Società la neutralizzazione normativa delle attività amministrative da cui è derivata l’impossibilità di trarsi dalla situazione di decadenza in cui è incorsa all’esito dell’inadempimento del primo piano rateale, in ultimo non potendosi affermare che “la società non ha adempiuto all’obbligo di pagamento dei debiti fiscali”.
In secondo luogo, l’A.C. Chievo-Verona s.r.l. sostiene l’illegittimità del provvedimento impugnato a causa di un difetto di istruttoria della Co.Vi.So.C., essendosi quest’ultima limitata a prendere atto di un dato formale, risultante da un sintetico documento ricevuto dall’Amministrazione finanziaria, non avendo invece operato gli opportuni approfondimenti; siccome la Commissione afferma che “i dati normativi non farebbero venir meno l’oggettività dell’inadempimento, consistente nella intervenuta decadenza di alcune procedure di rateizzazione in corso e nellaconseguente assenza di rateazioni attualmente in essere alla data del 28 giugno 2021”, la Società sostiene che tale motivazione sia palesemente carente, perché le procedure di rateizzazione sono rese inattuabili ex lege, e tale era la situazione anche alla data del 28 giugno scorso, quando l’Agenzia delle Entrate – Riscossione aveva fornito informalmente, non potendo farlo diversamente, le indicazioni riguardanti il pagamento; indicazioni, secondo la Società, prontamente raccolte.
In terzo luogo, dal punto di vista del diritto sportivo, che mira a garantire un regolare svolgimento del torneo, con squadre economicamente e finanziariamente in equilibrio e che come tali siano in grado di portare a termine il campionato, senza alterare l’equilibrio competitivo mediante il dirottamento di risorse finanziarie dal pagamento di debiti in essere a favore di pagamenti diversi e più funzionali ad aumentare la competitività sul campo, quali quelli per calciatori e tecnici, la Società sostiene, invocando sul punto la relazione del Revisore, di essere in condizione di pieno equilibrio finanziario, con ampie garanzie di sostenibilità del campionato, e nel pieno rispetto del criterio della priorità di utilizzo delle risorse economiche.
Per tutte queste ragioni, A.C. Chievo-Verona s.r.l. chiede di accertare e dichiarare l’illegittimità della delibera federale e di disporre la propria ammissione al campionato di Serie B 2021/2022, previa concessione della relativa licenza nazionale.
4. Si è costituita la FIGC; ed è intervenuto il controinteressato Cosenza calcio s.r.l., illustrando successivamente con memoria le deduzioni operate all’atto di costituirsi: entrambe le parti hanno concluso per la reiezione del ricorso, per motivi di rito e di merito
La Federazione inter alia ha dedotto come le argomentazioni della ricorrente – secondo cui la regolarità fiscale potrebbe ripristinarsi pro futuro allorquando, ricevuto un atto della riscossione, si esperisse la procedura di rateazione prevista dall’art. 19 d.P.R. n. 602/ 1973 – risultano erronee in quanto i debiti menzionati dalla disciplina federale (pur potenzialmente suscettibili di una futura rateazione) restano comunque debiti fiscali inadempiuti (alla data del 28 giugno 2021) perché il pagamento rateale, che pure era in itinere, non era oltremodo attuale.
L’A.C. Chievo-Verona s.r.l. ha replicato, depositando nuovi documenti, di formazione anteriore alla data di deposito del ricorso o comunque di elaborazione della stessa difesa.
All’udienza del 26 luglio 2021 sono intervenute tutte le parti.
Considerato in diritto
1. Non sussistono ragioni di impedimento per l’esame del merito del ricorso, che tuttavia non è fondato. La natura del presente giudizio, ampiamente devolutivo e con pieno accesso al rapporto, esclude la rilevanza attuale delle questioni inerenti al procedimento definitosi con le determinazioni del Consiglio Federale. Neppure è essenziale dirimere l’insorta questione relativa al termine dei depositi dell’A.C. Chievo-Verona s.r.l. in data festiva (25 luglio 2021), perché le circostanze così documentate risulta(va)no (anteriormente) incontestate e gli autori della memoria e dell’opinione scritta contestualmente versata sono i medesimi rappresentanti della difesa intervenuti all’ udienza, così che verso i rispettivi argomenti è rimasto comunque assicurato il contraddittorio delle controparti mediante equipollenti capacità di replica.
2. La prospettiva assunta dalla parte ricorrente non appare condivisibile sin dall’equiordinazione che la sua difesa intenderebbe operare, in termini di opzioni tra loro fungibili in quanto legittime,
delle diverse condotte alternative del contribuente nei confronti della pretesa erariale: “il contribuente, se ritiene corretta la determinazione dell’Agenzia delle Entrate, può procedere a corrispondere la maggiore imposta dovuta e le relative sanzioni ridotte nel termine di trenta giorni, ovvero procedere al versamento rateale, ovvero restare inerte e attendere l’emissione e la notifica della successiva cartella di pagamento (atto successivo della riscossione forzata)”.Ora, è ben evidente come, proprio sul condiviso presupposto della fondatezza del maggior debito erariale (giammai contestato, anzi col riconoscimento proprio dell’istanza di dilazione dei pagamenti), non possano considerarsi in termini puramente equipollenti forme di estinzione successiva di tale obbligazione (comunque originariamente non adempiuta) con la persistenza tout court dell’inadempimento, che pertanto espone il debitore alla formazione del ruolo e all’esecuzione forzata speciale. A norma dell’art. 11, comma 2, D.lgs. 46/1999, infatti, “la cartella di pagamento […] contiene l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione, con l’avvertimento che, in mancanza, si procederà ad esecuzione forzata”.
Pertanto, la situazione del debitore che, per usare il lessico della parte ricorrente, “rest[i] inerte e attend[a] l’emissione e la notifica della successiva cartella di pagamento” è, in termini sostanziali, di attuale responsabilità per l’ “obbligo” nei confronti del creditore erariale (Agenzia delle Entrate) e, in termini processuali, di prospettica soggezione nei confronti dell’agente della riscossione (Agenzia delle Entrate – Riscossione): situazioni, entrambe, non incise nella loro consistenza dalla ulteriore disponibilità di mezzi di tutela.
3. Nel caso di specie, deve tenersi anzitutto per incontroverso, oltre documentalmente provato dalla parte resistente FIGC (che incontra senz’altro lo standard di sufficienza probatoria mediante il c.d. “sintetico documento ricevuto dall’Amministrazione finanziaria”), che una situazione del genere fosse proprio quella della Società ricorrente già in costanza del regime inaugurato l’8 marzo 2020 , e dunque in costanza delle pur allegate impossibilità ulteriori.
Dell’ A.C. Chievo-Verona s.r.l., in particolare, consta la situazione che normativamente deriva dalla combinazione di più disposizioni, testualmente illustrate di seguito.
A norma dell’art. 2 D.lgs. 462/1997, “1. Le somme che, a seguito dei controlli automatici effettuati ai sensi degli articoli 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1972, n. 633, risultano dovute a titolo d’imposta, ritenute, contributi e premi o di minori crediti già utilizzati, nonchè di interessi e di sanzioni per ritardato o omesso versamento, sono iscritte direttamente nei ruoli a titolo definitivo. 2. L’iscrizione a ruolo non è eseguita, in tutto o in parte, se il contribuente o il sostituto d’imposta provvede a pagare le somme dovute […]”.
Per l’art. 3-bis (Rateazione delle somme dovute), “1. Le somme dovute ai sensi dell’articolo 2, comma 2, […] possono essere versate in un numero massimo di otto rate trimestrali di pari importo, ovvero, se superiori a cinquemila euro, in un numero massimo di venti rate trimestrali di pari importo”; e tuttavia, “3. In caso di inadempimento nei pagamenti rateali si applicano le disposizioni di cui all’articolo 15-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602”.
Quest’ultima disposizione prevede: “1. In caso di rateazione ai sensi dell’articolo 3-bis del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462, il mancato pagamento della prima rata entro il termine di trenta giorni dal ricevimento della comunicazione, ovvero di una delle rate diverse dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva, comporta la decadenza dal beneficio della rateazione e l’iscrizione a ruolo dei residui importi dovuti a titolo di imposta, interessi e sanzioni in misura piena”, salvo il “caso di lieve inadempimento” (comma 3).
In definitiva, per le vicende occorse, la Società, indipendentemente dal regime normativo principiato l’8 marzo 2020, era decaduta dal beneficio di termini rateali ai sensi dell’articolo 3-bis D. lgs. 18 dicembre 1997, n. 462, e dunque qualificabile verso l’Erario quale soggetto responsabile di inadempimento non lieve: cosa che, se non vuol dire “consolidamento del debito fiscale” (concetto oltremodo irrilevante nella fattispecie) certo vale a escludere trattarsi di“opzione legittima” (sostanziando appunto inadempimento, ad litteram); sicché, anche soltanto in base al principio di auto-responsabilità, il medesimo soggetto (già non adempiente) non può invocare alcuna concausa o sopravvenienza, foss’anche -quest’ultima- soggettivamente in- imputabile, per assolversi dalle conseguenze del pregresso inadempimento in cui è(ra) incorso.
Del resto, anche ad altri fini (nella fattispecie, dell’art. 80, comma 4, D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50) è stato recentemente ribadito in giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. V, Sentenza 10 maggio 2021, n. 3613) che la rateizzazione non onorata dal contribuente è sufficiente a dimostrare che l’operatore economico “non ha ottemperato agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali non definitivamente accertati”.
In sintesi, l’impossibilità addotta a scusante per la mancata, allo stato, ammissione al regime di nuova rateazione in executiviis dipende immediatamente e direttamente dalla precedente decadenza dal beneficio del termine, i.e. dall’inadempimento dell’obbligo tributario (che si tratti di “residui importi dovuti a titolo di imposta, interessi e sanzioni in misura piena” è affermazione normativa inequivoca circa l’attualità di quell’obbligazione e l’illiceità sanzionabile per il suo difetto di estinzione), non contestato e senza che ne possa – per quanto occupa – rilevare la (non) definitività. Essendo la stessa difesa dell’A.C. Chievo-Verona s.r.l. ad avere, in udienza, evocato i concetti di “colpevolezza” ed “esigibilità”, pare al Collegio che dalla Società, cui si imputa l’inadempimento, era ben esigibile un comportamento alternativo che avrebbe posto nell’irrilevanza il regime normativo principiato l’8 marzo 2020.
Perciò, in questa prospettiva, non può dirsi condivisibile in alcuna misura l’invocazione dell’impossibilità di avvalersi del preteso “diritto di chiedere una seconda dilazione del debito fiscale con pagamento, per un massimo di n. 72 rate, ai sensi e per gli effetti dell’art. 19 d.P.R. n. 602/1973”, che nella prospettazione difensiva – pur definendosi “concessione della rateazione nella fase della riscossione esattoriale” – si configurerebbe ancora come “diritto del contribuente”.
Al riguardo, il Collegio osserva, anzitutto, che la fattispecie costitutiva di tale preteso diritto non risulta perfezionata, e che ogni questione inerente al suo mancato perfezionamento (siccome asseritamente ascrivibile a causa non imputabile al contribuente quale la sospensione fino al 31 agosto 2021 delle attività di notifica di nuove cartelle e degli altri atti di riscossione) naturalmente recede a fronte della precedente e assorbente responsabilità del contribuente medesimo per il non lieve inadempimento in cui si è(ra) anteriormente posto.
Si tratta della modulazione tipica del principio che ispira anche l’art. 87 c.p.c., onde ogni giudizio di imputabilità sempre deve risalire oltre il momento in cui il soggetto tiene la condotta immediatamente qualificabile, e fino a quello precedente in cui ne abbia consapevolmente determinato una condizione essenziale (actio libera in causa).
In aggiunta, in giurisprudenza la situazione soggettiva dell’esecutando per debiti tributari che, ove del caso, faccia istanza de non exequendo è ben lungi dall’essere ricostruibile in termini univoci di diritto soggettivo e, pendente la citata istanza, lungi altresì dal potersi considerare
regolare il rapporto tributario una volta che questo sia (per essere) novato dalla formazione del titolo esecutivo.
L’art. 19 cit. recita: “1. L’agente della riscossione, su richiesta del contribuente che dichiara di versare in temporanea situazione di obiettiva difficoltà, concede la ripartizione del pagamento delle somme iscritte a ruolo, con esclusione dei diritti di notifica, fino ad un massimo di settantadue rate mensili. Nel caso in cui le somme iscritte a ruolo sono di importo superiore a 60.000 euro, la dilazione può essere concessa se il contribuente documenta la temporanea situazione di obiettiva difficoltà. […].
1-quater. A seguito della presentazione della richiesta di cui al comma 1 e fino alla data dell’eventuale rigetto della stessa richiesta ovvero dell’eventuale decadenza dalla dilazione ai sensi del comma 3: a) sono sospesi i termini di prescrizione e decadenza; b) non possono essere iscritti nuovi fermi amministrativi e ipoteche, fatti salvi quelli già iscritti alla data di presentazione; c) non possono essere avviate nuove procedure esecutive. […].
1-quinquies. La rateazione prevista dai commi 1 e 1-bis, ove il debitore si trovi, per ragioni estranee alla propria responsabilità, in una comprovata e grave situazione di difficoltà legata alla congiuntura economica, può essere aumentata fino a centoventi rate mensili. […].
3. In caso di mancato pagamento, nel corso del periodo di rateazione, di cinque rate, anche non consecutive: a) il debitore decade automaticamente dal beneficio della rateazione; b) l’intero importo iscritto a ruolo ancora dovuto è immediatamente ed automaticamente riscuotibile in unica soluzione; c) il carico può essere nuovamente rateizzato se, all’atto della presentazione della richiesta, le rate scadute alla stessa data sono integralmente saldate. In tal caso, il nuovo piano di dilazione può essere ripartito nel numero massimo di rate non ancora scadute alla medesima data. Resta comunque fermo quanto disposto dal comma 1-quater”.
L’interpretazione corrente della normativa, appena riassunta, sulla rateazione delle somme riscuotibili (e non meramente esigibili) è nel senso che il “relativo provvedimento [sia] costitutivo”, e, inoltre, la situazione che ne scaturisce è definita di “beneficio che, una volta accordato, comporta la sostituzione del debito originario con uno diverso, con novazione dell’obbligazione originaria e nascita di una nuova obbligazione tributaria” (Cons. Stato, Sez. V, 27 agosto 2014, n. 4382).
Conseguenza di tanto è che sia “in regola con il fisco [soltanto] il contribuente cui sia stata accordata la rateizzazione”. Del resto, l’Agente della riscossione (e non l’Agenzia delle Entrate, che è invece unico soggetto contemplato dal “Sistema Licenze nazionali” pure in tema di rateazione, secondo il significativo rilievo della difesa di parte controinteressata) deve pur sempre operare una serie di valutazioni, il cui nucleo irriducibile consiste nel verificare se “il contribuente al momento della richiesta sia in condizione di adempiere alla rateizzazione” (Cass., sez. trib., 09 marzo 2021, n. 6399).
Come osservato di recente, “il beneficio non si produce automaticamente ma viene «concesso» con apposito atto dell’Agente della riscossione che può, dunque anche denegarlo”, ciò che è – del resto – espressamente contemplato dalla disposizione censita; “pertanto, la semplice richiesta del contribuente non può integrare alcuna formalizzazione di impegno al pagamento fintanto che non sia intervenuto apposito provvedimento di ammissione al beneficio” (TarUmbria, sez. I, 31 luglio 2019, n. 455; una convergente affermazione di principio secondo cui “l’eventuale rateizzazione del debito pu produrre effetti per l’ordinamento sportivo solo a partire dal raggiungimento di un accordo con l’amministrazione fiscale” è contenuta altresì nella giurisprudenza di questo Collegio: si v. Sez. un., dec. 19 febbraio 2016, n. 9; Id., decisione 3 agosto 2015, n. 31). Si tratta, conclusivamente, di circostanza che vale anche a togliere ogni rilevanza all’attività unilateralmente realizzata in data 28 giugno 2021 dalla Società e al pronostico di “ipotetica concedibil[ità]” del beneficio pure rilasciato.
Infine, appare al Collegio implausibilmente riconducibile a coerenza la pretesa della parte ricorrente di risultare nel godimento del requisito particolare, annoverato dal “Sistema Licenze nazionali”, circa l’intervenuto “assolv[imento de-]l pagamento dei tributi IRES, IRAP ed IVA risultanti dalle dichiarazioni annuali riferite ai periodi di imposta terminati entro il 31 dicembre 2014, 2015, 2016, 2017 e 2018” per la sola quanto virtuale accessibilità dell’istanza a normadell’art. 19 d.P.R. n. 602/1973 col vanto simultaneamente avanzato di trovarsi “invero da sempre in una condizione di pieno equilibrio finanziario”. Come visto, infatti, condizione per la eventuale concessione del beneficio de non exequendo (nella specie invocato per un ammontare complessivo massimamente significativo: € 17.883.000,00) rimane pur sempre che il “contribuente […] dichiar[i] di versare in temporanea situazione di obiettiva difficoltà”, il chelogicamente stride con le allegazioni pure operate in giudizio.
4. Consegue da tanto che sotto tutti i profili fatti valere col ricorso le censure addotte nei confronti della delibera pubblicata nel Comunicato ufficiale n.12/A, in data 16 luglio 2021, appaiono non fondate.
5. Al rigetto del ricorso segue l’obbligazione di rimborso delle spese di difesa sostenute dalla intimata FIGC, come liquidate in dispositivo. Nulla per spese è invece esigibile dalla parte intervenuta, ogni anticipazione di questa risultando causalmente riconducibile soltanto alla sua stessa iniziativa processuale.
P.Q.M.
Il Collegio di Garanzia dello Sport
Sezione per le controversie in tema di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche
Rigetta il ricorso.
Dichiara la parte ricorrente tenuta a rimborsare le spese del giudizio alla FIGC, che liquida in € 2.500,00.
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