Vicenza-Verona, due carroarmati che schiacciano ogni ostacolo: vita nuova a Padova, Gautieri si rialza, ombre a Venezia
domenica 26 Gennaio 2020 - Ore 23:58 - Autore: Dimitri Canello
Come quando guardi due lati di uno specchio di un armadio vecchio stampo, di quelli che dovunque ti giri vedi qualcosa di bello. Ti giri a destra e vedi il Verona di Ivan Juric, che in Serie A strabilia, che vince gli scontri salvezza quasi con la pipa in bocca come oggi col Lecce, ti giri a sinistra e vedi un Vicenza di quelli che ti fanno capire quanto contino un allenatore e un direttore con i controfiocchi in Serie C, come in qualsiasi categoria. Giuseppe Magalini ha riformato nella città del Palladio la coppia vincente di Mantova con Domenico Di Carlo. E la squadra sembra quasi un dettaglio, viaggia col pilota automatico, con dieci vittorie in undici partite e una difesa bunker che subisce gol col contagocce. Fateci caso: da quando il Vicenza perse il 3 novembre il derby col Padova ha reagito come una belva ferita e ha iniziato a inanellare un successo dopo l’altro. Una serie interrotta e spezzata solo da un pareggio, per il resto solo caselline con la luce verde, tutte convincenti, tutte con protagonisti diversi, tanto da rendere quasi superfluo il mercato. Verona e Vicenza sono state due facce del Veneto storico, quello che per anni ha scorrazzato in Serie A, che ha vinto uno scudetto e una Coppa Italia e che ben presto, forse prima di quanto si possa immaginare, potrebbe ritrovarsi a duellare ai piani alti. Perché ora, a Vicenza faranno pure tutti gli scongiuri del mondo, ma anche se la Reggiana domani dovesse battere il Südtirol, la promozione in C la può perdere soltanto il club di Renzo Rosso, che poi non vorrà certo fermarsi al secondo piano. Che sta per prendere Francesco Di Mariano dal Venezia (trattativa in dirittura, ok fra Venezia e Vicenza, ok fra Venezia e giocatore, manca qualche dettaglio fra Vicenza e giocatore) e che magari il 31 gennaio sfornerà un colpo in prospettiva Serie B per il prossimo anno in attacco. Oppure no, chissà… Il Verona ormai non ha più aggettivi degni per descrivere quello che si sta facendo. Con le big nella migliore delle ipotesi si perde senza sbracare, con le cosiddette “piccole” si vince e se ne stecca una su dieci, con le altre si gioca ad armi pari. Un campionato straordinario, che magari potrebbe regalare un rinforzo proprio sul filo di lana per mettersi al riparo da qualsiasi sorpresa.
Magalini e Di Carlo tornano dunque a spopolare come ai tempi di Mantova, a Padova Sogliano e Mandorlini tentano un nuovo miracolo dopo quello di Verona. Archiviata la scelta (sbagliata) di affidarsi a Salvatore Sullo, che ha cominciato a uscire di strada proprio quando era col sole in faccia, il finestrino abbassato, gli occhiali da sole ben in vista e la radio a tutto volume, ecco alla guida Andrea Mandorlini. Serviranno alcuni correttivi (almeno un paio) per aiutare l’allenatore a ripetere le imprese di Verona, dopo Hallfredsson, Litteri e Nicastro adesso Sogliano gioca a carte coperte e potrebbe portare a Padova Massimiliano Carlini (favorito il Catanzaro) dopo aver piazzato Benjamin Mokulu, un altro che non ha reso quanto ci si aspettava. Mentre l’ex ds Giorgio Zamuner potrebbe ripartire da Trapani, nella città del Santo quattro punti in due partite non sono pochi, Mandorlini ha detto “fra tre mesi vedremo un altro Padova”, il segnale che sta progettando qualcosa di grosso per i playoff. Dove vuole finirci pure la Triestina: Carmine Gautieri ha spazzato via le voci di esonero in caso di ko col Cesena (e pensate un po’, sarebbe tornato Massimo Pavanel perché Stefano Sottil può essere una scelta per giugno) e adesso spera di arrivare più in alto possibile nella griglia. Ma l’infortunio di Malomo è un altro grosso problema, Pasini è stato contattato e il Vicenza potrebbe anche mollarlo ma il vero obiettivo potrebbe essere Conson.
Le ombre stavolta arrivano da Venezia, dove si sperava di poter finalmente sfatare il tabù Penzo e invece il secondo tempo è stato negativo, Molinaro si è fatto male dopo 17 minuti e le assenze hanno pesato eccome. La salvezza resta una missione complicata. Il Pordenone si è preso una giornata di vacanza, incassando una sconfitta strameritata e sorprendente soprattutto nella sostanza, ancor più che nella forma, a Cittadella ancora una volta finisce nel mirino l’arbitro. Nella fattispecie Baroni di Firenze: manca un’espulsione per un fallo di Letizia su Stanco, ma il cartellino rosso ad Adorni c’è sicuramente e se Stanco non avesse fallito un gol più facile da segnare che da sbagliare staremmo qui a parlare di un altro match. Non discuto il fatto che il Cittadella qualche torto lo abbia subito, ma se ogni settimana la colpa di mancate vittorie è sempre dell’arbitro di turno per bocca dei diretti interessati, magari a forza di lamentele ti può venire il sospetto che le ex giacchette nere non considerino così simpatica una squadra così ben guidata e allenata come i granata. E se si provasse a evitare di lamentarsi sempre/spesso, magari chiudendo talvolta un occhio se qualcosa va storto, magari ricordandosi anche di quando i favori girano anche in senso opposto (leggi Cittadella-Chievo e un mani in area granata di Adorni non visto) per vedere l’effetto che fa?
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