Venezia che orchestra (e che direttore), Vicenza e Fort Menti, Triestina e una rosa da primato: Padova, Pordenone e Cittadella fuori strada
lunedì 21 Ottobre 2019 - Ore 08:00 - Autore: Dimitri Canello
Stavolta la copertina di inizio settimana la dedico al Venezia. Ho visto la partita con la Salernitana, mentre con l’altro occhio seguivo Juve Stabia – Pordenone, ma dopo mezz’ora purtroppo a Castellammare c’era ben poco da seguire. Niente di più convincente, invece, al Penzo per chi era curioso di vedere sin dove potesse arrivare una squadra che sta stupendo, settimana dopo settimana. Che ha un’idea di gioco chiara, che la varia quanto basta a seconda di chi si trova di fronte. Che ha pure quel pizzico di fortuna che aiuta chi rischia e chi azzarda. Alessio Dionisi ha messo sotto scacco Giampiero Ventura. Qui parliamo di Serie B e non di Nazionale e qualcosa da dire l’ex ct in questa categoria ce l’ha ancora. E magari i legni aiutano, ma con le idee si può osare. Si vede che la squadra ci crede, perché il Venezia gioca di collettivo, prima che coi singoli, che pure ci sono. E la vittoria sulla Salernitana non è un caso, come non è un caso che prima o dopo dovesse tornare un primattore come Francesco Di Mariano. Partita eccezionale, come a bussare alla porta di chi ne ha dimenticato il talento. Purissimo, che non può certo essere messo in soffitta o accantonato fra le cose da buttare. Prima o dopo, se starà bene, rivedremo anche Gianmarco Zigoni, intanto lo spartito suona in modo eccellente, con un direttore d’orchestra che sta facendo meraviglie e con un Lorenzo Lollo che comincia a far vedere chi è. Insomma, Dionisi temeva di sbagliare le scelte, invece non ha sbagliato proprio nulla, non soltanto seguendo la traccia del risultato.
E’ tornato Fort Menti. Il Vicenza in casa non sbaglia un colpo e finalmente uno stadio che trema ogni volta che la squadra sa toccare le corde giuste torna a risplendere come ai vecchi tempi, quando per espugnarlo bisognava fare la partita della vita. Dopo il ko (meritato) di Piacenza, al tappeto ci va la Reggiana, che così com’è potrà dare fastidio a tutte, ma non è certo una contendente per il traguardo massimo. E’ andata oltre le proprie possibilità, ha un allenatore bravissimo, ma davanti senza Marchi e Scappini son dolori veri e la panchina non è a livello delle primissime. Prima o poi qualche punto per strada lo perderà, mentre stavolta ci vuole un eurogol di Bruscagin da consegnare agli annali per confermare che Di Carlo sarà lì fino in fondo per il primo posto. I cambi ancora una volta sono conservativi, ma stavolta per come si era messa la partita un senso ce l’hanno al di là del risultato. Il Padova adesso è soltanto a un punto di distanza, perde per la seconda volta consecutivamente e conferma tutto quello che si scriveva su queste colonne la settimana scorsa. Che se sei in flessione (se non è crisi ci siamo davvero vicini) prima o poi qualcuno ti smaschera. Lo aveva già fatto il Ravenna battuto in casa a sua volta da un grande Arzignano, lo ha fatto oggi la Triestina. Carmine Gautieri, che ha esordito come meglio non avrebbe potuto dimostrando quanto servisse un allenatore a questa squadra, ha fatto due cose semplici ed efficaci allo stesso tempo. Ha bloccato le fasce a cominciare da Baraye e disinnescato Ronaldo. Il Padova si è squagliato e per la seconda settimana consecutiva praticamente non ha tirato in porta. E’ ancora primo, ma se non trova contromisure tattiche e non varia il suo tema di gioco, lo sarà ancora per poco. Davanti non tira nessuno, l’unica occasione è ancora di Massimiliano Pesenti, per il resto davvero non ci siamo. Nessuno pensava che il Padova ammazzasse il campionato, ma i tifosi si devono augurare che sia soltanto una questione mentale o di un calo temporaneo e che non si tratti di un calo fisico, perché siamo a fine ottobre e non a fine novembre e se fosse questo ci sarebbe sì da preoccuparsi. La Triestina dimostra che gli editorialisti sportivi italiani non sono rimasti vittima di un abbaglio collettivo in estate e che i valori ci sono eccome. Altro che squadra sopravvalutata, vecchia, o altre amenità simili lette in queste settimane. Che si siano innescati cortocircuiti mentali o di spogliatoio potenzialmente letali è una verità difficilmente smentibile, che fosse tutto da buttare proprio no. Trovo difficile immaginare una rimonta in ottica primo posto perché sono troppi i punti persi per strada e soprattutto perché ci sono troppe squadre davanti: serviranno altre conferme ma i mezzi per fare bene ci sono tutti. Lassù c’è anche il Südtirol, che travolge il Gubbio e conferma di essere una squadra da piani alti, quanto alti lo scopriremo presto.
Con il Padova che perde la seconda partita consecutiva (scricchiolii c’erano già prima), vanno al tappeto pure Cittadella e Pordenone. Il Cittadella prende tre sberle dal Cosenza dopo un’ora a ottimi livelli, il Pordenone dopo il poker incassato a Pescara, ne vede arrivare altri quattro a Castellammare, il che è ben più grave, soprattutto per come si sviluppa la partita. Ha ragione Tesser quando dice che la squadra è in linea con gli obiettivi, ma anche in questo caso la speranza è che si sia trattato soltanto di un ko isolato e che non sia la spia di altro. Il Cittadella non ha perso per colpa dell’arbitro e sarà bene che si torni a parlare d’altro evitando di ricadere sempre negli stessi schemi. Meglio, per esempio, pensare all’incrocio della Dacia Arena, che dirà molto sia su entrambe le contendenti. Il Verona perde a Napoli ma gioca una partita assolutamente senza macchia. l’Udinese si prende tre punti di platino col Torino, mentre la Virtus Verona strappa applausi a scena aperta. Sbanca pure San Benedetto e diventa qualcosa più di una semplice contendente alla salvezza, a patto di mantenere questo spirito. Occhio ai particolari: va segnato sul taccuino il nome di Manuel Spinale, primo collaboratore di Gigi Fresco. Lo sta aiutando tantissimo, può essere una chiave di lettura per un futuro a quattro stelle. Così come il Chievo, che batte anche l’Ascoli e guadagna consapevolezza. Le vittorie difficilmente arrivano per caso, meno che mai è un caso quando ne arrivano due con sei gol all’attivo e tanto gioco. Con Vignato che fa vedere perché per lui si è mosso persino il Bayern Monaco. Ad maiora.
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