Pordenone, da Treviso a Udine e il coraggio di Lovisa: Venezia all’ultima chiamata, segnali di Vicenza, Padova-Verona giù, Cittadella boom
lunedì 6 Maggio 2019 - Ore 00:29 - Autore: Dimitri Canello
Parto ancora da Pordenone, perché in settimana è arrivata la notizia che in tanti volevano sentirsi dire. E cioè che il Pordenone resta a Pordenone. Niente mutazioni genetiche, niente trasferimenti di sede o fusioni col Treviso. E’ una buona notizia? Sì, lo è, perché se a molti non era piaciuta l’operazione Bassano-Vicenza, quella Pordenone-Treviso sarebbe stata ancora più ardita, perché fatta fra due realtà regionali diverse e con bacini d’utenza che hanno troppo poco da spartire fra loro. Più nel dettaglio: il Pordenone andrà a giocare a Udine, fino a quando non si sa. Fra Pordenone e Udine ci sono una cinquantina di chilometri. Non sono tantissimi, ma neppure pochi. Per arrivarci ci vuole un’ora. Non si può dire che Mauro Lovisa non abbia coraggio. Ha agitato nell’aria l’ipotesi Treviso per settimane probabilmente per smuovere la politica e l’imprenditoria locale, sta tentando quello che non è mai riuscito a nessuno in Italia, eccetto che al presidente di Confindustria Giorgio Squinzi alla guida del Sassuolo: ossia dare un futuro a una città che non ha un impianto a norma a 50 chilometri di distanza. In un’altra città, in un altro stadio. Treviso sfuma. Restano tante domande: ce la farà Lovisa dove molti altri hanno fallito? Riuscirà a costruire un nuovo stadio a Pordenone? Riuscirà a coinvolgere gli udinesi a seguire i Ramarri con la bella idea dell’abbonamento congiunto? Tutte domande che per ora non hanno una risposta. In bocca al lupo sincero al Pordenone, perché la strada che dovrà percorrere tutto è fuorché facile. Anzi, è difficilissima e le mie perplessità per la complessità di quanto si sta tentando restano, ma è giusto prima di tutto applaudire il Pordenone per una stagione strepitosa (zero sconfitte in trasferta, un record) e poi è giusto anche lasciare il tempo a Lovisa di tentare un’operazione che, se riuscirà, sarà un autentico “unicum” nel mondo calcistico italiano.
Sulla vicenda Pordenone – Treviso, in risposta alle offese di chi evidentemente non sa leggere, vive in un mondo parallelo o si dimentica in fretta le cose, vorrei riportare alla mente i fatti di questo ultimo mese. Tutto ampiamente documentato, ma si sa, meglio far finta di nulla o sputare veleno contro i giornalisti cattivi che cercano semplicemente di raccontare la verità. Cronistoria di aprile: 2 aprile, il Corriere del Veneto rivela il progetto di trasferimento del titolo sportivo del Pordenone a Treviso. Nessuna smentita. Nello stesso giorno Lovisa al sito ufficiale del Pordenone dice testualmente: “stiamo dialogando con il Comune di Pordenone, valutando per il futuro immediato due soluzioni: Udine e Treviso. Da Treviso, in particolare, è arrivata la disponibilità strutturale del sindaco, oltre che la stima per il progetto neroverde di imprenditori locali”. 2 aprile, Lovisa a Trivenetogoal: “Mi sto muovendo esclusivamente per trovare una soluzione strutturale per il futuro, una volta arrivati al traguardo in una settimana andate sereni che per lo stadio ci sarà la soluzione. Penso a un progetto di tre anni, non a qualcosa che non duri nel tempo”. 3 aprile, Mauro Lovisa al Corriere del Veneto: «A Treviso ci sono gli imprenditori coi soldi interessati al calcio ma manca il know how, a Pordenone è il contrario. C’è il know how per il calcio professionistico e mancano gli imprenditori interessati a supportarne l’operato». 3 aprile, Mauro Lovisa a Il Messaggero Veneto: “Non è che non abbia più voglia di investire nel Pordenone, anzi, però in questi undici anni da presidente, esclusivamente per pura passione, di soldi ne ho messi parecchi. Ora voglio essere affiancato da qualcuno, da un paio di imprenditori appassionati, interessati a fare le cose per bene. Anche perché la società nel tempo è diventata una vera azienda, che dà lavoro, non dimentichiamolo, a settanta persone. Guardate Renzo Rosso a Vicenza: di certo le risorse non gli mancano, però si è fatto affiancare da alcuni colleghi imprenditori cui ha ceduto una parte delle quote. Ecco, io vorrei fare una cosa simile. E se a Pordenone non sarà possibile, lo farò a Treviso”. 4 aprile, assessore allo sport del Comune di Pordenone Walter De Bortoli: «La Regione ha stanziato oltre 2 milioni di euro per ristrutturare il Tognon di Fontanafredda. Per adeguarlo anche alla B servirebbero ulteriori lavori, e la Dacia Arena sarebbe la soluzione ad interim ideale. Anzi, probabilmente l’unica. Stadio nuovo? Pronti ad appoggiare Mauro Lovisa anche in questo ma deve rendersi conto che i tempi per la realizzazione di un nuovo impianto sono stimabili in tre anni. Pensi bene a ciò che vuole fare ed è possibile fare». 5 aprile: conferenza congiunta Bolzonello-Lovisa-Ciriani, i tre dichiarano chiusa l’ipotesi Treviso. 11 aprile: Lovisa incontra al Vinitaly il Governatore della Regione Veneto Luca Zaia, che benedice e approva il suo progetto di trasferimento a Treviso, dichiarandosi disponibile ad aiutarlo. 17 aprile: Trivenetogoal dà la notizia che il sindaco di Treviso Conte ha chiamato Massimo Zanetti, patron di Segafredo, in Brasile ottenendo totale disponibilità per il progetto Serie B. 18 aprile, Zanetti al Gazzettino, fra virgolette: «Sì, mi ha chiamato il sindaco Conte e ho dato la mia piena disponibilità a contribuire al progetto serie B di calcio». Poi la svolta. Lovisa incassa la disponibilità di Omega Group di San Donà di Piave, che dovrebbe tirare fuori un milione di euro. Decide di rimanere a Pordenone, andrà a giocare a Udine alla Dacia Arena, allaccia una collaborazione con l’Udinese. Per ora è tutto, la conferma di Attilio Tesser, con il ribaltamento di segnali che andavano tutti in direzione opposta, è un altro punto a favore del presidente neroverde.
Retrocede il Padova ed è una retrocessione meritata. Una di quelle stagioni in cui, per inesperienza e risorse limitate, gli errori si accumulano e gli errori presentano il conto. Affonda il Verona che esonera Fabio Grosso una settimana dopo che Maurizio Setti, con arroganza, quasi sfidava la platea al grido di “niente esoneri, io sono coerente!”. A Verona i nodi stanno venendo al pettine, è tutto sbagliato, dalla “A” alla “Z” e l’epilogo, alla lunga, non potrà che essere negativo, anche se dovessero arrivare i playoff. Sarei francamente sorpreso se Aglietti, catapultato su Marte a due giornate dalla fine, facesse un autentico miracolo. A Cittadella Venturato gli infligge un’autentica lezione di calcio, dopo l’1-5 dell’era Pecchia, arriva lo 0-3 di domenica. Al Tombolato ci sono le forche caudine: Setti, che ne dice? Il Venezia è appeso a un filo. Domani c’è Foggia-Perugia, il dramma vissuto in laguna è tutto racchiuso in quel rigore (che c’era, a scanso di equivoci) al 96′ segnato da Domizzi. Inutile parlare di regali arbitrali, se il Pescara sbaglia tre gol fatti, tanto più che si potrebbe discutere sul primo penalty, ma che ce ne sarebbe un altro ben più netto nella ripresa per un fallo di mano non concesso. Mandare via Valentino Angeloni a due giornate dalla fine l’ho trovata una decisione giusta nella sostanza, ma sbagliata nei tempi. Arrivati a questo punto, si sarebbe potuto attendere il termine della stagione, perché tanto l’epilogo lo si era già capito. Angeloni è mancato soprattutto nella gestione della quotidianità dello spogliatoio, molto più che nel calciomercato, estivo e invernale, condotto col chiaro obiettivo di spendere il meno possibile e di alleggerire il monte ingaggi. Gli infortuni abbondano e salvarsi nelle condizioni attuali sarebbe un miracolo. Una mano l’ha data il Carpi, retrocesso con una settimana di anticipo. Il resto, però, dovrà farlo la squadra
E’ tornato il Vicenza? Le due vittorie contro Fano e Albinoleffe qualche segnale lo danno, vedremo se ai playoff accadrà qualcosa di impensabile. Fatto sta che la chiusura di sipario è stata decisamente migliore delle aspettative di qualche settimana fa. Intanto le trame societarie stanno per produrre i primi fatti tangibili e cioè la nomina del nuovo ds, con Giuseppe Magalini in pole-position (e Domenico Di Carlo allenatore?) e Sean Sogliano outsider di lusso. Ma, guardando al passato della famiglia Rosso, non si possono escludere categoricamente sorprese. La Triestina ai playoff può recitare un ruolo da protagonista, la Virtus Verona va ai playout col Rimini, il SudTirol chiude male la regular season e adesso dovrà ricaricarsi in fretta.
Resta la spinosa questione Palermo. Nove società, fra cui Verona, Padova e Venezia, hanno firmato un documento che il Cittadella non ha voluto firmare. Le motivazioni del no granata espresse dal dg Stefano Marchetti sostanzialmente ricadono nella seguente considerazione: un conto era chiedere giudizio certo, un altro entrare nel merito, sostituendosi ai giudici. Devo dire che in effetti non ha tutti torti. Ho letto l’esposto e dico che è sacrosanto chiedere il rispetto delle norme, come ha specificato Tacopina, aggiungendo che, se c’è chi ha barato, deve pagare. Ma forse c’è un passaggio in cui si è andati oltre. Ora tocca alla Procura. In un paese normale, dopo quanto accaduto nella vicenda plusvalenze per il Chievo (salvo per un errore procedurale), il Procuratore federale si sarebbe dovuto dimettere all’istante. Invece è ancora lì. Adesso si gioca la credibilità che ha già perso. E ha in mano pure quella di un sistema marcio, che ha davvero l’ultima occasione per dimostrarsi, appunto, credibile.
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