Vicenza e i vicoli ciechi, il buio di Padova, il sabato di festa di Pordenone, il ruggito di Trieste: e le spine di Venezia….
lunedì 25 Febbraio 2019 - Ore 00:07 - Autore: Dimitri Canello
Vicenza non è Bassano. Lo hanno detto e ripetuto tutti, a qualsiasi latitudine, dal semplice tifoso all’opinionista più autorevole. Cosa significa in sostanza che Vicenza non è Bassano? Che se a Bassano l’eco delle azioni di Renzo e Stefano Rosso poteva al massimo fare un rumore impercettibile in qualche chat, in qualche gruppo social o in qualche bar, a Vicenza tutto rimbomba alla massima potenza e anche gli spifferi fanno notizia, figuriamoci azioni e dichiarazioni. E, se non controllato nel modo giusto, il tutto fa danni irreparabili. Prendiamo il primo anno di Rosso alla guida di un club storico e glorioso come il Lane. Gran bei propositi, nessun proclama a inizio anno, il modello Bassano traslato dalla provincia fino alla città, tutto sottotraccia in stile Rosso versione pallonara. Apprezzabile, che un imprenditore del suo calibro, al di là dei contorni di un’operazione che avrebbe potuto essere condotta in modo diverso senza cancellare dal calcio professionistico i colori giallorossi, decida di mettersi in gioco. Ma se nella moda Rosso è un numero uno assoluto, nel calcio lo deve ancora dimostrare. Siamo nella settimana in cui torna Colella ed esce di scena, davvero troppo presto, Michele Serena. Poche colpe aveva Colella al momento dell’esonero, limitate e comunque circostanziate le responsabilità pure di Serena. Vedi Virtus Verona – Vicenza: oltre le apparenze, chi deve capire ha capito perfettamente. Serena era diventato inviso a più di qualcuno dentro lo spogliatoio e i giocatori, tranne qualche rarissima eccezione, non hanno mosso un dito (nella migliore delle ipotesi) per salvarlo. Ora, le versioni su cosa sia successo nelle ultime 2-3 settimane sono le più disparate, tuttavia basta non fermarsi alle apparenze, guardare con attenzione cosa è accaduto al Gavagnin e si capiranno tante cose. Per chi vuole capirle. Serena si è dimesso, gesto rarissimo nel mondo del calcio e per questo davvero apprezzabile. Non lo fa nessuno, lo ha fatto lui. Ma i problemi principali di Vicenza non albergano certo in panchina, se proprio vogliamo essere chiari. Il primo esonero di Colella, che ci può anche stare, è stato completamente sbagliato nei modi. Con un like galeotto di Renzo Rosso ai messaggi social “Colella out” e “Colella dimettiti” poi cancellati e con dichiarazioni che hanno destabilizzato completamente l’allenatore già prima del ribaltone. Già alla cena di Natale per Colella tirava una brutta aria, di lì a poco tutto è andato come doveva andare. Ha deciso Renzo Rosso, che poi si è prodigato in messaggi pro – Serena e contro Colella. Oggi che Colella è di nuovo in sella, come andrà? Sarà bene riavvolgere il nastro e tornare al post – Pordenone: in quel momento il Vicenza ha appena vinto a Pesaro, espugnato Salò in Coppa, giocato un’ottima partita contro la capolista in cui avrebbe meritato di vincere. Stavolta non c’è Renzo Rosso, ma in sala stampa si presenta Stefano Rosso, che fa una conferenza stampa che lascia tutti a bocca aperta. Consiglio di riascoltarla, perché è in quell’esatto istante che comincia la caduta di Serena. Per far funzionare il Vicenza servirebbe innanzitutto unità d’intenti sul ponte di comando, un lavoro dirigenziale coeso e non frammentato fra diversi punti di vista e orientamenti. Ecco perché bisogna farsi questa domanda, in vista della prossima stagione: Werner Seeber è l’uomo giusto per guidare il nuovo corso del Vicenza? Dal punto di vista patrimoniale finanziario è sempre rimasto in sella perché ha fatto quello che la famiglia Rosso chiedeva. Spendere il minimo mantenendo una squadra competitiva. Solo che a Bassano può funzionare, a Vicenza no o comunque solo in parte: così facendo, se si vuole salire di categoria, si entra prima o dopo in un vicolo cieco. Ecco perché serviranno profonde riflessioni per costruire davvero la scalata alla Serie B, prima che alla Serie A. Con una società composta da imprenditori di primissimo piano come quelli di cui abbiamo certificato l’ingresso in settimana puntare in alto non è solo una speranza, ma a tutti gli effetti un passaggio obbligato. E attenzione, l’attuale stagione non è finita, per cui bisognerà provarci fino in fondo, anche attraverso la Coppa Italia. Senza alimentare false speranze, ma neppure senza buttare tutto via. Perché non è giusto e perché non è tutto da buttare.
In Serie B il sipario si chiude in serata con Livorno – Venezia. E le spine sono tutte per Walter Zenga, che perde al 93′ una partita che vale sei punti, passa in un minuto dal +6 al +3 su Breda con lo scontro diretto a sfavore e adesso deve guardarsi le spalle perché la classifica tutto è fuorché rassicurante. Meglio in questo momento far sparire in fretta i sogni da playoff e pensare a salvarsi il prima possibile, perché questo campionato rischia di diventare instabile e pericoloso anche in prospettiva futura. Una sola vittoria nelle ultime nove partite onestamente qualche riflessione urgente la impone. In precedenza il Verona batte la Salernitana, segna ancora Pazzini giusto per ribadire il concetto: come si può essere tanto autolesionisti a rinunciare al suo talento? Tecnicamente la squadra vale la promozione diretta, adesso non è lontana, Grosso si è salvato due volte all’ultimo respiro e ha sette vite come i gatti. Come quando segnava il gol decisivo in Germania – Italia quasi fuori tempo massimo. Il Cittadella era al bivio: doveva vincere per scacciare i fantasmi, per comunicare al campionato che il lavoro degli ultimi anni non si era disperso. Non è un caso, ha vinto e lo ha fatto con una tripletta di Gabriele Moncini, il pezzo pregiato del mercato di gennaio di Stefano Marchetti, ennesima intuizione di un dg che a molti piacerebbe vedere all’opera altrove, in una piazza diversa. Nello 0-2 del Padova a Pescara ci sono tutti i perché dell’ultimo posto del biancoscudo: buio pesto perché l’arbitraggio di Forneau è stato a dir poco penalizzante, ma anche perché non è arrivato un altro centravanti oltre a Mbakogu, perché Monachello è rimasto da Pillon ed è arrivato Baraye (che pure serviva), perché quando hai due occasioni gigantesche come quelle di Capello e Cappelletti e non segni è difficile appellarsi ad altro, perché Bisoli ha vinto due volte in diciotto partite e ha una media di 0,83 punti ogni 90 minuti. Foscarini ha fatto peggio, ma quando le stagioni sono nere gira tutto storto, dagli errori arbitrali, alle scelte di formazione (perché Broh esterno? perché Capello mezzala? perché Cappelletti regista sullo 0-2 quando sarebbe servito sbilanciarsi per provare quantomeno a recuperare?), agli infortuni, ai particolari che non s’incastrano. Non è finita, ci mancherebbe. Ma per arrivare almeno ai playout bisognerà vincere qualche partita di grido (ad esempio martedì contro la corazzata Brescia) e magari evitare di schierare giocatori fuori ruolo, se non per stretta necessità. Non servono luci stroboscopiche o effetti speciali per agganciare lo spareggio salvezza e giocarsi una stagione in 180 minuti. Il Padova può ancora farcela, a patto di seguire una traccia coerente e senza divagazioni al tema che sono solo dannose.
Mentre il Chievo si prepara ad affondare in Serie B (coi pareggi alla lunga non si va da nessuna parte), in Serie C prendete il pennarello rosso e cerchiate questa data ben in evidenza: sabato 23 febbraio 2019. Se il Pordenone vincerà il campionato il pomeriggio decisivo sarà stato quello del Recchioni di Fermo. La Triestina era già scesa a -4, a -7 rispetto a -5 è tutta un’altra storia. Si spengono le luci al Recchioni, dove arriva un rigore provvidenziale che Burrai (glaciale) trasforma, dove la squadra soffre eppure vince in un campo su cui in pochi hanno fatto bottino pieno. E dire che la Triestina ruggisce, l’anno numero cento vuole essere speciale e Pavanel ha dimostrato di aver imparato dagli errori commessi lungo il cammino. Se non arriverà prima, l’Alabarda può alzare la voce ai playoff, verso i quali marciano a ritmo impressionante la Feralpisalò e il SudTirol. Zanetti è tornato, in estate scommettevo che sarebbe stato protagonista e vedremo se riuscirà a reggere fino in fondo. I playoff saranno appassionanti e i posti per il Paradiso sono due e non più uno. Un particolare, questo, tutt’altro che trascurabile. Occhio, perché c’è una storia ancora tutta da scrivere
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