La forza di Tesser, i tre rintocchi di Colella, gli allarmi di Venezia, le costole del Diablo e il vascello fantasma della Serie B senza pace
giovedì 4 Ottobre 2018 - Ore 20:16 - Autore: Dimitri Canello
Quando si sottolinea l’importanza di un allenatore, non sono poche le voci che remano in direzione contraria. E che ribattono, anzi, che alla fine la responsabilità ricade sui giocatori e che certe squadre le avrebbe potute allenare anche un perfetto sconosciuto. Niente di più falso. L’allenatore nel calcio ha un’importanza fondamentale e di esempi ce ne sono a bizzeffe. Guardiamo alle nostre latitudini, ad esempio a Pordenone. Facile dire che va tutto bene all’inizio di questo campionato dopo tre vittorie e un pareggio portati a casa. Anche lo scorso anno i neroverdi erano partiti bene con Colucci al timone e tutti sappiamo com’è finita, ma questo sprint d’inizio stagione ha un valore diverso rispetto a 12 mesi fa. La squadra, a parere della stragrande maggioranza di addetti ai lavori, è inferiore sulla carta a quella della passata stagione. Ed è qui che si vede il valore di un allenatore. Nei movimenti di squadra, in come imposta il gioco, in come gestisci le partite e il gruppo. Insomma, ti puoi pure chiamare Feralpisalò, ma se i tuoi primattori scendono in campo in ciabatte il disastro è garantito e nessuno ti regalerà mai nulla. L’esplosione di Candellone è folgorante, il valore del centrocampo neroverde fuori discussione e l’aggiunta di Gavazzi è un ulteriore tassello che si somma agli altri già presenti.
Si diceva della Feralpisalò. A scorrere i nomi della squadra, a parte un paio di eccezioni, non ci dovrebbero essere dubbi. E’ una squadra fatta per vincere il campionato o quantomeno per lottare ad armi pari con la Ternana. Poi, e qui entrano in gioco altre componenti (allenatore compreso), si presenta il Vicenza al Turina. E gioca con il sangue agli occhi e la bava alla bocca, Arma (vero ago della bilancia per le ambizioni stagionali biancorosse) si sblocca e ne segna due, Giacomelli è sempre lì in agguato a tenere sotto pressione una difesa che fa acqua soprattutto dalla parte destra e che coinvolge nel disastro anche Canini. Ne viene fuori un 3-0 che può essere un formidabile trampolino di lancio in prospettiva futura. Anche qui, probabilmente sulla carta ci sono squadre più forti di quella costruita da Seeber, poi però scopri che la Ternana ha passato un’estate e mezza a pensare alla Serie B, che la Feralpisalò dell’attacco dinamite non segna neppure un gol, che il SudTirol incappa in una di quelle giornate in cui sarebbe meglio chiudersi in una stanza e buttare via la chiave per evitare altri danni perché tutto gira storto. E i tre rintocchi di lunedì di Colella valgono ben oltre i tre punti e i tre gol fatti. Se la squadra recepirà nel modo giusto il messaggio, potrà marciare a velocità elevate verso orizzonti tutti da scoprire.
Spostandosi ben più ad est nella mappa triveneta, ecco che la bandierina si ferma su Trieste. Dove i sospiri sono le costole di Granoche, un contrattempo banale per uno scontro di gioco che però mette a nudo una carenza già evidenziata al termine della campagna acquisti. Senza El Diablo la Triestina non ha un centravanti di riserva e deve inventarsi soluzioni-tampone. Ecco perché, all’interno di una campagna acquisti eccellente, è stato un peccato essersi fermati sul più bello. Nelle ultime ore di mercato il Padova aveva proposto uno scambio (con artifizio per superare i paletti imposti dai regolamenti) fra Bariti e Chinellato. Era l’idea giusta che avrebbe messo tutti d’accordo e che avrebbe coperto l’unica vera lacuna dell’organico. Granoche avrebbe avuto le spalle coperte, Pavanel avrebbe dormito sonni tranquilli. Così, invece, c’è da soffrire e lo 0-0 di Bergamo (risultato di per sé tutt’altro che disprezzabile) consegna un messaggio altrettanto chiaro. La lacuna c’è e in qualche modo a gennaio andrà colmata.
In laguna bolle il termometro. Il Venezia ha la febbre alta e tutti si chiedono: possibile che sia soltanto colpa di Vecchi? Sarebbe troppo facile sparare sul pianista e infatti Tacopina e Angeloni stanno difendendo il loro investimento. E’ una logica condivisibile, perché il gruppo, uomo più, uomo meno, è quello dello scorso anno. Con qualche “però” ben in evidenza: quando vieni eletto miglior centrocampista della B e resti per tutta l’estate appeso al telefono pensando che il tuo posto sarà altrove (leggi Falzerano, ma il discorso può valere anche per Pinato, pure ceduto al Sassuolo e rimasto in prestito per un anno) poi è difficile mentalmente ripartire. Ecco perché, al netto degli infortuni del reparto offensivo che comunque pesano, sembra proprio una questione di testa. La società ha teso la mano al suo allenatore e, mentre sul web sono in tanti a chiederne la testa, secondo il mio parere vale la pena insistere. Certo, i risultati dovranno cambiare presto perché le logiche del calcio sono ben note, ma per fortuna il virus Zamparini non colpisce tutti e qualcuno nell’armadietto delle medicine ha l’antidoto giusto.
Chiusura con la Serie B. Come sa bene chi ci legge, ho appoggiato la forzatura di Mauro Balata e della Figc, perché in un sistema in cui vige la logica dell’interesse particolare e non quello collettivo, nessuno ha mai voluto (né lo sta facendo ora a dispetto delle dichiarazioni) seriamente pensare a una riforma dei campionati. Tantomeno può essere prendere nota di una richiesta di inserire “sette promozioni dalla C”. Perché significa che non è stata compresa la gravità del problema che si sta affrontando, perché il sistema non regge tutte queste squadre ed è talmente evidente che negarlo non fa onore a chi lo fa. Dove non capisco, però, la Lega di Serie B è nella questione – Entella. Il Coni ha stabilito che il club ligure deve essere riammesso in B, siamo arrivati all’ultimo grado di giudizio della Giustizia sportiva. Tutto bene, dunque? No: la Lega di B ha impugnato quel provvedimento. Quindi bisognerà aspettare il Tar fra qualche giorno e la situazione è davvero imbarazzante per tutti. Ne ha parlato persino la BBC, l’Entella è come un vascello fantasma che vaga nella nebbia senza sapere in quale porto approdare. Stavolta non capisco, quella ventesima casellina, dopotutto, ha un legittimo proprietario. Ben più di tutti gli altri club che si agitano e gridano al complotto. Un’ultima postilla sul Chievo: grottesca, senza ombra di dubbio, la sentenza finale della Giustizia sportiva. Tre punti di penalizzazione anziché i quindici richiesti dall’accusa, con la solita morale italiana. Un colpo al cerchio e uno alla botte: colpevoli sì, ma solo un po’. Inaccettabile. In questa vicenda era l’unica sentenza senza senso: doveva essere “bianco”, o “nero”, il “grigio” di quella mezza condanna getta ulteriore discredito su un sistema che è sempre più urgente riformare.
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