Il ciclone Rosso, l’allarme (rosso) di Mestre e la roulette (russa) dei playoff di B
lunedì 14 Maggio 2018 - Ore 00:20 - Autore: Dimitri Canello
Lunedì 5 febbraio 2018. Ricevo una telefonata a metà pomeriggio da un addetto ai lavori che di solito mi dà dritte mirate. Sbaglia raramente e stavolta la rivelazione è di quelle davvero grosse: “Renzo Rosso sta pensando di prendere il Vicenza e di fare la fusione col Bassano”. Bum! Termino la telefonata, rimango a pensare qualche minuto e arrivo a una conclusione immediata: “Questa notizia, se mai fosse vera, sarà impossibile da verificare”. Infatti comincio un giro di telefonate e tutte le fonti che consulto mi rispondono come mi aspettavo, dettaglio più, dettaglio meno: ossia ridendomi in faccia. I precedenti non sono incoraggianti. Negli anni Rosso è stato accostato a Vicenza, Padova, Milan, Treviso, Venezia, Verona e tutte le volte è finita in una bolla di sapone. Non perché la trattativa fosse falsa, ma perché alla fine Rosso aveva sempre detto no. Alla fine scrivo un pezzo su Trivenetogoal in cui cito la notizia in mezzo a tante altre con relativa smentita. Del resto, a pensarci bene, chi potrebbe mai confermare una cosa simile? Il diretto interessato sarebbe un folle a farlo, altri non avrebbero la stessa attendibilità, altri ancora non sanno nemmeno ciò di cui si sta parlando. Passano un paio di mesi e Il Giornale di Vicenza rilancia la bomba. Seguono altre smentite, sorrisetti ironici, battutacce dietro le quinte. Faccio qualche altra telefonata, qualcuno mi dice che ha sentito qualcosa, ricontatto colui che mi aveva lanciato l’esca che cambia idea: “Ci ha pensato, non se ne farà nulla”. Passano i giorni e i rumors non diminuiscono e anzi continuano, rileggo le “smentite” di Renzo e Stefano Rosso e qualche dubbio comincio ad averlo. Quando poi il presidente del Bassano va a Raisport e ci mette il 5% di probabilità che si faccia lì i dubbi diventano sempre più assillanti: vuoi vedere che qualcosa c’è davvero?
Sabato scoppia la bomba vera. Renzo Rosso dice tutto a Luca Ancetti, direttore de Il Giornale di Vicenza. Dice che vuole unire Vicenza e Bassano, che vuole giocare al Menti con 10mila persone, che ha presentato un’offerta extra asta per acquistare il club. Non vuole chiamarla fusione, ma nella sua intervista parla di fusione a tutti gli effetti. E ovviamente divide i tifosi. Non potrebbe essere altrimenti. Il pro di questa vicenda: finalmente uno degli uomini più facoltosi d’Italia, con un patrimonio stimato che supera i quattro miliardi di dollari, decide di mettersi in gioco sul serio. Tanto per capirci: se Rosso volesse, avrebbe la forza per acquistare il Milan domani mattina. Invece ha deciso di puntare al Vicenza. Imprenditorialmente, una scelta più che comprensibile. Un bacino d’utenza, quello del club biancorosso già fallito a stagione in corso e agonizzante, sconfinato e che porta quasi 7mila abbonati in Serie C. Numeri mostruosi, che potrebbero ulteriormente lievitare se una proprietà seria, come da tempo i tifosi si augurano, cominciasse finalmente a lavorare come Dio comanda dopo anni di nefandezze, di oscenità gestionali e di disastri coperti solo da qualche “aiutino” arrivato lungo il percorso. Prima o dopo, però, i nodi dovevano venire al pettine. Ed eccoli, tutti insieme. La squadra adesso si gioca la permanenza in Serie C, ma improvvisamente il ciclone Rosso (come quei nomi che accompagnano le previsioni meteo e le basse pressioni dei tempi moderni) spariglia tutte le carte. Il Bassano, che sta tornando da Meda con in tasca una vittoria ottenuta in mezzo alle polemiche, apprende la notizia in pullman e i giocatori ovviamente rimangono di sasso. Anche se qualcuno, a dire la verità, aveva subodorato che stesse accadendo qualcosa. Ieri Renzo Rosso va al campo, parla alla squadra e conferma tutto, dicendo: “Portatemi in B che al resto ci penso io. E andremo a giocare al Menti di fronte a 10mila persone”. Non è un fulmine a ciel sereno, per i motivi di cui sopra, ma la notizia non poteva non sconvolgere il mondo del calcio triveneto. E non solo. Perché, se l’operazione andrà in porto, Rosso farebbe la cosa imprenditorialmente più giusta. Perché Bassano, che pure ha una storia e un vessillo da difendere, rispetto a Vicenza regala poco o nulla quanto a potenzialità e a prospettive future. Poca gente allo stadio, un velodromo presto fuorilegge per le nuove normative federali, un seguito di tifosi modesto, uno studio di fattibilità per il nuovo stadio che, come al solito, incontra mille ostacoli lungo il percorso e che in Italia a tutte le latitudini viene visto quasi come un peso anziché come una risorsa per la comunità.
Tanto per intenderci e a scanso di equivoci. La fusione in sé e per sé concettualmente non mi piace: di Spal e Giacomense probabilmente i meno attenti neppure sanno, ci provarono a Verona e a Padova e fu bloccata dai tifosi, a Venezia quella di Zamparini ha creato un finimondo che a distanza di trent’anni continua a dividere e a creare polemiche. Ma non arrivo neppure all’estremo opposto, come accaduto a Treviso con Lino Diquigiovanni. Poteva creare una squadra da rilanciare e da tenere in C, portando il titolo del Real Vicenza nella Marca. Se l’alternativa, con tutto il rispetto per il coraggio di Luca Visentin che ha pure vinto la Coppa Veneto, è quella di vivacchiare in Promozione e di cercare l’acquisizione dell’Union Pro di turno, mi tengo mille volte la prima opzione. Tutto questo per dire che, se le alternative sono le bufale dei mesi scorsi a Vicenza o gli avventurieri che ancor oggi campeggiano in zona tribunale, l’opzione Rosso va tenuta in seria considerazione.
Ma c’è pure qualche paletto da mettere. Il pro di questa vicenda, come detto, è che finalmente un imprenditore potenzialmente forte decide di investire in città e non in provincia, una scelta quest’ultima che ti mette al riparo dagli spifferi e dalle turbolenze delle grandi piazze, ma che tuttavia è a tutti gli effetti una scelta di comodo. L’arrivo di Joe Tacopina a Venezia ha dimostrato che se si fanno le cose seriamente, si può fare calcio (bene) anche in una zona mediaticamente assai trascurata come il Triveneto. Dove ci sono sì club a cinque stelle come l’Udinese e il Chievo degli ultimi anni, ma anche piazze come Trieste e Treviso finite persino in Eccellenza o in Promozione dopo essersi seduti in passato a tavola nel calcio dei giganti. Ma ci sono pure i contro, di questa vicenda. E che non possono essere trascurati: per quanto piccola, Bassano merita rispetto, ha una storia e dei colori sociali, la fusione di fatto cancellerebbe un club che, soprattutto grazie a Rosso, qualcosa ha fatto ma che comunque può vivere anche di luce fioca, ma pur sempre di luce propria . I tecnicismi di cui si discute di che illustreremo nei prossimi giorni non mi preoccupano. Se si vuole fare questa operazione, in un modo o nell’altro la soluzione si trova. Qualcuno ha detto che Rosso dovrebbe cedere il Bassano e acquistare il Vicenza. Concettualmente condivido, più che mai perché imporre di tifare a qualcuno che proprio non si riconosce in una nuova realtà (l’esempio Venezia-Mestre è sempre lì a troneggiare) non ha proprio senso. Vedremo cosa accadrà, con playoff (del Bassano) e playout (del Vicenza) che improvvisamente assumono tinte quasi grottesche. Al punto che adesso il Bassano diventa il centro del mondo presente e futuro vicentino tanto quanto lo spareggio – dramma col Santarcangelo. E che, se il Bassano dovesse riuscire a vincere i playoff, il futuro Vicenza si ritroverebbe addirittura in B…
A proposito di Venezia e Mestre. Al quartier generale arancionero il clima non è certo dei più allegri. L’intera rosa tranne Daniel Stensson è in scadenza di contratto, un segnale preoccupante che in passato ha preceduto spesso successivi cataclismi, Stefano Serena ha chiaramente fatto intendere che potrebbe mollare e, ad oggi, la mancata iscrizione del club nel prossimo campionato è uno scenario tutt’altro che impossibile. Serena ha fatto tantissimo, ma senza stadio come può pensare di proseguire? E’ impossibile che una squadra giochi, se non non per un breve periodo, in un’altra città o a 65 chilometri di distanza. Prima o dopo i costi e la logistica diventano insostenibili anche per il tifoso più tenace e per l’imprenditore più capace e solvibile. L’allarme che suona a Mestre ha la stessa tinta di Mister Diesel: rosso.
In Serie B il Venezia ci ha provato, a centrare un’impresa che sarebbe stata storica. E’ rimasto in corsa fino all’incredibile rigore concesso alla Cremonese da Pinzani per il tuffo in area di Perrulli. Un tuffo imbarazzante premiato col penalty e che con il Var sarebbe costato almeno un’ammonizione per simulazione al trequartista di Mandorlini. Poi il Venezia è crollato, ha perso male e questo non va bene, per una squadra che è arrivata sin qui con una cavalcata da applausi e che potrà dire la sua anche ai playoff. Playoff che sono un’autentica roulette (russa). E che, anche in passato, hanno dimostrato di poter riservare sorprese clamorose. Anche per chi ci arriva in punta dei piedi.
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