La cavalcata di Inzaghi e Venturato, gli affanni di Pecchia, Oddo e Maran e i tribunali del calcio a Mestre e a Vicenza…
mercoledì 2 Maggio 2018 - Ore 23:30 - Autore: Dimitri Canello
Di temi da trattare, questa settimana, ce ne sono a bizzeffe. Comincio dalla Serie B e torno su un mio vecchio cavallo di battaglia: dissi in tempi non sospetti che Venezia e Cittadella avrebbero potuto giocarsi la promozione in Serie A e che sarebbe stato un delitto non provarci. Detto, fatto. Il Venezia è letteralmente fiorito a Primavera, sbocciato sotto tutti i punti di vista: atletico (è la squadra che sta meglio di tutte fra le prime, occhio anche in prospettiva playoff), tecnico (la quadratura del cerchio Inzaghi l’ha trovata anche grazie al mercato di gennaio condotto da Leandro Rinaudo), psicologico (la squadra adesso finalmente crede in se stessa fino in fondo), ambientale (i 6mila di Venezia-Palermo, dopo tutte le vicissitudini vissute da questa piazza, sono un segnale molto incoraggiante) e strutturale (sul nuovo stadio siamo vicini alla fumata bianca). Tutti elementi che possono spingere la squadra ad azzardare un’impresa leggendaria. Non so se il Venezia ce la farà ad andare in Serie A (con o senza i playoff, prospettiva quest’ultima difficilissima per gli scontri diretti a sfavore con Parma e Frosinone in caso di arrivo a pari punti) posso dire però di aver sempre creduto in questa società e in Joe Tacopina in primis: che ha tutto, ma proprio tutto, per bussare alle porte dell’Olimpo. Tornando dal Penzo venerdì scorso, ho chiacchierato per qualche minuto con Inzaghi, che mi ha “rimproverato” di aver chiesto a inizio stagione il ritorno al 4-3-3. Giusto riconoscere quando si sbaglia. In questo caso ho pensato (erroneamente) che la squadra non fosse adatta per il 5-3-2, o 3-5-2 a seconda dei punti di vista. Mi sbagliavo, in tutta evidenza, perché proprio su quello che Bruno Tedino ha ribattezzato “8-2” Inzaghi sta costruendo un piccolo, grande capolavoro. Corrono tutti, si buttano dentro tutti, se non segnano gli attaccanti lo fanno le mezzali, se non segnano le mezzali segna Stulac (fate un cerchio rosso attorno a questo nome), se non lo fa Stulac lo fanno i centrali difensivi. Di sicuro ci sono squadre superiori, ma di sicuro (allo stesso modo) il Venezia se la giocherà fino in fondo.
Un paio di gradini più sotto c’è il Cittadella. Anche qui gli editoriali non mentono. Ho sostenuto sin dall’inizio dell’anno, che i granata avessero tutte le carte in regola per tentare la scalata in A. Con il budget più basso della B, con un direttore (Marchetti) Re Mida e con una pressione lontana anni luce da quella delle grandi piazze, il club di Andrea Gabrielli sta tentando un’impresa storica. La vittoria di Avellino è la miglior testimonianza di quello che può essere Cittadella. L’undicesima meraviglia lontano dal Tombolato, ottenuta con una formazione stravolta rispetto a quella “base” è qualcosa di clamoroso e dimostra ancora una volta che il credo di Roberto Venturato sta portando risultati incredibili. E ai playoff il Cittadella potrà dire la sua. Se non riuscirà nel miracolo, avrà fatto comunque un gran campionato.
A proposito di Serie A. La crisi di Chievo, Udinese e Verona è drammatica. L’Hellas, come si poteva prevedere, ha salutato la massima serie perdendo in casa con la Spal. Le dichiarazioni di Fabio Pecchia sono imbarazzanti e testimoniano l’inadeguatezza di un allenatore che con la Serie A c’entra poco: il materiale su cui lavorare era modesto, ma quantomeno Filippo Fusco ha avuto il buon gusto di dimettersi, di fronte a risultati disastrosi e a isolate fiammate a cui mai è seguito un vero e proprio secondo capitolo. Sull’altra sponda di Verona non si sta meglio. Rolando Maran, confermando che quando viene messo sotto pressione non dà il meglio di sé e, indirettamente, facendo capire perché non è mai andato al di là di certe piazze nonostante una bravura tattica incontestabile, è stato esonerato dopo il tracollo di Roma. Non si discute tanto il risultato, quanto il modo in cui è arrivato. Con l’esclusione assurda di Giaccherini e con una gestione della squadra purtroppo deficitaria. Campedelli si è giocato la carta della disperazione, come 13 anni fa. Quell’anno, era il 2005, esonerò Mario Beretta a tre giornate dalla fine con il Chievo terzultimo puntando su Maurizio D’Angelo, attuale vice Inzaghi a Venezia. Andò bene e anche stavolta il calendario è un alleato prezioso. Il Chievo può ancora farcela, anche se in questo caso anche chi sta dietro la scrivania (Giancarlo Romairone) dovrebbe farsi un serio esame di coscienza sul suo operato stagionale. Piange anche l’Udinese. Dopo 11 sconfitte Massimo Oddo è stato (giustamente) esonerato. Ha pagato soprattutto la presunzione che lo aveva portato nel momento migliore della stagione a guardare quasi con insofferenza alla sua condizione, quasi Udine gli stesse stretta. Il conto, salatissimo, gli è stato puntualmente presentato, ma pure Igor Tudor è un azzardo bello e buono per la famiglia Pozzo. Contestare chi tiene l’Udinese in Serie A da trent’anni ha poco senso, ma gli errori di questa stagione della proprietà sono stati talmente tanti che adesso la salvezza è diventata un’impresa complicatissima. Con più punti del Chievo in classifica, ma con un calendario decisamente meno abbordabile rispetto ai gialloblù.
In Serie C ancora una volta arriva la mannaia della Giustizia sportiva a stravolgere le classifiche. Ad una giornata dalla fine della regalar season in settimana la Corte di Giustizia Federale dovrebbe esprimersi sul ricorso (l’appiglio è un cavillo procedurale) del Vicenza contro i quattro punti di penalizzazione, mentre oggi il Tribunale federale ha inflitto due punti di penalizzazione al Mestre per 9mila (sic!) euro di ritenute Irpef versate con 11 giorni di ritardo. Ora, senza voler entrare troppo nei meandri della questione, vi pare possibile che un club si metta a rischiare il proprio campionato cercando di schivare una cifra così risibile dopo averne pagati 163mila nell’ultima tornata sempre con puntualità? A me sembra una leggerezza (grave!), ma credo ancora una volta che il sistema funzioni molto poco se si commisurano sanzioni e proporzioni nella distribuzione delle penalità. Va ripensato tutto, perché non si capisce come all’Assocalciatori possano difendere una categoria in cui ci sono decine di punti di penalità in ogni girone, squadre radiate e altre fallite che rimangono in piedi sfruttando (in modo del tutto legittimo, questo va sottolineato) la legge esistente che fa acqua da tutte le parti, ma falsando di fatto i campionati. I rinvii delle partite dell’Arezzo sono un nonsenso, il girone B per molti versi è stato un’autentica farsa e ancor oggi ci si chiede cosa stia accadendo a Vicenza. Una sola domanda, vorrei fare. Come si può pensare che ci sia qualcuno che, in caso di retrocessione in Serie D, spenda oltre un milione di euro per pagare i debiti altrui? A me pare che la base d’asta sia troppo elevata sia in caso di C, tantopiù a maggior ragione in caso di D. Qualcuno, se possibile, rifletta su questi ultimi mesi. E si chieda se magari non sia stata sbagliata più di qualche mossa. Gli errori cominciano ad essere un po’ troppi per passare sotto silenzio
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